CASO ALBERTINI, LO SCONTRO CON ROBLEDO CHE AGITA IL GOVERNO
IN GIOCO L’IMMUNITA’ PARLAMENTARE E IL VOTO DELL’EX SINDACO DI MILANO PUO’ ESSERE DECISIVO PER LA MAGGIORANZA
«Io, come senatore del Nuovo centrodestra, questo governo al Senato lo sostengo e lo voto, ma se poi la stessa maggioranza, quando io ho un problema, mi vota contro, allora sono io che non voto più».
Parola di Gabriele Albertini, l’ex sindaco di Milano e ora senatore alfaniano, protagonista di una durissima querelle giudiziaria a colpi di esposti contro l’ex procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo, finita prima al Parlamento europeo, che non gli ha riconosciuto alcuna immunità visto che faceva interviste da sindaco, e adesso al Senato, dove invece sono in corso grandi manovre in casa Pd per tentare di salvare un voto indispensabile alla sopravvivenza del governo.
Ma a mettere in crisi le possibili intese il senatore Felice Casson, ex giudice istruttore a Venezia, che mercoledì sera, durante la seduta della Giunta per le autorizzazioni, di fronte a un singolare avvicendamento di relatore del caso e con un cambio brusco di indirizzo — prima, con Giorgio Pagliari del Pd, la Giunta avrebbe dovuto dichiararsi incompetente, poi con Rosanna Filippin, sempre del Pd, la copertura ad Albertini pare un fatto dovuto — ha chiesto di fermarsi.
«L’immunità non è perpetua, non può coprire l’intera vita di un senatore. Quindi, nel caso di Albertini, prima di pronunciarmi, voglio capire bene a quando risalgono i fatti e che ruolo aveva in quel momento Albertini, se era sindaco o parlamentare europeo, o senatore. Perchè se era solo sindaco non può ottenere la copertura del Senato».
Ma se Albertini non dovesse averla comincerà a votare contro Renzi, quindi il Pd è in fibrillazione.
Proviamo a ricostruire i fatti e a capire chi ha ragione in questa vicenda.
Albertini è sindaco di Milano dal 1997 al 2006.
Nel 2011 il primo cittadino entra in conflitto con l’aggiunto della procura Robledo, che poi diventerà protagonista di un famoso scontro con il suo capo Edmondo Bruti Liberati per il quale viene trasferito a Torino dal Csm. Ma tant’è.
Proprio nel 2011 Albertini — che nel frattempo è diventato parlamentare europeo — rilascia due interviste contro Robledo in cui lo accusa di voler perseguitare la sua giunta per via delle inchieste che apre in procura.
Ovviamente Robledo lo controquerela per calunnia. Finito sotto inchiesta a Brescia proprio per questo reato il sindaco chiede “protezione” al Parlamento europeo, che però nel 2013 gliela nega, sostenendo che lui parlava da primo cittadino di Milano e non da parlamentare europeo.
Albertini non si dà per vinto e presenta un altro esposto al ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri sempre contro Robledo, divenuto ormai un’ossessione, il quale avrebbe avuto uno spirito persecutorio nell’inchiesta sui derivati comunali. Nuova reazione di Robledo che lo riaccusa di calunnia e nuova incriminazione per Albertini proprio per questo reato.
Ma a questo punto l’ex sindaco è diventato senatore di Ncd e chiede alla Giunta di palazzo Madama la protezione e la copertura cui crede di aver diritto.
Di fronte all’evidenza — Albertini non era senatore, ma deputato Ue quando lanciò le sue accuse — il Senato si dichiara incompetente una prima volta.
Ma la nuova imputazione per calunnia riapre la querelle e questa volta Albertini gioca la carta del suo possibile voto contrario alla maggioranza.
Accade così che nella Giunta per le autorizzazioni il primo relatore del caso — il Pd Giorgio Pagliari — si vede costretto a confermare l’indirizzo già seguito: Albertini non può godere di copertura perchè non era senatore all’epoca delle sue dichiarazioni.
Ma i vertici del Pd spingono per un pronunciamento più favorevole ad Albertini. A quel punto Pagliari si dimette da relatore.
Al suo posto subentra la veneta Rosanna Filippin, che invece intesse un peana su Albertini e si dice convinta che lo scudo dell’immunità gli spetti, in quanto si tratta di una storia infinita, di una guerra che continua, da quando Albertini era sindaco, poi parlamentare Ue, infine senatore.
A questo punto arriva l’altolà di Casson che chiede innanzitutto di capire bene a che epoca si riferiscono i fatti e che carica aveva Albertini in quel momento.
Se non era senatore, come pare proprio che non fosse, la copertura dalle inchieste non gli spetta. Ma a questo punto la maggioranza rischia di andare in tilt.
(da “La Repubblica”)
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