BANKITALIA AVVERTE IL GOVERNO: AUMENTARE L’IVA E PIU’ TAGLI
CRESCE IL PRESSING DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA SULL’ITALIA… RICHIESTI MAGGIORI IMPEGNI AI PAESI INDEBITATI… VIA NAZIONALE PROPONE DUE VIE D’USCITA PER RIEQUILIBRARE I CONTI
L’autunno caldo è cominciato.
“L’Italia deve scegliere: o lancia un vero segnale di svolta sulla manovra, o si offre in pasto ai mercati esponendo l’intera Eurozona a un enorme pericolo”.
Si apre una settimana che può cambiare il destino dell’italia e dell’Europa.
In queste ore difficili, tra Banca centrale europea e Banca d’Italia, non c’è un solo interlocutore che non esprima “grandissima preoccupazione” per quello che sta accadendo nel nostro Paese.
Il “caos totale” nel quale il governo è precipitato in questi ultimi due mesi, cambiando radicalmente per ben quattro volte il menu delle misure di risanamento per assicurare il pareggio di bilancio nel 2013, è una miccia accesa nel cuore della moneta unica.
Per ora, a disinnescarla ha contribuito proprio la Bce, che ha comprato a piene mani i Btp sul mercato secondario, per disarmare la speculazione internazionale.
Ma quanto può durare, l’ombrello aperto su di noi dall’Eurotower?
È la domanda cruciale, alla quale la Bce proverà a dare una prima risposta giovedì prossimo, al primo board convocato per la ripresa dopo l’estate.
A Francoforte c’è consapevolezza della grande difficoltà della fase.
“I dati della congiuntura internazionale non sono affatto confortanti”, dicono all’Eurotower. Eurolandia è in forte frenata.
Come già anticipato dal Fondo monetario, le economie dell’area cresceranno nel 2011 solo dell’1,9%.
Nel 2012 andrà peggio, con un deludente 1,4%.
“Preoccupa il rallentamento della Germania”, che dopo aver trainato il Continente quest’anno, si fermerà l’anno prossimo a un fiacco 1,6%.
L’Italia va peggio di tutti: non supera lo 0,8% quest’anno, e si ferma allo 0,7% l’anno prossimo.
C’è quindi un primo nodo da sciogliere: già con queste cifre, “la manovra da 45 miliardi messa in campo da Berlusconi andrebbe rafforzata ulteriormente”.
Se scende il Pil, infatti, crescono più del previsto il deficit e il debito.
Dunque “servono più tagli di spesa, per garantire il pareggio di bilancio”.
Ma la manovra appena varata dal centrodestra, nella sua quarta e schizofrenica versione, non da garanzie.
Nè sulle singole misure, nè sui saldi. Trichet lo ha già lasciato intendere.
I suoi uomini sono ancora più espliciti. “L’Italia deve fare di più e di meglio. E deve farlo subito”.
La Bce non può continuare a togliere le castagne dal fuoco al governo italiano. Al board di giovedì i governatori dell’Eurosistema ne discuteranno, nel frattempo “sull’acquisto dei titoli di Stato sul mercato secondario si decide giorno per giorno”.
Ma una cosa è certa: “Il Security Market Program non è un meccanismo permanente”. Se dunque è vero, come sostiene Trichet, che il salvagente della Bce sui Btp non è scattato solo dopo la garanzia che il governo italiano avrebbe rafforzato e accelerato la manovra, è anche vero che, a regime, il primo non dura in assenza della seconda.
“Non possiamo coprire una qualsiasi forma di “azzardo morale” sul mercato dei titoli”, sostengono alla Bce.
Già i “falchi”, tra politici ed economisti tedeschi, hanno criticato la Banca centrale perchè con i suoi interventi “ha agevolato il lassismo dei Paesi periferici dell’area”.
E’ ora di cambiare rotta. E già alla riunione di giovedì se ne potrebbe avere un anticipo, indirizzato implicitamente proprio all’Italia.
