SALVINI RIPETE LE TESI PROPAGANDISTICHE DELLA NARRAZIONE RUSSA SU UE E SANZIONI A MOSCA , DATEGLI LA CITTADINANZA ONORARIA
QUANDO DRAGHI PARLO’ DI “PUPAZZI PREZZOLATI” DA MOSCA
«Il paragone è preciso, la conclusione è indiscutibile»: Maria Zakharova, la portavoce
della diplomazia russa celebre per i suoi attacchi a politici e giornalisti sgraditi al Cremlino, si scopre capace anche di complimenti, verso gli occidentali che si mostrano allineati a Mosca.
A meritare il premio è stato Matteo Salvini, applaudito per la sua frase sull’impossibilità di fare la guerra alla Russia. «Né Hitler, né Napoleone sono riusciti a mettere in ginocchio Mosca, dubito che Kaja Kallas, Emmanuel Macron, Keir Starmer e Friedrich Merz ci riusciranno», ha detto il leader della Lega nell’intervista alla trasmissione televisiva “Quarta repubblica” su Retequattro. Ed è stato immediatamente “promosso” da Zakharova, attenta lettrice dei media italiani, che di solito segue per bacchettare chi prende posizioni critiche nei confronti del regime putiniano, dal presidente Sergio Mattarella ai giornalisti di La Stampa e La Repubblica.
A dire il vero, il primo politico occidentale a formulare la teoria che la Russia vince sempre le guerre è stato Donald Trump, che nell’agosto scorso aveva giustificato l’invito di Vladimir Putin al vertice in Alaska, con tanto di tappeto rosso, proprio con la motivazione della presunta invincibilità del suo Paese. I manuali
di storia contraddicono questa affermazione: nel 1905, la Russia era stata la prima potenza europea a subire una disfatta in Asia, con il Giappone che aveva distrutto la flotta dello zar. Aveva perso contro i polacchi, nel 1920, nonostante Maria Zakharova avesse dichiarato proprio qualche giorno fa che «è stato Lenin a creare la Polonia indipendente».
Zakharova però distribuisce plausi a chi impara bene le lezioni di propaganda del Cremlino: il precedente politico europeo a guadagnarsi il suo plauso è stato il premier belga Bart De Wever, che si è opposto al congelamento degli asset statali russi depositati in Belgio, paragonandolo al «furto di mobili da una ambasciata straniera». «Metaforico e preciso», è stato il voto della portavoce diplomatica di Mosca.
Il leader della Lega però rimane senz’altro uno degli allievi preferiti alla scuola russa. «La situazione economica dell’Ue è assai deprimente: crescita quasi a zero, debito e deficit in rapida crescita, con calo della produzione, deindustrializzazione e costi dell’energia fuorimisura», comunica Maria Zakharova in una intervista di appena un paio di giorni fa. Salvini prontamente comunica che le sanzioni contro la Russia avrebbero «messo in ginocchio le economie europee, e hanno provocato un aumento del prezzo dell’energia per gli italiani».
Ieri, il prezzo di un barile di greggio ha toccato il minimo negli ultimi quattro anni, mentre i numeri dell’economia russa – statistiche ufficiali, fornite da governo e Banca Centrale – rendono la descrizione di Zakharova calzante semmai per la Russia.
Il rapporto con la realtà è sempre un problema degli autoritarismi, e quello russo ha sempre scommesso su alleati occidentali che accettavano di credere al Cremlino, che fossero i comunisti convinti che in Urss tutti potessero avere una casa e un lavoro, o i sovranisti di oggi che sostengono – come fece Salvini dopo un viaggio – che «a Mosca non si vedono clandestini».
Migliaia di immigrati dell’Asia Centrale gli sono probabilmente sfuggiti perché relegati nei cantieri e nelle baracche dove vengono stipati. In compenso, il leader della Lega ha visto una cosa che non c’è: elezioni libere, applaudendo nel 2024 – con qualche imbarazzo anche per i partner nella coalizione di governo – la rielezione non esattamente democratica di Putin per il quinto mandato.
Ma la condizione per trattare con il Cremlino è quella di aderire alla sua retorica, e l’aveva capito bene Gianluca Savoini che già nel 2018 presentava Salvini ai suoi interlocutori russi al Metropol come «il primo uomo che vuole cambiare tutta l’Europa.
(da La Stampa)
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