Febbraio 27th, 2021 Riccardo Fucile
GLI SCAVI SVELANO UNO STRAORDINARIO CARRO DA PARATA, DIPINTO DI ROSSO E RIVESTITO DI DECORAZIONI
Elegante e leggero, stupefacente per la complessità e la raffinatezza dei decori in stagno e bronzo, incredibile nella sua completezza, con le tracce dei cuscini, delle funi per reggere le corone di fiori, persino le impronte di due spighe di grano lasciate su un sedile.
A Pompei, gli scavi della villa di Civita Giuliana non finiscono di stupire e restituiscono uno straordinario carro da parata, dipinto di rosso e rivestito da decorazioni a tema erotico, destinato forse al culto di Cerere e Venere o più probabilmente ad un’aristocratica cerimonia di nozze.
“Per l’Italia un unicum-anticipa all’ANSA Massimo Osanna, direttore uscente del Parco Archeologico e responsabile scientifico dello scavo – una scoperta di grandissima importanza per l’avanzamento della conoscenza del mondo antico”.
Applaude il ministro della cultura Dario Franceschini, che parla di una scoperta di “Una scoperta di grande valore scientifico”.
Potrebbe trattarsi, spiega Osanna, di un Pilentum, ovvero quello che le fonti antiche descrivono come un carro cerimoniale, un veicolo usato solo dalle èlites e soltanto in contesti cerimoniali.
“Uno così in Italia non si era mai visto. Il confronto si può fare unicamente con una serie di carri ritrovati quindici anni fa in una tomba della Tracia, nella Grecia settentrionale al confine con la Bulgaria”, dice Osanna.
Uno in particolare di questi carri traci, precisa, “assomiglia molto al nostro, ma non è decorato”. I pilenta, citati da Claudiano e altri, potevano appunto essere dipinti in azzurro o in rosso, come nel caso del reperto pompeiano. Riservati alle classi più abbienti, servivano per i culti religiosi, ma erano un po’ come un’automobile di alta rappresentanza.
Il ritrovamento di questi giorni riapre quindi il mistero sui proprietari di questa grande villa costruita alle porte della città antica che oggi si sta riportando alla luce anche per fermare lo scempio dei tombaroli, che negli anni passati attorno a queste stanze hanno scavato cunicoli e cunicoli depredando e distruggendo.
E che finalmente sono sotto processo, seppure ancora a piede libero (La casa di uno degli accusati si trova proprio sul terreno nel quale si sta scavando) grazie alle indagini ancora in corso da parte della Procura di Torre Annunziata, guidata da Nunzio Fragliasso.
“Una villa molto grande e particolarmente preziosa per le indagini storiche, perchè a differenza di tante altre che erano state svuotate dalle ristrutturazioni seguite al terremoto del 62 d. C., nei giorni dell’eruzione era ancora abitata”, ricorda Osanna.
Si tratta, per intenderci, della stessa dimora nella quale qualche mese fa sono stati ritrovati i resti di due uomini, forse un signore con il suo schiavo, che gli archeologi del Parco hanno ricostruito con la tecnica dei calchi.
E proprio qui, in una stalla a pochi passi dal portico che alloggiava il carro, sono venuti alla luce nel 2018 i resti di tre cavalli, uno dei quali sontuosamente bardato, pronto, sembrava, per mettersi in cammino. Senza parlare dell’affresco con graffito il nome della piccola Mummia, forse una bimba di casa, emerso su un altro muro, sempre a poca distanza.
Il ritrovamento del carro appare quindi come una nuova, preziosa tessera nel complicato puzzle di questa storia. Tanto più che non doveva essere nemmeno l’unico, perchè nel processo attualmente in corso un testimone ha menzionato la presenza di un altro carro anche questo con ricche decorazioni, finito purtroppo nelle mani dei predoni e poi sparito.
