BARCELLONA CONTRO I TURISTI: “MEGLIO I PROFUGHI”
DALLA CATALOGNA ALLE BALEARI CORTEI E SCRITTE: “TOURIST GO HOME”
Le scritte poco ospitali compaiono ormai quasi tutti i giorni: «Tourist go home». Tornatevene a casa vostra, è il messaggio esplicito, perchè la nostra è troppo affollata. La Spagna macina record su record, i visitatori stranieri nel 2016 sono stati 75 milioni, quest’anno si punta a superare gli 80.
Se per l’economia è una benedizione (non sempre ben distribuita), per tanti cittadini, in un Paese di 46,5 milioni di abitanti, la convivenza è complicata.
Non esiste un movimento organizzato, ma tante realtà che cominciano a non limitarsi a commenti acidi al bancone del bar.
Per descrivere l’atteggiamento cambiato verso le masse di visitatori, è nato anche un termine, molto contestato ma chiaro, la «turismofobia».
L’ostilità , del tutto pacifica, è in aumento e preoccupa un’industria che cresce con cifre impressionanti.
LA SUSCETTIBILITà€
Quello che lo studioso Claudio Milano chiama «l’indice di suscettibilità », ha toccato vette altissime a Barcellona.
Il paradosso, almeno visto dall’Italia, è che nella capitale catalana il motto «tourists go home», spesso è accompagnato da «refugees welcome». Orde turistiche no, ma profughi sì.
Barcellona è la più visitata (e invasa) e più si consolida il primato, più si rompe l’equilibrio con gli abitanti. Aumentano le navi da crociera, arrivano più voli low cost e d’estate anche tanti vacanzieri in auto.
Tutti, o quasi, si concentrano in centro e alla Barceloneta, un tempo il quartiere dei pescatori, oggi praticamente monopolizzato da comitive in ciabatte, costume con l’asciugamano in spalla (la spiaggia è a due passi).
Il tema del cambio di modello turistico è al centro dell’agenda pubblica da qualche anno, tanto che l’attuale sindaca, Ada Colau, alleata di Podemos, deve parte del suo consenso alla sfida aperta che ha intrapreso contro l’eccessivo successo di visitatori. La giunta Colau nei suoi primi due anni di vita ha mantenuto aperto il fronte.
I nemici sono fondamentalmente due: la giungla degli appartamenti in affitto soprattutto nei portali come Airbnb e il proliferare degli alberghi dove un tempo sorgevano case.
Nel primo caso il Comune è intervenuto con denunce, controlli serrati, limitazioni e multe. Nel secondo, Colau ha firmato una moratoria per gli alberghi: stop alla costruzione in centro e concessioni aperte solo in periferia.
I numeri aiutano a capire il fenomeno: in un centro di 55.000 abitanti ogni giorno dormono 80.000 turisti e il calcolo è per difetto, visto che in tanti occupano illegalmente ogni tipo di alloggio.
È la forbice si allarga sempre di più a discapito dei residenti che affittano agli stranieri e abbandonano i quartieri di sempre.
È la cosiddetta sindrome di Venezia: il centro a misura di comitive e non più di abitanti. Davanti alle folle che intasano le Ramblas molti cittadini non restano più indifferenti. Sono nate in questi mesi gruppi, piattaforme e si sono organizzati cortei che chiedono rispetto per chi la città la vive.
Il movimento si sta allargando, coinvolgendo soprattutto le Baleari. A Maiorca e Ibiza, a causa del turismo di massa, neppure i medici stagionali riescono a trovare un appartamento dignitoso e sono costretti a soggiornare in stanze dedicate degli ospedali. Nell’arcipelago arrivano ogni anno 15 milioni di stranieri, ma la disoccupazione resta al 15%.
Il tema divide, se l’esproprio degli spazi comuni non può non turbare, sono tanti quelli che, più o meno alla luce del sole, guadagnano belle cifre.
I dati macroeconomici la dicono lunga: il settore vale almeno il 12% del Pil. Per un Paese, come la Spagna, affossato dalla crisi finanziaria, il turismo è stato il vero motore della ripresa, erodendo anche l’enorme tasso di disoccupazione.
Così, i turismofobici si confrontano con un altro partito molto nutrito, che dice: «Perchè dovremmo rinunciare a tutto questo?».
Uno dei più illustri teorici del turismo spagnolo è Fernando Gallardo, critico alberghiero del Paàs: «Nel 1950 in tutto il mondo viaggiavano 25 milioni di turisti ricchi, oggi siamo arrivati a 1,2 miliardi e non sempre benestanti. La verità è che tutti questi che vogliono mettere dei muri contro i turisti, come fossero Trump, vogliono far diventare la Spagna come Portofino o le Maldive, oasi di ricchi».
Francesco Olivo
(da “La Stampa”)
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