IL BOOM DI CALENDA È UNA BALLA, VALE LO 0,4%: IL “CHURCHILL DEI PARIOLI” HA PRESENTATO UNA PROPRIA LISTA SOLTANTO IN 24 COMUNI SU QUASI 1000 AL VOTO
DALLE ELABORAZIONI DI YOUTREND, SE SI CALCOLANO I VOTI DI LISTA SU BASE NAZIONALE TRA I COMUNI CON PIÙ DI 15 MILA ABITANTI, IL PARTITO DI CALENDA VALE LO 0,4%
Sostiene Carlo Calenda: “Esiste un’area riformista che porta la gente a votare e vale dal 10 fino al 25 per cento”. Secondo il senatore del Pd Andrea Marcucci, dopo i risultati di domenica, i dem dovrebbero guardare “ad Azione, Italia Viva e liberali di Forza Italia”.
Peccato che il grande boom elettorale di Azione e Italia Viva esista solo sui giornali e nelle chiacchiere dei leader, capaci di millantare enormi vittorie in giro per l’Italia in evidente contraddizione con i fatti.
Basta mettere in fila i numeri per smontare il teorema del grande partito riformista di cui Letta non può fare a meno.
Già, perché al di là della propaganda, Azione ha presentato una propria lista soltanto in 24 Comuni su quasi 1000 al voto. Italia Viva ha fatto ancora peggio, correndo nella miseria di 9 città.
I successi sbandierati da Renzi e Calenda sono in realtà vittorie di qualcun altro: a Genova, per esempio, Iv esulta per Bucci, ma il suo simbolo non era sulla scheda; così come nessun elettore di Parma ha barrato il simbolo di Azione, nonostante l’ex ministro rivendichi il buon risultato del civico Enrico Costi. Miracoli della mimetica.
Come risulta dalle elaborazioni di Youtrend, se si calcolano i voti di lista su base nazionale tra i Comuni con più di 15 mila abitanti (ed escluse le città di Sicilia e Friuli-Venezia Giulia, i cui risultati non sono caricati sulla piattaforma online del ministero dell’Interno), Azione vale un deprimente 0,4 per cento.
Ancor più irrisoria la percentuale di Iv, inchiodata allo 0,1. Limitando la media ai Comuni dove hanno corso, Azione sale al 4,4 e Iv resta all1,1.
Numeri su cui incide lo scarso numero di liste presentate (oltre allo stralcio di Palermo, dove l’8 per cento preso da Azione alzerebbe un po’ la percentuale nazionale), ma che appunto rendono bene l’idea di come sia azzardato dare per certo che esista un’area centrista da doppia cifra
La situazione di Calenda e Renzi non migliora poi molto sfogliando i risultati delle liste nei capoluoghi.
Azione ha corso in 9 dei centri più importanti: Verona, Palermo, Piacenza, Gorizia, L’Aquila, Alessandria, Asti, Frosinone e Monza.
Detto del buon 8,1 per cento ottenuto in Sicilia, solo ad Alessandria (5,67 per cento) il dato è in linea coi sondaggi nazionali.
Tolta la sufficiente performance a L’Aquila (4,8 per cento), il resto è una Caporetto: 1,05 per cento a Verona; 1,2 ad Asti; 2,8 a Gorizia; 1,5 a Piacenza; 1,58 a Frosinone; 2,16 a Monza.
Sempre meglio di Renzi, certo, presente soltanto in tre capoluoghi, ovvero Monza, Parma e Barletta. Con risultati molto rivedibili: sotto al 2 per cento in Brianza (1,67) e in Puglia (1,59), percentuale da prefisso telefonico (0,96 per cento) nella città che pure ha visto il candidato di centrosinistra Michele Guerra, sostenuto da Renzi, andare ben oltre il 40 per cento
Tutto ciò non solo fa a pugni con il notevole sforzo mediatico da parte dei leader, ma dovrebbe allarmare ancor di più i riformisti se si pensa che in più di un Comune le percentuali di cui sopra sono state ottenute apparentandosi con Più Europa (nel caso di Calenda) o altri cespugli (tipo Partito socialista e Centro democratico nel caso di Italia Viva). Eppure “c’è un terzo polo che avanza con concretezza”, annuncia euforica dall’Udc Paola Binetti. Tradendo un commovente ottimismo sia per il concetto di “avanzata” sia per quello di “concretezza”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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