(da “La Repubblica”)
argomento: arte | Commenta »
Gennaio 1st, 2021 Riccardo Fucile
MIGLIAIA DI APPLAUSI DI SPETTATORI COLLEGATI SUL WEB, IN ASSENZA DEL PUBBLICO IN SALA… MUTI: “DALLA MUSICA E DALLA CULTURA UN MESSAGGIO DI SPERANZA”
Un caloroso e gioso applauso virtuale ha accolto il tradizionale Concerto di Capodanno diretto da Riccardo Muti, per la prima volta eseguito davanti alla platea vuota del Musikverein di Vienna.
Niente pubblico ma una ripresa in mondovisione che ha permesso a oltre cento Paesi di seguirlo in diretta (in Italia poi trasmesso in differita alle 13.30 su Rai 2 e in replica alle 21.15 su Rai 5).
Alla fine delle due parti del concerto settemila spettatori collegati online da tutto il mondo hanno battuto le mani al maestro che ha affrontato il tradizionale e festoso appuntamento con i Wiener Philharmoniker per la sesta volta nella sua carriera.
“Non possiamo abolire la cultura, la musica, il teatro, anche in una situazione estrema come questa” ha sottolineato Muti, che il prossimo 28 luglio compirà 80 anni.
Il concerto di Capodanno è una tradizione, ha detto Muti in un breve discorso in inglese prima del finale, “suoniamo per milioni di persone in più di 90 Paesi ma per noi è strano eseguire il concerto in questa sala vuota. Abbiamo avuto tutti un anno difficile, un annus horribilis come si è detto, però siamo ancora qui e crediamo nel messaggio della musica” ha proseguito il Maestro.
“I musicisti hanno fiori nelle loro armi e noi vogliamo portare gioia, pace, solidarietà , fratellanza”. Dopo aver ribadito l’importanza della cultura per aiutare e rendere migliore la società , Muti ha annunciato il valzer Sul bel Danubio blu: “Spero che sulle note di questa fantastica musica la gioia possa sorridere, la vita possa essere piena di speranza per un anno nuovo” ha concluso augurando buon anno insieme all’orchestra.
Per l’occasione, oltre ai valzer e alle polke della famiglia Strauss, Muti ha proposto anche pagine di Carl Zeller e Carl Millà¶cker, mai suonate prima a un concerto di Capodanno. Uno spettacolo che è ormai una tradizione il primo gennaio in cui l’esecuzione dell’orchestra è alternata a immagini di Vienna e a balletti che, come è stato precisato, sono stati registrati dal regista Henning Kasten lo scorso luglio.
(da agenzie)
argomento: arte | Commenta »
Dicembre 31st, 2020 Riccardo Fucile
UN GRANDE MAESTRO CHE ONORA L’ITALIA NEL MONDO: “NON POSSIAMO ABOLIRE LA CULTURA, LA MUSICA, IL TEATRO”
Riccardo Muti dirigerà il Concerto di Capodanno 2021 per la sesta volta nella sua lunga e prestigiosa carriera.
Di certo la guida della Filarmonica di Vienna stavolta si svolgerà nel più speciale dei contesti a causa della pandemia e delle misure di contenimento: per la prima volta nella sua storia, infatti, il Concerto di Capodanno si terrà senza il pubblico seduto nella Sala d’Oro del Musikverein, anche se sarà seguito in oltre centro Paesi, ripreso in mondovisione dalla Orf, la radiotelevisione nazionale austriaca.
Tuttavia per il maestro italiano tornare sul podio in un momento come questo è ancor più importante: “Non possiamo abolire la cultura, la musica, il teatro. Anche in una situazione estrema come questa” ha dichiarato alla conferenza stampa di presentazione del Concerto, così come riportato da Ansa.
“Di certo — ha proseguito il maestro — quando abbiamo programmato il concerto, nessuno di noi avrebbe mai pensato di trovarsi in questa situazione. È così strano. Persino in hotel, qui a Vienna, non c’è nessuno. Anche girando per le strade della città sembra di essere in un film dell’orrore. Concerto sì, concerto no: alla fine ci siamo detti che non possiamo abolire tutto. Suoneremo non solo per regalare bella musica al pubblico, ma per dare un messaggio di speranza e pace a tutti. Non cominciare l’anno con il tradizionale concerto sarebbe stato il peggior segnale per l’intero mondo. Invece abbiamo un gran bisogno di speranza”.
