CASO-YARA, ALFANO ‘BRUCIA’ I MAGISTRATI E FINISCE ALL’INDICE
I PM METTONO SOTTO ACCUSA IL TITOLARE DEGLI INTERNI PER LA FUGA DI NOTIZIE
Ore 18,24 del 16 giugno 2014, al mio tweet scatenate l’inferno (e fate arrabbiare i giudici): “Individuato l’assassino di Yara Gambirasio”.
Firmato: Angelino Alfano, ministro dell’Interno del governo Renzi.
Subito dopo, arriva il comunicato stampa del Viminale: “Le Forze dell’Ordine, d’intesa con la Magistratura, hanno individuato l’assassino di Yara Gambirasio. Secondo quanto rilevato dal profilo generico in possesso degli inquirenti, l’assassino della piccola Yara è una persona del luogo, dunque della Provincia di Bergamo. Nelle prossime ore, saranno forniti maggiori dettagli. Ringraziamo tutti, ognuno nel proprio ruolo, per l’impegno massimo, l’alta professionalità e la passione, investiti nella difficile ricerca di questo efferato assassino che, finalmente, non è più senza volto”.
I giornalisti impazziscono e si precipitano a Bergamo; la Rete impazzisce e fa rimbalzare la notizia su tutti i siti del mondo; gli inquirenti impazziscono e cominciano a chiedersi perchè il ministro dell’Interno abbia sentito la necessità di bruciare tutti dando la notizia così in fretta, proprio nei minuti in cui Massimo Giuseppe Bossetti era ancora seduto in caserma ad ascoltare le accuse.
E invece lui, Angelino Alfano, gongola di soddisfazione perchè un altro pericoloso assassino verrà consegnato alle patrie galere.
Anzi, non ancora contento, alle 19,24 fa inviare al suo staff un nuovo comunicato stampa: “L’Italia è un Paese dove chi uccide e chi delinque viene arrestato e finisce in galera. Può passare del tempo o può finirci subito. Ma questo è il destino che attende i criminali. Oggi, due successi che dedichiamo ai familiari delle vittime e agli italiani onesti”.
Applausi. Medaglia al valore
Alfano lunedì va a dormire contento (in fondo, dalla Procura è arrivato solo un invito alla prudenza, “siamo in una fase delicatissima”) ma ieri mattina a gelare il suo entusiasmo, arriva una dichiarazione al veleno del procuratore capo di Bergamo, Francesco Dettori: “Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo. Questo anche a tutela dell’indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza”.
Ecco, forse un po’ di prudenza non avrebbe guastato. Tutti gli inquirenti sapevano, tutta la catena di comando da Bergamo al Viminale sapeva, ma era proprio il caso di sbandierare un successo prima che questo si fosse realmente compiuto?
Il vice premier incassa il colpo, ma non può fare marcia indietro: “L’opinione pubblica ha diritto a sapere e ha saputo. Credo che questo sia un elemento di rassicurazione. L’opinione pubblica una volta di più ha chiaro come lo Stato vinca, e chi invece delinque o uccide, perde”.
Anzi, ci pensa su e rincara la dose: “In un giorno di grandi successi non voglio fare polemiche. Non ho divulgato dettagli e non credo che il procuratore ce l’abbia con me, piuttosto si dovrebbe chiedere chi ha inondato il nostro mondo dei mass media di informazioni e dettagli. Certamente non è stato il governo”.
E però, forse il tiro va un po’ aggiustato, la Procura è stata più garantista del politico, e allora parte un nuovo tweet: “Ovviamente la presunzione di innocenza vale per tutti”.
Ma come, non era stato individuato l’assassino (senza presunto) di Yara Gambirasio?
Il dado è tratto, la polemica è servita e il veleno tra Bergamo e Roma scorre, nonostante gli stessi magistrati provino a smorzare i toni.
“Non c’è nessuna polemica, ma questa situazione non mi è piaciuta”, risponde lo stesso Dettori. “A che pro parlare di polemica? — gli fa eco il procuratore generale di Brescia, Pier Luigi Maria Dell’Osso — È chiaro che un procuratore aspira ad agire senza i riflettori, è fisiologico, accade in ogni indagine. Di fronte a un caso di questa eclatanza — aggiunge — è normale che chi si è occupato delle indagini sente, per così dire, l’ansia e la trepidazione tanto più se c’è un’opinione pubblica attenta a una cosa del genere”.
“Nessuna polemica”, neanche per il questore di Bergamo, Fortunato Finolli.
Indagine rovinata o solo riflettori scippati?
Quel che appare certo è che gli inquirenti avrebbero avuto bisogno ancora di 48 ore di tempo per completare alcuni accertamenti (testimoni, eventuali favoreggiatori, complici) e poi, loro sì, convocare una conferenza stampa, e non scrivere un tweet.
La pressione mediatica scatenata lunedì da Alfano ha rovinato questi piani, e magari dato un’accelerata a tutto, ma non ha inficiato l’indagine.
Tanto è bastato per far rimanere Beppe Grillo “senza parole.
Il ministro Alfano l’ha fatta grossa”, ha scritto ieri il leader dei M5S sul suo profilo Facebook.
Il forzista Furlan ne ha chiesto addirittura la testa: “Dal Kazakistan al caso Gambirasio, storia di un ministro inadeguato. Ma cosa deve accadere perchè un ministro si dimetta?”.
Al fianco di Alfano il viceministro della Giustizia Enrico Costa: “Non ho compreso — ha detto — la reazione del procuratore di Bergamo. I cittadini non avevano forse il diritto di conoscere una notizia così rilevante?”.
Ma due giorni in più, cosa sarebbe cambiato?
Silvia D’Onghia
(da “il Fatto Quotidiano”)
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