LA LEGA SCOMPARE A PADOVA, I DUE CONSIGLIERI ELETTI SONO DUE LIBERALI
DAI MILITANTI DEL PARTITO SONO CONSIDERATI DUE ESTRANEI: “NON SONO VERI LEGHISTI”
«Sono riusciti a cancellare la Lega da Padova». E’ questo il messaggio che sta girando tra i delusi del Carroccio dopo il risultato delle elezioni, riferito ai dirigenti del partito in città, che non solo ha visto il candidato di centrodestra Francesco Peghin sotto del 24,9% (circa 20 mila voti in meno) rispetto al sindaco Sergio Giordani, ma ha visto la Lega al 7,3%, quindi sotto a Fratelli d’Italia e la lista civica di Peghin.
Questo risultato, porterà dentro il consiglio comunale solamente due leghisti, che sono Eleonora Mosco e Ubaldo Lonardi. Due leghisti “sui generis” però.
La prima, ex vicesindaco all’epoca della giunta Bitonci, arriva da Forza Italia, e del partito di Berlusconi ha conservato stile e idee liberali.
Il secondo è stato candidato nella Lega, ma ha sempre evidenziato di non essere un tesserato ma solo simpatizzante, tanto da far parte di quei civici che sono stati inseriti per rendere la lista più attraente («Non basta avere una tessera per definirsi leghisti» ha evidenziato il sindaco di Noventa, Marcello Bano).
Sono rimasti fuori invece i leghisti della prima ora, a partire da Alain Luciani, Vanda Pellizzari, Vera Sodero, Marco Polato e Federica Pietrogrande. Sostanzialmente della vera Lega non c’è più traccia.
E leggendo i numeri si capisce quanto abbia portato poco alla causa di Francesco Peghin, nonostante in città sia arrivato Matteo Salvini. E in qualche modo discolpa anche lo stesso Peghin, che a questo punto può dire che il suo l’ha fatto, mentre i partiti no. Si avvicina quindi il momento della resa dei conti dentro la Lega.
Probabilmente si aspetterà il risultato di Verona per procedere, anche se chi aveva già contestato le scelte e le modalità a febbraio, già il giorno dello spoglio si era fatto sentire. «E’ stata sbagliata la scelta del candidato. Ad un civico bisognava opporre un uomo di partito. Invece si è preferito non ascoltare la base e questi sono i risultati. Esiti tragici, la Lega non è più in grado di parlare al popolo» hanno già detto Roberto Marcato, Fabrizio Boron e Marcello Bano. Inutile nascondere l’imputato, che è Massimo Bitonci.
Lui ha scelto Francesco Peghin e lui non ha ascoltato le lamentele che dal basso sono arrivate sempre più in alto dentro il partito. Sentiva di avere un conto in sospeso con Padova dopo essere stato sfiduciato e dopo la sconfitta del 2017 contro Giordani, ed ha provato a prendersi una rivincita quasi personale.
«Sono stato l’unico sindaco leghista a Padova e ho perso nel 2017 solo per pochissimi voti. C’è chi parla solo quando si vince, e chi come me mette la faccia anche quando si perde» le parole di Bitonci la sera della sconfitta.
Ora però qualche risposta in più però dovrà darla ai suoi, che da mesi chiedono un congresso per confrontarsi occhi negli occhi. Ma se prima c’era la possibilità che le scelte pagassero, oggi hanno parlato i cittadini. Sotto di lui c’è Alberto Stefani, che in realtà avrebbe un grado superiore a livello regionale, ma ha subito le scelte senza opporsi.
(da Padova Oggi)
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