Vista l’assenza di pubblico a causa delle restrizioni per il contenimento del Coronavirus, l’organizzazione del tradizionale Concerto di Capodanno a Vienna ha escogitato un modo per consentire l’applauso del pubblico ai musicisti in sala: ci si potrà collegare alla diretta streaming e tramite l’impianto audio applaudire l’esibizione dei Wiener Philharmoniker.
Prodotto in alta definizione e Dolby Digital 5.1, il Concerto sarà ripreso con 14 singoli microfoni e 40 telecamere. Assente il pubblico in sala, per “esserci” comunque sul sito www.mynewyearsconcert.com si possono però caricare in anticipo i propri applausi e anche immagini di sè all’ascolto che verranno utilizzate durante le riprese.
(da Fanpage)
argomento: arte | Commenta »
Dicembre 29th, 2020 Riccardo Fucile
FIGLIO DI ITALIANI EMIGRATI IN FRANCIA PER SFUGGIRE ALLA MISERIA, E’ STATO UNO DEI GRANDI DEL NOVECENTO … SI E’ SPENTO ALL’ETA DI 98 ANNI
Addio a Pierre Cardin. Lo stilista nato in Veneto, ma cresciuto in Francia, si è spento oggi 29 dicembre a Neuilly-sur-Seine, all’età di 98 anni.
Cardin è stato uno tra i più importanti couturier della seconda metà del Novecento, uno stilista visionario e pioniere del pràªt-à -porter.
La miseria spinse i suoi genitori a trasferirsi in Francia nel 1924.
A 14 anni, nel 1936, il giovane Pierre, il cui nome italiano, Pietro, era stato francesizzato, cominciò l’apprendistato da un sarto a Saint- à‰tienne.
Nel 1945 giunse a Parigi lavorando prima da Jeanne Paquin e poi da Elsa Schiaparelli. Primo sarto della maison Christian Dior durante la sua apertura nel 1947, fu partecipe del successo del maestro che inventò il New Look.
Fondò la sua casa di moda nel 1950
Nel 1950 fondò la sua casa di moda. Cardin divenne celebre per il suo stile futurista, ispirato alle prime imprese dell’uomo nello spazio. Preferiva tagli geometrici spesso ignorando le forme femminili. Amava lo stile unisex e la sperimentazione di linee nuove. Nel 1954 introdusse il bubble dress, l’abito a bolle.
Nel ’59 fu il primo stilista ad aprire in Giappone un negozio d’alta moda. Le sue collezioni dal 1971 sono state mostrate nella sua sede, l’Espace Cardin, a Parigi, prima di allora nel Teatro degli Ambasciatori, vicino all’Ambasciata americana, uno spazio che il couturier ha utilizzato anche per promuovere nuovi talenti artistici, come teatranti o musicisti.
I soggiorni a Venezia
Cardin ritrovò le sue radici italiane con l’acquisto del palazzo Ca’ Bragadin a Venezia dove risiedeva durante i suoi frequenti soggiorni nella città lagunare. Negli anni ’80 acquistò il Palais Bulles, progettato dall’eccentrico architetto Lovag Antti. Tutto, dal pavimento al soffitto, era riempito da forme sferiche.
Con il suo teatro da 500 posti a sedere, le piscine con vista sul Mar Mediterraneo era luogo di feste ed eventi. L’interno era arredato con pezzi di design, le Sculptures utilitaires disegnate dallo stesso Cardin, che dal 1977 ha dato vita ad una collezione di mobili eleganti dalle forme sinuose.
Nel golfo di Cannes, a Thèoule-sur-Mer, a sud della Francia, quest’opera architettonica nell’88 è stata designata dal Ministero della Cultura quale monumento storico.
