CANAPA, CENTRODESTRA IN TILT, IL GOVERNO PER IL GIRO DI VITE, MA IN VENETO VOTO’ A FAVORE
IN VENETO COLTIVATORI FURIBONDI, CI SONO 64 ETTARI A CANAPA SATIVA, IL 15% DELLA PRODUZIONE NAZIONALE
Agosto 2019, la Regione Veneto approva una Legge che prevede «sostegno e promozione della coltivazione della filiera agroindustriale ed agroalimentare della canapa sativa». Agosto 2024, il governo spinge per una stretta alla produzione e vendita di canapa, che metterebbe a rischio quelle stesse aziende che il Veneto voleva sostenere. Un cortocircuito che le imprese agricole cercano di scongiurare, appellandosi alle associazioni di categoria che le sostengono nella battaglia, ma anche ai politici veneti che cinque anni fa si erano messi dalla loro parte. Di ieri la presa di posizione di Flavio Tosi, coordinatore di FI: «Tema complesso che va discusso ma vietarla non è la soluzione. A rischio migliaia di imprese che hanno investito».
Le aziende danneggiate
«L’emendamento al Ddl Sicurezza andrebbe di fatto a cancellare la legge veneta» dice Lawrence Myall, segretario dell’associazione Imprenditori Canapa Italia e socio di Agroselectiva, azienda agricola di San Donà di Piave che coltiva varietà di canapa sativa. La Legge regionale spazia dal campo alimentare alla cosmesi, passando per la bioedilizia. Non male. Eppure, può essere tutto cancellato. L’emendamento del centrodestra a Roma ora mette a rischio la sopravvivenza di un comparto che in Veneto, secondo i dati raccolti da Confagricoltura e Cia, vale 75 milioni di euro all’anno, con 64 ettari coltivati, il 15% del settore a livello nazionale. E che ha fatto investimenti, in questi anni, grazie anche al sostegno promosso dalle istituzioni. Coldiretti chiede a gran voce «modifiche di un emendamento che danneggia pesantemente le aziende agricole». Vietare la raccolta e l’essiccazione dell’infiorescenza, spiegano, può far crollare il settore.
La distinzione
Il leghista Nazzareno Gerolimetto era stato il primo firmatario della proposta di legge veneta: «Credo che l’intento del governo sia sciogliere gli equivoci perché succede che anche la sativa, a basso contenuto di Thc, potrebbe essere usata in un modo non corretto – spiega -. All’epoca avevamo votato tutti a favore, anche l’opposizione». E allora, cos’è cambiato? «Si è scelta una linea più rigida. Gli imprenditori vanno difesi. È mia intenzione fare il possibile per mantenere questa microfiliera, ma sul commercio del fiore dobbiamo aprire una riflessione».
Era la legislatura precedente a questa, in Regione. E l’unico esponente di FdI in Consiglio era l’attuale eurodeputato Sergio Berlato: «Convintamente avevo sostenuto quell’iniziativa e sono ancora a favore, mantenendo distinta la coltivazione ad uso terapeutico da quella che finisce per diventare stupefacente. Ma c’è un’elevata richiesta di canapa a cui dobbiamo dare una risposta. Molti coltivatori hanno trovato in questo prodotto una importante integrazione al reddito. Credo sia necessario spiegare meglio a cosa serva la canapa e quale sia l’utilizzo, anche per la salute di alcuni pazienti. E questo potrebbe far cambiare idea a chi non conosce la materia e pensa che sia tutta sostanza illegale. Io sono contro qualsiasi tipo di droga, ma qui parliamo d’altro: credo che saranno apportati dei correttivi per fare una giusta distinzione sugli utilizzi benefici»
«Noi lavoriamo di qualità»
Myall e i due soci hanno due dipendenti, potrebbero ampliare l’attività ma ora, con questi paletti, bisogna aspettare: «I fiori recisi ed essiccati vengono venduti nei negozi e hanno anche sbocco all’estero. Possono essere trasformati in prodotti cosmetici, per dare aroma e conservanti alla birra, o come semplici tisane. Chiamarli “cannabis light” è solo un modo ideologico per identificare il prodotto. Se non potremo più usare i fiori, ma solo gli steli e la fibra, per noi sarebbe impossibile lavorare. Qualcuno può concentrarsi sulla produzione del seme per fare l’olio ma il mercato non è così ampio e i margini sono bassi. E per lavorare gli steli servono macchine industriali che non possediamo. Noi lavoriamo di qualità, non di quantità, saremmo costretti a chiudere». È già partita una raccolta firme per sensibilizzare l’opinione pubblica.
(da agenzie)
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