INTERVISTA A PARISI: “NOI MAI SUCCUBI DI SALVINI, ORA UNA BUONA LEGGE PROPORZIONALE”
“DOBBIAMO STARE NEL PPE, BASTA CON QUESTA RETORICA ANTIEUROPEISTA”
«Sulla base delle indicazioni della Corte si può fare una buona legge elettorale proporzionale. Le Camere
hanno anche il tempo per introdurre nel nostro ordinamento la sfiducia costruttiva. Poi andiamo presto al voto».
Stefano Parisi è convinto che la sentenza della Consulta offra all’Italia un’ottima occasione per avere un Parlamento più rappresentativo.
Con uno schema proporzionale, però, il futuro del centrodestra italiano potrebbe andare in una direzione diversa rispetto a quella del passato.
Il manager ha portato il suo tour «Megawatt» anche a Bruxelles e proprio dalla capitale europea rilancia un appello al centrodestra italiano che vuole ricostruire.
Più vicino al Ppe della Merkel e più lontano dalla Lega di Salvini. Più fedele al rigore e meno alla flessibilità nei conti pubblici.
Durante la sua visita ha subito incontrato anche Antonio Tajani, appena eletto presidente del Parlamento Ue. Senza i voti della Lega…
«Questa è una ferita molto profonda nella politica italiana: o c’è un ripensamento oppure è difficile proseguire insieme. I rapporti di coalizione si basano sulla chiarezza dei programmi: non possiamo stare a rimorchio della Lega».
E quindi in che direzione deve andare il centrodestra italiano?
«Abbiamo bisogno di un soggetto nuovo, con persone nuove. Non dobbiamo soltanto mettere insieme i vari pezzi del centrodestra che si sono staccati. La somma di quei pezzi non ritrova la fiducia degli italiani, che hanno bisogno di altro. Serve una proposta chiara, con persone nuove ma di esperienza».
Che ruolo può avere Berlusconi in questo schema?
«Lo stesso Berlusconi è garante della volontà di costruire un’offerta politica nuova. Tutti si rendono conto che esiste una perdita di consenso nell’area politica di centrodestra. Credo e spero che in tutte le forze del centrodestra ci sia una buona volontà in questa direzione. In questo momento la priorità non è tanto capire chi fa cosa, ma piuttosto parlare a quella parte di italiani che non va più a votare o che ha votato M5S, anche alla luce della sentenza della Consulta».
Le Camere devono intervenire per sistemare la legge elettorale?
«La priorità è che ci sia una legge stabile e duratura. Il fatto di cambiarla di frequente è un vulnus democratico. Credo che il modello migliore sia quello tedesco: un sistema proporzionale in cui ogni elettore voti il proprio partito, la maggioranza del Parlamento deve corrispondere a quella nel Paese. Ma rispetto alla Prima Repubblica dobbiamo responsabilizzare il Parlamento rispetto al governo. Non possiamo avere governi che cambiano ogni dodici mesi. Va introdotta norma per fare in modo che quando si dà la sfiducia al governo bisogna fornire un’alternativa, altrimenti si sciolgono le Camere».
In questo modo però saremo condannati eternamente alla Grande Coalizione…
«No. Come centrodestra noi dobbiamo essere chiaramente alternativi al centrosinistra. Il proporzionale non serve per andare a governare con il centrosinistra, ma per avere un Parlamento chiaro. Del resto si discute dopo le elezioni».
Cosa significa l’elezione di Tajani per il centrodestra italiano?
«È un segnale molto chiaro: noi siamo legati al Ppe. L’Ue va cambiata, deve essere più leggera, meno burocratica. L’Italia deve battersi per migliorarla, ma deve smetterla con questa retorica anti-europeista. Dobbiamo capire che fuori saremmo più deboli. Specialmente su immigrazione, sicurezza, Difesa. Come ha scritto Draghi nel suo intervento su Cavour pubblicato l’altro giorno da La Stampa, l’Italia ha bisogno dell’Europa
In Italia la critica che si fa spesso all’Ue è di essere ostaggio della Merkel, uno dei leader del Ppe. E la critica arriva spesso dal centrodestra…
«Questo l’ha fatto in modo particolare Renzi, distruggendo l’immagine dell’Italia in Europa. Scaricare su Bruxelles i nostri problemi è stato un errore grave, pagato nelle urne il 4 dicembre. Noi dobbiamo dire la verità agli italiani. Il nostro problema non è Merkel, ma il nostro debito. È il nostro debito che limita la nostra libertà . Bisogna smetterla di stare qui col cappello in mano a chiedere flessibilità , perchè stiamo solo aumentando la spesa corrente, il deficit e il debito».
Più rigorista dei rigoristi…
«Le politiche di rigore del bilancio sono compatibili con le politiche di crescita. Questa cultura italiana per cui la crescita dovrebbe alimentarsi solo con l’aumento della spesa pubblica, con bonus e regalie varie, non ha funzionato».
Marco Bresolin
(da “La Stampa”)
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