(da “La Repubblica”)
argomento: arte | Commenta »
Dicembre 26th, 2020 Riccardo Fucile
VI SONO INSEGNE, AFFRESCHI E RESTI DI ALIMENTI NELLE ANFORE: SI TRATTA DI UNA BOTTEGA IN CUI VENIVANO VENDUTI CIBI PRONTI DA CONSUMARE AL MOMENTO
Una nuova, straordinaria scoperta affiora dagli scavi di Pompei: questa volta è tornato alla luce un termopolio, un luogo dove era possibile acquistare cibi pronti e bevande da consumare nell’immediato. Insomma, quello che oggi chiameremmo un locale da street food.
È stato trovato nei nuovi scavi, ripresi all’interno del progetto di manutenzione e restauro della Regio V, ed è in uno stato di conservazione ottimale: sono ancora ben visibili i disegni sulle pareti, tra cui un gallo e un cane al guinzaglio, con colori tanto accesi da sembrare tridimensionali. Il thermopolium, parola che deriva dal greco e che unisce i termini “caldo” e “vendere”, era solitamente costituito da un grosso bancone in cui erano incassate anfore di terracotta che contenevano vivande; era molto diffuso in tutta Roma, solo a Pompei se ne contano un’ottantina ritrovati anche se nessuno è in condizioni paragonabili a quello del nuovo scavo: sul bancone sono presenti le immagini di una Nereide a cavallo in ambiente marino e, sul lato più corto, una illustrazione che probabilmente faceva da insegna
Nella bottega resti del cibo degli antichi pompeiani
L’impianto commerciale del ritrovamento è oggetto di scavi soltanto a partire dal 2019, il termopolio si trova nello slargo all’incrocio tra il vicolo delle Nozze d’argento e il vicolo dei Balconi. Nella piazzetta antistante erano già emerse una cisterna, una fontana e una torre piezometrica per la distribuzione dell’acqua, che si trovano vicine alla bottega dove è stato rinvenuto l’affresco dei gladiatori in combattimento. Nel termopolio sono state trovate nove anfore, una patera di bronzo, due fiasche, un’olla di ceramica comune da mensa. Trovati anche i resti di alcuni cibi nei “dolia”, ovvero i contenitori di terracotta; da quelli i ricercatori potrebbero scoprire nuovi particolari sull’alimentazione dei pompeiani e degli antichi romani.
Nei contenitori sono stati rinvenuti frammenti ossei, probabilmente degli stessi animali che erano stati raffigurati nella bottega e che rappresentavano quelli macellati e venduti, come le due anatre esposte a testa in giù. Il pavimento della bottega è di cocciopesto, un rivestimento impermeabile composto da frammenti di terracotta, in alcuni punti ci sono dei frammenti di marmi policromi come alabastro, portasanta, breccia verde e bardiglio
Trovate osse umane e i resti di scavi illegali
Nello scavo sono state rinvenute anche delle ossa umane, parzialmente danneggiate dai cunicoli scavati dai ladri di reperti alla ricerca di oggetti preziosi. Alcune sono di un individuo di circa 50 anni che verosimilmente si trovava su un letto nel retro del locale al momento dell’arrivo della corrente piroclastica e potrebbe essere stato schiacciato dal crollo del solaio. Altre ossa sono state trovate all’interno di un grosso dolio e un piede umano era vicino al bancone. Le ossa nel vaso potrebbero essere state nascoste da antichi scavatori, che avevano scavato un cunicolo a ridosso di questo edificio forse addirittura nel XVII secolo. Al progetto di recupero hanno lavorato in equipe esperti di archeobotanica e archeozoologi, geologi, vulcanologi e antropologi.
Osanna: “Dalla scoperta del termopolio dati inediti”
“Oltre a trattarsi di un’ulteriore testimonianza della vita quotidiana a Pompei — spiega Massimo Osanna, direttore generale ad interim del Parco Archeologico di Pompei — le possibilità di analisi di questo termopolio sono eccezionali, perchè per la prima volta si è scavato un itero ambiente con metodologie e tecnologie all’avanguardia che stanno restituendo dati inediti”. “Con un lavoro di squadra, che ha richiesto norme legislative e qualità delle persone — aggiunge Dario Franceschini, ministro per i Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo — oggi Pompei è indicata nel mondo come un esempio di tutela e gestione, tornando a essere uno dei luoghi più visitati al mondo in cui si fa ricerca, si continua a scavare e si fanno scoperte straordinarie come questa”. A novembre erano stati trovati i resti di due corpi, attraverso la tecnica dei calchi.