“Altri Paesi – segnalano a Francoforte – si stanno dimostrando più responsabili. Uno su tutti: la Spagna, dove il Parlamento ha già varato la sua Legge Finanziaria, ed ha approvato l’inserimento della disciplina di bilancio in Costituzione”.
L’Italia è indietro. Sui tempi e sui numeri.
E questo, sulla sponda interna, allarma la Banca d’Italia.
Mario Draghi si prepara al “trasloco”, ma in queste ore gli uomini del Direttorio sono in contatto costante e diretto con i loro “colleghi” d’oltrefrontiera.
A Via Nazionale l’apprensione sul destino della manovra è persino più acuta che a Francoforte.
Il messaggio lanciato con le tre versioni estive del pacchetto anti-deficit è stato “pessimo”: confusione, improvvisazione, approssimazione.
Vista da Palazzo Koch, la manovra è un “patchwork indecifrabile”.
“E’ arduo affidare al recupero di evasione fiscale un rientro dal deficit di così vasta portata”, si sostiene in Bankitalia, in piena sintonia con i dubbi della Ue. Berlusconi e Tremonti, accecati da un regolamento di conti tra loro, non vedono più la realtà . Dimostrano di non avere un’idea su ciò che è e su ciò che deve diventare la società italiana. Prima colpiscono il ceto medio con il contributo straordinario, poi colpiscono i pensionati con la gabella sulla naia e la laurea, poi fanno la faccia feroce contro gli evasori, dopo averli blanditi con lo Scudo fiscale e con l’irresponsabile sostegno pre-estivo alla diffusa Vandea per le “vessazioni di Equitalia”.
Così non si va da nessuna parte.
A Via Nazionale, si teme il vicolo cieco.
Le vie d’uscita che la Banca d’Italia caldeggia sono due.
La prima, sul lato delle spese, è “accelerare sulla spending review”, affondando con il bisturi della priorità politica finalizzata a ricerca e sviluppo e non più non con il machete dei tagli lineari e indiscriminati su tutte le voci.
La seconda, sul lato delle entrate, è “un intervento mirato e selettivo sulle aliquote Iva”. Questa, secondo Palazzo Koch, sarebbe la soluzione migliore, sul piano delle opportunità macro-economiche e delle compatibilità politico-sociali.
La Banca d’Italia ha fatto i suoi studi e le sue simulazioni.
L’aumento dell’Iva non avrebbe impatti recessivi maggiori di quelli che la manovra in sè già presenta ora.
E dal punto di vista dell’inflazione, “l’impatto sarebbe quasi nullo, poichè il quadro dei prezzi nonostante le ultime fiammate va verso un raffreddamento e la domanda di petrolio è in discesa”.
Dunque questa è la scommessa di Draghi e dei suoi uomini: pressato dalla Bce e dai mercati, alla fine Berlusconi sarà costretto ad agire sull’Iva, a dispetto dei timori infondati di Tremonti.
Sarà il male minore, e garantirà un gettito certo, al contrario delle norme “dissuasive” e assai demagogiche sulla delazione e la gogna fiscale.
Il dubbio vero è se questo governo abbia ancora la forza per scelte politiche nette, riconosciute e riconoscibili.
O se invece la perdità di credibilità cumulata in tre anni di dissennatezze politiche e dissipazioni contabili sia irreversibile.
All’Eurotower e a Via Nazionale si sa bene qual è la posta in palio. Tra Btp, Bot e Ctz, a settembre il Tesoro deve collocare sul mercato ancora quasi 45 miliardi di euro.
Di qui alla fine dell’anno, le emissioni complessive di titoli di Stato ammonteranno a circa 148 miliardi.
Se si allenta la sponda della Bce, come prevedono i “duri e puri” di Francoforte, basta un niente per far fallire un’asta e far banchettare gli speculatori internazionali.
Sarebbe il disastro finale.
Dopo aver rovinato l’Italia, Berlusconi e Tremonti si prenderebbero il merito di aver affondato anche l’Europa.
Possono farcela, purtroppo.
Massimo Giannini
(da “La Repubblica“)
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