GIOCO DELLE PARTI DELLA LEGA: ZAIA ORA NON VUOLE IL NUCLEARE IN VENETO, CALDEROLI: ” LA SUA NON E’ LA LINEA DELLA LEGA”
ALTRO CHE PARTITO DI LOTTA E DI GOVERNO: ZAIA LE CENTRALI LE VUOLE PURCHE’ NON A CASA SUA, CALDEROLI LE VUOLE OVUNQUE, BOSSI PENSA SOLO ALLE CENTRALI FINANZIARIE E BANCARIE…E LITIGANO TUTTI PER LE CANDIDATURE
“In Veneto non vogliamo il nucleare”: ecco la novità emersa dalla dichiarazione di un paio di giorni fa del ministro dell’Agricoltura, Luca Zaia, lo stesso per capirci che, in Consiglio dei ministri, ha sempre avallato la politica nucleare del governo, compresa la localizzazione dei siti.
Gli fa il controcanto il ministro che ha semplificato la sua esistenza, creandosi un ministero ad hoc con relative prebende, distribuite ai compagni di merenda leghisti: per Calderoli, quella di Zaia “non è la linea della Lega” sul nucleare. Così la base leghista è servita: chi non vuole le centrali si fiderà di Zaia, chi le vuole di Calderoli e la presa per i fondelli dell’elettore è compiuta e sono tutti contenti.
In realtà non esiste in materia una “linea politica della Lega”, ha già ondeggiato in passato da una parte e dall’altra.
La linea la decide solo il senatur, a seconda della convenienza, sempre che abbia l’avallo della moglie Manuela: gli altri decidono quello che i badanti Rosi Mauro, Cota e Bricolage promulgano col sigillo del “capo supremo” (quello, per capirci, condannato con sentenza definitiva ai tempi di Tangentopoli per aver incassato 300 milioni di finanziamento illecito e che ora ha la faccia di fare le pulci agli altri).
E’ prassi che nel “federale”, il massimo organismo della Lega, le decisioni vengano approvate all’unanimità , come accadeva in Unione Sovietica ai tempi di Breznev, per capirci.
Gli eventuali dissidenti si adeguano prima dell’incrocio di via Bellerio e vince sempre la linea della convenienza e del conformismo.
Non che manchi il nervosismo.
Un esempio?
La provincia di Brescia aveva due consiglieri regionali uscenti leghisti: la Monica Rizzi è stata infilata nel listino bloccato, così è garantita e non rompe le palle. L’altro, Enio Moretti, non è stato ricandidato.
Versione ufficiale: si è fatto vedere poco sul territorio e blablabla…
Versione reale: deve fare spazio a Renzo Bossi, il figliolo del senatur che deve trovare occupazione e che è stato candidato proprio a Brescia.
Blindata la Rizzi ed evitati spargimenti di sangue padano, ora Bossi jr non ha nessuno in grado di impensierirlo e così sia.
Non sono casi certo sporadici: ben più pesanti sono i contrasti, all’interno della palla della “Padania unita”, tra varesini e bergamaschi (rappresentati da Maroni e Calderoli) e tra veronesi e trevigiani (Tosi e Zaia).
E quando acchiappano una poltrona non la mollano: ricordate quando Berlusconi aveva previsto il cambio al ministero dell’Agricoltura tra Zaia e Galan, avendo regalato il Veneto alla Lega?
Ebbene dopo le elezioni, quando Cota sarà trombato dalla Bresso in Piemonte, indovinate chi andrà a posare le chiappe sulla poltrona ministeriale?
Il leghista che aveva pure perso le elezioni da sindaco a casa sua, a Novara, il replicante Cota.
Con buona pace dei pidiellini che hanno così perso sia un ministero che il Veneto per una delle brillanti operazioni del premier.
Cosa non si fa per salvarsi dal presenziare a due processi…
In ogni caso, meno centrali si costruiscono al nord e meglio è: in caso di conflitto planetario-poltronistico tra capoccioni leghisti, meglio che usino gli schioppi conservati in in cantina (per sparare ai ladri extracomunitari, ovvio) piuttosto che passino ai congegni nucleari.
C’è sempre speranza che da vecchi arnesi della politica esplodano al primo colpo.
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