(da Fanpage)
argomento: arte | Commenta »
Dicembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
DICEVI: “PUO’ COLPIRTI LA SFORTUNA, SCONVOLGERTI L’INGIUSTIZIA. MA TU NON MOLLARE MAI. FORZA E CORAGGIO CHE I SOGNI A VOLTE SI AVVERANO”
Non posso crederci, Pablito. Campione lucente, amico caro. Non posso crederci. È così forte il dolore, già così struggente la nostalgia. Arrivano i ricordi, come un vento senza fine. Ti ricordo al Vicenza, già campione. Eri l’asso, fin da quel tempo, del sorriso: in ogni occasione, per gentilezza, per allontanare la malinconia. Eri un centravanti leggero, ma in area di rigore ti trasformarvi in un gigante: ogni spiraglio era tuo, possedevi l’istinto della rete, sapevi trovarti sempre al posto giusto nel momento giusto. Un attaccante imprendibile e imprevedibile.
Ti ritrovo, soprattutto, con la Nazionale. In quel delirio, in quella allegria, in quella utopia realizzata del Mundial di Spagna del 1982. Prima le fatiche di Vigo, i tre pareggi con Polonia, Perù e Camerun. Le polemiche, il silenzio stampa, voi tutti raccolti intorno a Enzo Bearzot, il grande Vecio. L’allenatore che aveva sempre creduto in te, fin dall’Argentina del ’78, dove diventasti Pablito; che ti aveva convocato per l’avventura spagnola anche se avevi appena scontato una ingiusta squalifica per il calcio scommesse. Tre partite con la Juve bastarono a Bearzot per chiamarti, per preferirti al posto di Pruzzo. E ti difese anche dopo quel primo girone, nessun gol, molti critici che ti volevano fuori squadra. Ma Bearzot era irremovibile. Aveva fiducia in te ed era pronto a combattere contro tutto e tutti, da nobile Don Chisciotte. Andate, voi azzurri, a Barcellona contro Argentina e Brasile. Scrivevano, in tanti, in troppi, della cronaca di una eliminazione annunciata. Ma voi vincete contro Maradona e compagni. Ancora non segni. Perchè non mettere Altobelli?, suggeriscono al Vecio. Ma il Vecio sapeva di te, della tua forza interiore, ti conosceva nell’anima e ti voleva bene come a un figlio.
E contro il Brasile, quel grande Brasile, rinasci, ritorni a essere Pablito. Firmi una tripletta, il tuo sorriso torna a colorare il tuo cuore e le prime pagine. Due reti alla Polonia in semifinale, poi l’apoteosi del “Santiago Bernabeu”, il 3-1 alla Germania Ovest, davanti al presidente Sandro Pertini felice, in tribuna d’onore, come un bimbo. Il primo gol è tuo, d’anticipo ovviamente.
Sei il capocannoniere della manifestazione, conquisti il Pallone d’Oro, diventi l’uomo più popolare dell’universo. Tutti noi diventiamo, in ogni anfratto, in ogni paese o contrada, “paolorossi”, così, tutto attaccato. Il simbolo di un’Italia bella, di un’Italia capace di compiere qualsiasi impresa. Possibile e impossibile.
E, al massimo della gloria, sei sempre rimasto tu, con i tuoi modi garbati. Il ragazzo Pablito. Ho tra le mani la tua autobiografia, che hai scritto con tua moglie Federica Cappelletti, eccellente giornalista, “Quanto dura un attimo” e leggo la tua frase in quarta di copertina: “Può colpirti la sfortuna, sconvolgerti l’ingiustizia. Ma tu non mollare mai. Forza e coraggio, chè i sogni a volte si avverano”.
E tu sei riuscito a realizzare tutti i tuoi sogni, senza mai arroganza, senza mai presunzione.
