AL VOTO A GIUGNO, ANCHE DA INCANDIDABILE
BERLUSCONI FA FILTRARE IL MESSAGGIO PER RENZI: CON UNA RIFORMA PROPORZIONALE SI VOTA A GIUGNO, SENZA ASPETTARE LA SENTENZA DI STRASBURGO… E CON IL PROPORZIONALE NON C’E’ BISOGNO DI PRIMARIE O DI INDICARE UN CANDIDATO PREMIER
La notizia è che per Silvio Berlusconi è meglio l’uovo oggi che la gallina domani. Dove l’uovo è una legge proporzionale e la gallina è la famosa sentenza della Corte europea di Strasburgo, quella a cui è affidata la speranza della sua candidabilità .
Il che, tradotto in modo grezzo, significa che se da Renzi dovesse arrivare una proposta seria, sul proporzionale, allora il Cavaliere si direbbe d’accordo anche a votare a giugno, sia pur consapevole che non potrà rientrare in Parlamento.
Ed è proprio attorno a questo schema che Gianni Letta, il principe della diplomazia berlusconiana, ha cominciato a tessere la sua tela.
Gli spifferi di Arcore raccontano di una serie di contatti proprio con Matteo Renzi, tornato molto attivo e unico, vero, titolare del dossier dentro il Pd.
Contatti nel corso dei quali sarebbe stato recapitato il messaggio su cui intavolare la trattativa. Dice una fonte azzurra vicina al dossier: “Letta ha fatto capire che su una base proporzionale i tempi della legislatura si accorciano”.
E, al tempo stesso, si avvicinano i tempi della prossima legislatura, nella quale il Cavaliere si immagina di nuovo al governo socio di una grande coalizione “tra le forze responsabili” che affronti i problemi di una fase “drammatica” come l’attuale. Uno scenario che sa di riabilitazione quanto una sentenza.
Certo, ogni ricetta sulla legge elettorale dipende dalla cucina della Corte costituzionale, che si riunirà il 24 gennaio.
Ed è stato proprio in nome di questo che la famosa nomenklatura di Forza Italia, a partire dai capigruppo, ha già “frenato” Berlusconi.
Fosse stato per lui, sarebbe già passato dalla fase degli abboccamenti discreti a quella dei colloqui più spinti, senza aspettare la Corte.
Col desiderio, neanche tanto nascosto, di condurli in prima persona, come ai bei tempi del Nazareno, non con l’infatuazione di allora ma con l’aria di chi dice “sono ancora qui e tu hai bisogno di me”.
Diversamente dal suo stato maggiore e dal suo gruppo parlamentare pieno di gente con tante legislature sulle spalle, che vive le elezioni come il tacchino vive il “Natale”, il Cavaliere non si pone il problema di tirarla per le lunghe.
Gli ultimi sondaggi recapitati dall’infallibile Ghisleri fotografano un paese che vuole votare nella stragrande maggioranza, per nulla contento del governo, pronto a trasformare in bersaglio chiunque si arrocca nel Palazzo, a maggior ragione su un tema incomprensibile come la legge elettorale.
Tutti questi ragionamenti, mosse e spifferi raccontano non tanto di una quadra tra Pd e Forza Italia su un modello.
Pare infatti che Verdini, rispondendo a qualche parlamentare azzurro gli chiedeva lumi preoccupato dalle elezioni anticipate, abbia rassicurato sul fatto che è tutto in alto mare: “Matteo non vuole proporzionale puro e sbarramento alto, è ancora su un sistema maggioritario e poi pensa che lo sbarramento ci debba essere ma non altissimo, sennò aiuti Grillo”.
Ragionamenti, mosse e spifferi raccontano di un certo pragmatismo di Silvio Berlusconi. E di uno schema “nuovo”.
Non che abbia cambiato idea su giudici e giustizia, procure e sentenze “politicizzate”, colpi di Stato e persecuzione. Nè ha smesso di sperare nella battaglia alla Corte europea, per la quale ha speso una cifra sgangherata di avvocati.
Ma restare appesi a Strasburgo e subordinare tutto alla sentenza rischia di essere infruttuoso, perchè i tempi sono lunghi e l’esito chissà .
Lo scorso 21 dicembre il governo ha depositato sue determinazioni (ovviamente a difesa della Severino, sarebbe stato clamoroso il contrario); ora tocca agli avvocati di Berlusconi depositare le controdeduzioni.
Poi il governo ha un mese per controdedurre. A quel punto si può andare in camera di Consiglio o in udienza plenaria.
Quando Silvio Berlusconi ha chiesto una stima orientativa dei tempi, ha capito che se ne parla, se va bene tra l’estate e dicembre.
Quando ha visto la faccia di Niccolò Ghedini che ragionava sull’esito e sugli orientamenti del presidente della Corte, ha capito che tante speranze non ci sono. Anche i negoziatori più audaci sono consapevoli che è assai difficile che il governo possa lavorare e fare pressioni in questa direzione.
Meglio l’uovo, dunque. E lavorare sullo scambio possibile tra legge elettorale e data elezioni, più che tra legge elettorale e “riabilitazione”.
Anche perchè — e non è un dettaglio — in uno schema proporzionale non c’è bisogno di indicare il candidato premier.
E la data di giugno stroncherebbe, sul nascere, ogni dibattito su primarie, futuro del centrodestra, foto di gruppo con Salvini e Meloni, con cui i rapporti sono al minimo storico, dopo l’uscita sgraziata del leader della Lega su Mediaset e Vivendi, proprio mentre il governo si schierava a difesa del Biscione.
(da “Huffingtonpost”)
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