BERLUSCONI TRA LA PROVA DI FORZA CON I GIUDICI, LE TROPPE PROMESSE DI POSTI DI GOVERNO E LE FAMELICHE TRUPPE
IL CAVALIERE SI PREPARA ALLA BATTAGLIA DEL 6 APRILE IN VISTA DELLA PRIMA UDIENZA SUL CASO RUBY, MA E’ IN DIFFICOLTA’… RINVIA IL RIMPASTO DI GOVERNO PERCHE’ LE RICHIESTE SONO TROPPE, I POSTI POCHI E IL GRUPPO DEI RESPONSABILI RISCHIA DI IMPLODERE
Berlusconi sta preparando tutto il suo arsenale in vista del 6 aprile quando si aprirà il processo sul caso Ruby.
Arma i bombardieri, dispone in campo la fanteria, manda avanti alla spicciolata singoli soldati come Luigi Vitali che lancia la prescrizione breve e poi fa una mezza marcia indietro.
Intanto viene annunciato un Consiglio dei ministri straordinario per varare le riforme costituzionali sulla Giustizia.
Un Cdm, guarda caso, convocato il 10 marzo: il giorno prima dell’udienza del processo Mills.
E proprio quel giorno il premier ha il perfetto legittimo impedimento (sarà a Bruxelles per il Vertice Ue sulla Libia).
Come se non bastasse ci sono in canna il processo breve e il giro di vite sulle intercettazioni.
Messaggi chiari, segnali di forza alle «toghe rosse». Ma è soprattutto il voto sul conflitto di attribuzione, che il Cavaliere vuole in aula: il primo obiettivo strategico per ribaltare il tavolo dei magistrati milanesi che il 6 aprile, appunto, apriranno le danze.
I finiani sostengono che l’iter avviato a Montecitorio è prematuro. «La Camera sia come assemblea sia, eventualmente, come ufficio di presidenza – sostiene Nino Lo Presti, deputato Fli e componente della Giunta per le autorizzazione – non può pronunciarsi sino al 6 aprile quando i giudici milanesi esamineranno la preannunciata eccezione di incompetenza da parte degli avvocati di Berlusconi».
Figuriamoci se il premier intende aspettare oltre.
Sostiene che quello di Fini è un atto dovuto, e non una gentile concessione calata dall’alto: deve passare subito la parola ai deputati. «E non mi venga a fare moralista» (ha parlato il killer seriale n.d.r.) , è stato il commento del Cavaliere dopo aver sentito il suo avversario a Porta a Porta.
«L’unico arbitro è l’aula», insiste il capogruppo Cicchitto a proposito del voto sul conflitto di attribuzione.
E’ qui che il presidente del Consiglio si sente forte con numeri sufficienti a portare a termine la legislatura. Tuttavia potrebbe avere dei contraccolpi a Montecitorio se dovesse sbagliare la mossa delle nomine al governo.
Ha fatto molte promesse per allargare la maggioranza.
Fin troppe, e ora si trova a corto di posti da elargire nell’esecutivo.
Dovrebbe fare un decreto per aumentare il numero dei sottosegretari, ma deve fare un decreto ben motivato perchè non è detto che passi al Quirinale.
Gli stessi berlusconiani dicono in giro che il capo dello Stato si sia già messo di traverso (dato non confermato, tuttavia).
Rimane il fatto che il premier deve rinviare il cosiddetto rimpasto perchè di grane ne ha tante.
C’è la vicenda di Saverio Romano, sostenuto dal ministro corregionale Alfano, che dovrebbe andare all’Agricoltura.
Questa è una postazione che in termini elettorali consentirebbe all’ex Udc di costruirsi un partito. E ciò scatena l’ira di un altro corregionale, Gianfranco Miccichè, che sta costruendo la sua Forza del Sud.
Ma suscita anche l’ira delle altre componenti del gruppo dei Responsabili che non sanno ancora cosa avranno in cambio della loro fedeltà .
La Lega inoltre non vuole un «siculo» all’Agricoltura, ma non vuole nemmeno che Galan rimanga in questo dicastero.
Altra incertezza il destino del portavoce Bonaiuti le cui quotazioni per un incarico ministeriale sembrano in calo (almeno così dicono gli stessi berlusconiani informati).
Insomma, incastri e aspirazioniche è meglio far aspettare. Berlusconi vuole arrivare a 325 deputati da scodellare quando si voterà per il conflitto di competenza.
E per non mettere a rischio questo fondamentale voto, magari fatto a scrutinio segreto, non può fare prima il rimpastino che inevitabilmente scontenterà tante persone.
E allora meglio far slittare tutto alla fine di marzo e mobilitare intanto l’arsenale sulla giustizia.
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa“)
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