Siamo diventati amici e ti divertivi a salutarmi, a ogni nostro incontro, facendo tre con le dita. Come i gol rifilati al mio amato Brasile. E mi confidavi che quella partita ti aveva ridato una vita, una seconda data di nascita, avevi in quel giorno di luglio, cancellato i fantasmi, le lunghe ombre, i tormenti.
Continua a essere un anno terribile, se ne stanno andando i miti. E tu sei stato un mito che non ha mai perso l’umiltà , il senso reale delle cose, sei rimasto il ragazzino di Prato che giocava, giocava e ancora giocava, sperando di arrivare in serie A.
Ti rivedo nella tua esultanza tipica: con le braccia alzate, il sorriso come un raggio di sole. Addio Pablito caro, ti piango come un fratello.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: arte | Commenta »
Dicembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
L’EROE DEL MUNDIAL 1982 SE NE VA A 64 ANNI PER UN MALE INCURABILE
Addio ad un altro pezzo della storia del calcio. A pochi giorni dalla scomparsa di Diego Armando Maradona, arriva nella notte la notizia della morte di Paolo Rossi, il bomber per antonomasia, l’eroe gentile e timido dell’Italia che, nel 1982, fece esplodere le piazze vincendo in Spagna il suo terzo Mondiale.
Nato a Prato il 23 settembre 1956, Rossi, stroncato a 64 anni da un male incurabile, si fece conoscere al grande pubblico con il Vicenza di Fabbri, si consacrò nel Perugia del primo sponsor sulle maglie e divenne ‘Pablito’ nell’estate del 1982, due anni dopo il suo passaggio alla Juventus.
Non fu facile per la punta toscana tornare a calcare i campi, dopo aver perso l’Europeo casalingo del 1980 per una squalifica di due anni a causa di una presunta combine di Avellino-Perugia, match in cui peraltro segnò una doppietta.
Rossi tornò giusto in tempo per togliere il posto al romanista Roberto Pruzzo, che finì la stagione da capocannoniere, e per prendere per mano la Nazionale di Enzo Bearzot ai Mondiali di ‘Spagna 1982’.
Dopo una prima fase non certo esaltante, Rossi si trasformò come per magia in Pablito, realizzando tre reti al Brasile dei fenomeni Zico e Falcao, due in semifinale alla Polonia di Boniek e uno, il primo, nel match per il titolo al ‘Santiago Bernabeu’ di Madrid con la Germania Ovest di Rummenigge, vinto dagli azzurri per 3-1 sotto gli occhi felici del presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Una cavalcata incredibile per un attaccante definito ‘di rapina’ per un fiuto del gol che nel tempo ha avuto pochissimi rivali.
Insieme a Roberto Baggio e Christian Vieri, Rossi detiene ancora il record italiano di marcature in una rassegna iridata a quota 6 gol, ed è stato il primo giocatore (eguagliato dal solo Ronaldo, quello verdeoro) ad aver vinto nello stesso anno il Mondiale, assieme al titolo di capocannoniere, e il Pallone d’oro.
Rossi fa incetta di trofei anche in maglia bianconera, mettendo in bacheca due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Uefa e, dulcis in fundo, la Coppa dei Campioni 1984-1985.
Successivamente passò al Milan e al Verona, dove a 31 anni, e dopo una lunga serie di infortuni e problemi alle ginocchia, diede addio alla carriera agonistica.
Rossi occupa la 42esima posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del ventesimo secolo pubblicata dalla rivista World Soccer e nel 2004 è stato inserito nel Fifa 100, una lista dei 125 più grandi giocatori viventi, selezionata da Pelè e dalla Fifa in occasione del centenario della federazione.
Pablito però non è stato solo un grande campione. Come cantante, ha realizzato nel 1980 un 45 giri dal titolo “Domenica, alle tre” il cui testo tratta il tema del rapporto tra i calciatori e le proprie compagne.
Nel 1999 è stato candidato alle elezioni europee per Alleanza Nazionale, nella circoscrizione Nord-Est e nel 2000 alla presidenza della Lega Pallavolo Serie A femminile, senza tuttavia essere eletto.
