QUANDO IL “MAGISTRATO RISERVATO” ZUCCARO IMPOSE LA ARCHIVIAZIONE DELLE INDAGINI PER MAFIA SU CIANCIO E VENNE SMENTITO DAL GUP CHE RIGETTO’ LA SUA RICHIESTA
ZUCCARO FACEVA MEGLIO A STARE ZITTO, UN MAGISTRATO PARLA CON GLI ATTI E LE PROVE
Il Procuratore di Catania è sempre stato uomo “prudentissimo” e la sua prudenza l’ha mostrata in
pieno quando, insieme agli altri reggenti dell’Ufficio, prima della nomina di Giovanni Salvi, impose la richiesta di archiviazione (nonostante il dissenso dei sostituti titolari dell’inchiesta) delle indagini per mafia su Mario Ciancio (archiviazione poi rigettata dal Gup che impose prima un supplemento di indagini e quindi l’imputazione coatta).
Secondo il Gup, l’editore avrebbe intrattenuto attività imprenditoriali con un esponente di Cosa Nostra palermitana. “Il modus operandi e la presenza di elementi vicini alla mafia palermitana fanno ritenere con un elevato coefficiente di probabilità che lo stesso Ciancio fosse soggetto assai vicino al detto sodalizio” scrive il gup. “Attraverso i contatti con Cosa nostra di Palermo”, quindi, l’editore “avrebbe apportato un contributo concreto, effettivo e duraturo alla famiglia catanese”. Il riferimento è alle varianti urbanistiche che avrebbero fatto schizzare alle stelle il valore di alcuni terreni di proprietà dell’editore. Agli atti dell’inchiesta dei pm etnei, però, c’è dell’altro. “La contestazione si fonda sulla ricostruzione di una serie di vicende che iniziano negli anni ’70 e si protraggono nel tempo fino ad anni recenti; si tratta in particolare della partecipazione ad iniziative imprenditoriali nelle quali risultano coinvolti forti interessi riconducibili all’organizzazione Cosa Nostra, catanese e palermitana. Negli atti sono confluiti anche i documenti provenienti dagli accertamenti condotti in collegamento con le Autorità svizzere e che hanno consentito, attraverso un complesso di atti di indagine, di acquisire la certezza dell’esistenza di diversi conti bancari”.
Per Zuccaro in quel caso non c’erano prove sufficienti a sostenere l’accusa in dibattimento.
Questa prudenza non sembra averla avuta però nel caso ong. Le ste dichiarazioni sono a dir poco irrituali per un magistrato. Fortunatamente, per una volta, nessuno se l’è presa con i giornalisti che riportano dichiarazioni rese da fonte ufficiale e primaria come un Procuratore distrettuale titolare di uno degli uffici più delicati del Paese.
Le operazioni verità , tranne che sia recentemente cambiato l’ordinamento giudiziario del nostro Paese, un Procuratore le fa con un’indagine giudiziaria, supportata da prove concrete e dirette a soggetti individuati.
Immaginate se Giovanni Falcone si fosse lasciato andare ad interviste sul ruolo, che so, dei cugini Salvo. Ha fatto benissimo il ministro Orlando a ricordare seccamente a Zuccaro che i magistrati “parlano con gli atti”.
E va detto che ad oggi non vi è un atto giudiziario a supporto delle affermazioni di Zuccaro, che hanno avuto il solo risultato di gettare ombre su tutto il sistema che fa fronte, con difficoltà inenarrabili, ad una emergenza epocale nel Mediterraneo.
Ma soprattutto, certamente al di là delle sue intenzioni, ha avviato un’operazione politica che non compete ad un magistrato.
Zuccaro è diventato, suo malgrado, lo strumento di punta dei Salvini, dei Del Debbio e dei Belpietro, ma soprattutto del trasversale partito delle cannoniere.
Le sue affermazioni hanno finito per gettare ulteriore benzina sul fuoco, già di per se bene alimentato, del populismo xenofobo e razzista.
Si è parlato di fantomatici rapporti dei Servizi sulla questione, rapporti che, secondo quanto dichiarato dai vertici dell’Intelligence, semplicemente non esistono.
Abbiamo visto filmati che mostrano moto d’acqua accanto ai barconi ma non sappiamo niente di dove siano state girate quelle immagini, le immagini ci dicono a poche centinaia di metri dalla riva e di certo non è pensabile che le moto d’acqua scortino i barconi al largo, viste le ridottissime possibilità di navigazione di tali mezzi; si è parlato di conversazioni intercettate, ma nessuno le ha viste o sentite.
Insomma molte chiacchiere e scarsa sostanza, altro che operazione verità .
Non si capisce, infine, perchè mai delle organizzazioni criminali spietate che considerano i migranti meno di nulla, si preoccupino di stabilire un contatto, pagando dei soldi alle ong, per far salvare coloro che hanno già pagato il viaggio e al cui destino sono assolutamente indifferenti.
Stai a vedere che siamo di fronte ad organizzazioni criminali “umanitarie”.
Sul tema e sui dubbi che possono anche nascere dalla struttura e dai componenti di alcune ong (un esempio per tutte quelle maltesi che magari hanno l’interesse a deviare i recuperi verso i porti italiani) occorrono indagini serie.
Non ci sono e non ci devono essere organizzazioni o soggetti “intoccabili”, ci mancherebbe. Ma tali indagini vanno fatte con rigore e devono puntare ad ottenere prove che reggano in tribunale.
E a proposito di indagini sarebbe importante che le Procure italiane avviassero anche indagini serie sulla gestione dei migranti e dei richiedenti asilo una volta in Italia.
Lì ci sta ‘O Babbà . Non è necessario andare a scomodare l’inchiesta Mafia Capitale. Basta fare, ad esempio, quello che abbiamo fatto semplicemente con le telecamere della Rai a Reggello in provincia di Firenze, dove abbiamo raccontato come i migranti tenuti in condizioni inaccettabili, garantiscano un guadagno per centinaia di migliaia di euro ad società fantasma che agiscono fuori da qualsiasi controllo da parte delle prefetture. Su questo terreno non ho ancora visto alcuna operazione verità .
Il comportamento di Zuccaro infine stupisce profondamente per la scarsa consapevolezza del ruolo.
Certe affermazioni generiche le può fare l’uomo della strada al bar dello sport, non un magistrato con alta responsabilità , soprattutto se non ha nulla di concreto in mano.
Se invece vi fosse realmente un’indagine in corso questa dovrebbe essere protetta da una necessaria ed impenetrabile coltre di riservatezza, fino alla conclusione.
In entrambi i casi Carmelo Zuccaro doveva star zitto e lavorare.
Domenico Valter Rizzo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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