ADDIO A OMAR SHARIF, LA LEGGENDA ARABA FU UN GRANDE DOTTOR ZIVAGO
FU ANCHE CANDIDATO ALL’OSCAR PER “LAWRENCE D’ARABIA”
Addio all’attore Omar Sharif, l’attore egiziano diventato la “leggenda araba” di Hollywood come protagonista e co-protagonista di grandi classici come Lawrence d’Arabia e Il Dottor Zivago.
Sharif aveva 83 anni e da poco il figlio Tarek aveva reso noto che soffriva di Alzheimer.
La notizia è stata data dai siti egiziani e poi rilanciata dalla BBC.
Nato nel 1932 ad Alessandria, in Egitto, per il suo ruolo in Lawrence d’Arabia era stato candidato all’Oscar.
Sharif (il cui vero nome era Michel Dimitri Shalhoub), figlio di genitori libanesi, era nato ad Alessandria d’Egitto.
Diplomato all’inglese Victoria College, laureato in matematica e fisica al Cairo, scoprì il cinema quasi per caso nel 1953 grazie al regista Youssef Chahine, che lo scelse per Lotta sul fiume.
In otto anni interpretò oltre 20 film in Egitto, tra cui La castellana del Libano e I giorni dell’amore, che vennero distribuiti anche in Italia.
Per sposare l’attrice Faten Hamama si convertì all’Islam e scelse il nome che lo accompagnerà per la vita, Omar El Sharif.
Omar Sharif inizia la sua carriera d’attore con un ruolo nel film egiziano “The Blazing Sun” nel 1953; il primo film in inglese arriva però solo nel 1962. quando Sharif è chiamato a interpretare Shar?f ‘Ali ibn al-Khar?sh in “Lawrence d’Arabia”. Ecco una delle scene tratte dal film di David Lean
Così si presentò a David Lean che stava scegliendo il cast per Lawrence d’Arabia nel 1961: Lean gli affidò il ruolo dello Sceriffo Alì, tra Peter O’Toole, Anthony Quinn e altri grandi nomi del cinema anglosassone.
La nomination all’Oscar del ’63 fu la naturale conseguenza e gli aprì le porte di Hollywood.
In Italia prestò il suo fascino esotico a film come La caduta dell’impero romano, Marco Polo e Gengis Khan. Poi Lean lo travestì da russo per l’adattamento del Dottor Zivago (1965).
Il successo fu planetario, accompagnato da un Golden Globe che a sorpresa non andò di pari passo con la candidatura all’Oscar.
Tra le sue successive interpretazioni vanno ricordate C’era una volta di Francesco Rosi, La notte dei generali di Anatole Litvak e Funny Girl a fianco di Barbra Streisand, della quale si innamorò subito.
Nell’immaginario collettivo ha incarnato la figura di un uomo ricco, bello, famoso, adorato dalle masse e conteso dalle donne più affascinanti del pianeta.
Oltre al francese e all’inglese imparò l’italiano, il greco e il turco.
Appassionato di bridge, su cui ha pubblicato anche un manuale, era entrato nella lista dei ‘top players’ del gioco.
“Finisci a fare una vita – ha raccontato nella sua autobiografia – in totale solitudine: alberghi, valigie, cene senza nessuno che ti metta in discussione. L’attrazione del tavolo verde per me diventò irresistibile. E ci ho sperperato delle fortune. A un certo momento ho capito e ho deciso di smettere anche con il bridge per non sentirmi prigioniero delle mie passioni. Facevo film per pagare debiti – ricordava ancora – e alla fine mi sono stufato”.
Nel 2005 era stato oggetto di una fatwa in occasione della sua interpretazione di San Pietro in una fiction italiana.
Dopo la quale Sharif ha deciso di tornare a vivere in Egitto insieme al suo unico figlio, Tarek, e i suoi due nipoti, di cui uno – che si chiama come lui – è a sua volta attore.
(da “La Repubblica”)
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