In televisione è stato opinionista sempre misurato e competente per varie emittenti quali Sky Sport, Premium Sport e Rai.
Nel 2011 ha partecipato a “Ballando con le stelle” come concorrente. A Vicenza gestiva un’agenzia immobiliare insieme all’ex compagno di squadra Giancarlo Salvi e possedeva inoltre un complesso agrituristico a Bucine.
Lascia la moglie Federica Cappelletti, sposata in seconde nozze nel 2010, e tre figli: Sofia Elena, Maria Vittoria e Alessandro. E un vuoto incolmabile in chi l’ha conosciuto o solo visto in tv andare all’assalto del mondo.
(da agenzie)
argomento: arte | Commenta »
Dicembre 5th, 2020 Riccardo Fucile
BOOM DI ACCESSI SUL SOCIAL NETWORK PER L’APERTURA DELLA STAGIONE DEL TEATRO
Oltre 30mila accessi, quasi 20mila commenti per lo streaming della Cavalleria Rusticana all stars, ancora a disposizione sulla pagina Facebook del Teatro San Carlo di Napoli fino al 7 dicembre.
Poi sarà on demand sul sito per altri sette giorni, prima di accedere alla piattaforma Deutsche Grammophon.
Numeri importanti, raddoppiabili per le statistiche che danno per scontato che ogni accesso abbia comportato una coppia di spettatori. Il contributo simbolico richiesto per l’accesso (1,09euro) non autorizza euforie sul futuro esito economico dello streaming operistico come affiancamento finanziario per le casse dei teatri, sempre più in angoscia per le prospettive della stagione 2021, a cominciare dalle incertezze sulla riapertura delle attività col pubblico. Ma il dato rimane.
Ancora più se lo si accosta a quello del Donizetti Opera Festival (oltre 2000 abbonati alla WebTv: il costo corrispondeva all’incirca a un biglietto in teatro) e ai 70mila che qualche giorno fa hanno visto su Rai5 la differita di Otello dal Teatro del Maggio di Firenze
La trasmissione video del San Carlo, non in diretta (l’esecuzione, in forma di concerto, era stata registrata il giorno prima), e con qualche problema di connessione alla prima emissione che pare del tutto risolto, aveva dalla sua una qualità artistica speciale.
Merito maggiore per la lettura del direttore musicale Juraj Valcuha che dirige solo la musica di Cavalleria rusticana; non riassume o emenda la cattiva tradizione esecutiva di cui è vittima.
Tempi snelli anche nelle oleografiche e popolaresche scene collettive, sonorità nette ma non grossolane, eleganti sottolineature delle nervature ritmiche non dozzinali che la intessono ma nessuna avarizia nell’abbandonarsi all’invenzione melodica incessante e tuttora seducente.
Questo Mascagni riletto con la sensibilità degna degli autori e delle taglienti sonorità teatrali slave di cui il maestro è prezioso interprete, è riuscita a non far sentire volgare, ma solo elettrizzante, perfino la “stretta” del duetto Alfio/Santuzza.
Di certo, il formidabile quintetto di voci (inclusa l’impressionante fenomeno-Elena Zilio, classe 1941, pochi giorni fa Berta nel Barbiere di Siviglia in streaming da Pesaro) s’è allineata all’impostazione direttoriale.
Favorendo questa lettura in cui le parole non contano in base al volume della voce ma al modo di scolpirle, e di cui s’è dimostrato un campione Jonas Kaufmann. Già con quella giacca e panciotto lustrinati era difficile immaginarlo in coppola, ma poi era la linea di canto a ribadire l’intelligenza di un interprete che anche quando canta preferisce prendersi dei rischi pur di rimanere nel personaggio. Che, difatti, è parso straordinario.
Statuaria e bellissima, già a vederla, Elina Garanca era la Santuzza ideale per questa rivisitazione quasi neoclassica del dramma siciliano, cui ha prestato un’esecuzione vocale fiera, appassionata ma lividamente orgogliosa.
