QUALCHE VERITA’ SCOMODA SUL VOTO IN LIGURIA
DA SORA LELLA AL GABIBBO BIANCO, LA FARSA CONTINUA: TRA INDAGATI, ‘NDRANGHETA E ASSALTO ALLA SANITA’ PUBBLICA
Per chi abita a Genova e segue le vicende politiche con una minima attenzione la sconfitta di Raffaella Paita alle Regionali non è certo una sorpresa: peggior candidato il Pd non poteva scegliere come governatore, ci voleva la presunzione di Renzi per non fiutare il pericolo.
Perchè la Lella è sempre stata un corpo estraneo alla base del partito, essendo più nota come moglie del presidente dell’autorità portuale in quota Pd e come tale divenuta assessore all’ambiente nella giunta Burlando.
Una liaison familiare che la doveva portare a succedere in via dinastica a Claudio, da sempre uomo forte del Pd ligure.
Ma due incidenti si sono frapposti alla sua investitura: in primo luogo il fatto di finire indagata per il mancato allarme nell’ultima alluvione che ha colpito il capoluogo con responsabilità da accertare e che l’ha resa invisa ai genovesi.
In secondo luogo le primarie vinte con una serie immaginifica di brogli locali e con sospetti appoggi della ‘ndrangheta, a danno di Cofferati.
Quando una perde le primarie in provincia di Genova dovrebbe essere ritenuta poco idonea a competere per la carica di presidente della Regione.
Ex bersaniana divenuta ultras renziana come il suo mentore, la Lella è, per l’elettore piddino, la continuità acclarata del potere burlandiano, gestito per anni in simbiosi con l’apparente avversario Claudio Scajola.
Chiunque avrebbe capito che sarebbe stato un flop, soprattutto dopo l’addio di Cofferati e la nascita della candidatura a sinistra del civatiano Pastorino.
Oggi la Swg ricorda che il dieci per cento in meno rispetto alle Europee 2014 deriva per un 6% da gente piddina che ha scelto di stare a casa piuttosto che votare lei e per un 4% da elettori che hanno preferito votare Pastorino piuttosto che sora Lella.
Lei ora addossa la colpa a chi “ha spaccato la sinistra” senza comprendere che la causa di tutto va ricercata nell’errore di insistere nella sua candidatura: troppo facile per Renzi evocare oggi le responsabilità altrui e dimenticare le proprie.
Un Cofferati avrebbe sicuramente compattato la sinistra e il buon Gabibbo bianco targato Mediaset sarebbe ritornato a Novi Ligure con le pive nel sacco.
Ma a chi esulta per il successo di Toti sarà opportuno ricordare l’inadeguatezza di un candidato senza competenze, manovrato da qualche ras locale interessato a privatizzare tutto il privatizzabile, a cominciare dalla sanità pubblica.
E politicamente si troverà alla mercè dei nipotini di Belsito di cui ricordiamo in tempi recenti i susseguosi inchini al tesoriere da parte proprio dei mantenuti padagni locali, nonchè il dettaglio che i loro due massimi esponenti sono stati rinviati a giudizio per peculato, tanto per non farsi mancare nulla.
Altro che il “quarto grado” della neo-consigliera Mediaset Ilario Cavo, Toti di gradi dovrà scalarne diversi per salvare il Gabibbo che è in lui.
Anche perchè era stato mandato a perdere, non a vincere per insipienza altrui.
E governare con truppe in crisi di astinenza da poltrona, potere e prebende senza finire nei casini non sarà per nulla facile.
Soprattutto con una risicata maggioranza di 15 consiglieri su 30.
Dio salvi la destra dell’onore e fedeltà (agli inquisiti).
C’è già la corsa a prenotare il ticket.
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