Claudio Sgura e Maria Agresta si sono inseriti benissimo in questa dimensione tagliente e senza aloni veristici, dove già s’era ben collocata la prestazione del coro nonostante la grande distanza, in fondo al palco, rendesse laboriosi alcuni “assieme” con i solisti in primo piano.
Anche sul piccolo schermo ha colpito la qualità audio e video complessiva. Riprese in 4k, molte telecamere impegnate e variamente disposte (team regia di Maria Antonietta Pierozzi e Arianna Ramaglia), a alternare piani di profondità e taglio diversi.
Tant’è che la disposizione tradizionale da concerto, già individualmente “mossa” da gesti delle mani e del corpo soprattutto dai protagonisti, non è stata un ostacolo a un racconto (tele)visivo scorrevole e non ripetitivo.
Ovviamente, protagonisti aggiunti le curve, le ombre, i segreti dei palchi (alcuni provvisoriamente abitati da costumi storici ma anche usati come set per brevi inserzioni di scene-riassunti dell’opera senza parole affidati agli stessi protagonisti) e la maestà unica del San Carlo che dilaga fin dalla prima inquadratura.
(da agenzie)
argomento: arte | Commenta »
Novembre 28th, 2020 Riccardo Fucile
UN VIDEO DI PRISENCOLINENSINIAINCIUSOL A MILLELUCI POSTATO DA UNO SCOZZESE CONQUISTA GLI UTENTI
Un post pubblicato da una ‘navigatrice’ scozzese è diventato virale sul social network con quasi 4 milioni di visualizzazioni, 41 mila retweet e circa 145 mila cuoricini, decine di migliaia di commenti da tutto il mondo.
Ci sono anche quelli dello scrittore Neil Gaiman, il regista Edgar Wright, la webstar statunitense Casey Neistat, il rapper britannico Akala, l’attrice Barbara Hershey, ma anche imprenditori della Silicon Valley come Paul Graham e Mark Frost che definisce Celentano “un genio”.
“Il cantante italiano Adriano Celentano ha pubblicato una canzone con un testo nonsense che doveva sembrare inglese/americano forse per provare che agli italiani potesse piacere qualunque canzone inglese – scrive, in inglese, l’autrice del primo post ‘Harry’, Harriet Mould condividendo anche il video – è diventata una hit dando vita a questo: Il più bel video che abbia mai visto”.
E così il Molleggiato non deve questo ennesimo momento di gloria al suo ultimo pezzo e nemmeno a qualche sua forte esternazione simile a quella in cui in Rai, nel 2005, divise il mondo in rock (fantasia e freschezza) e lento (grigiore e noia), non mancando nemmeno di fare nomi e cognomi.
Lo deve invece alla sua interpretazione di Prisencolinensinainciusol duettata con Raffaella Carrà accompagnata dal suo balletto durante uno delle trasmissioni cult della televisione italiana ancora unica padrona dell’etere.
Era la primavera del 1974 e la trasmissione Milleluci diretta da Antonello Falqui e condotta da Mina e da Raffaella Carrà , trasmessa il sabato alle 20.40 sul Programma Nazionale.
Prisencolinensinainciusol è probabilmente uno dei brani più bizzarri e avanguardisti nella storia del Pop (inteso come musica popolare a beneficio del grande pubblico) italiano e non solo. Celentano la compose ed incise nel 1972 originariamente come facciata B del brano Disc Jockey a cui stava lavorando, poi diventato il retro del 45 giri stesso che uscì il 3 novembre.
Il brano, più che cantato è recitato/declamato stile rap, in una specie di grammelot, un inglese maccheronico in cui le parole non hanno alcun significato compiuto a parte il ricorrente “all right” e si basa su una ritmica ossessiva quasi funk.
Celentano non mancò, come era solito fare, di assegnare al pezzo significati anti convenzionali, mentre sul retro del 45 compariva la scritta “Questa canzone è cantata in una lingua nuova che nessuno capirà ; avrà un solo significato: amore universale”
(da Globalist)
argomento: arte | Commenta »