Agosto 7th, 2014 Riccardo Fucile
GLI 80 EURO? ECCO L’ITALIA REALE: ALIMENTARI
Le vetrine sono tappezzate di cartelli con la scritta “in offerta”. 
È un pomeriggio di agosto e dentro le corsie sono quasi deserte. “Da un anno abbiamo deciso di fare gli sconti ogni due settimane su una quindicina di prodotti freschi, come salumi, frutta e verdura” racconta la responsabile marketing di Alta, supermercato a conduzione familiare in piazza Clemente XI, zona Battistini, capolinea della metro rossa di Roma est, un quartiere di case popolari.
“Io gli 80 euro li ho usati per pagare la bolletta della luce, mica per comprare più carne o pesce”, lo dice una cliente di 25 anni.
Percezione e realtà non si confondono. “I saldi non decollano, nessun beneficio dagli 80 euro” dichiara coi dati alla mano Mario Resca, presidente di Confimprese -. Dopo aver soddisfatto i bisogni essenziali, il 42 per cento degli italiani pensa a risparmiare”.
L’ultimo rapporto Istat sul commercio al dettaglio di fine luglio non lascia scampo: le vendite di prodotti alimentari sono precipitati dell’1,2 per cento in un mese, da aprile a maggio.
Rispetto allo stesso periodo di un anno fa, invece, sono calati dello 0,5 per cento.
A pagarne di più le conseguenze sono le imprese fino a cinque addetti (meno 1,8 per cento rispetto a maggio 2013) e in quelle da sei a 49 impiegati (meno 0,8 per cento).
Il volume di affari della grande distribuzione (almeno 50 addetti), invece, ha registrato una lievissima crescita, dello 0,4 per cento.
Che riempire il carrello nelle catene di marca sia un’abitudine passata per molti italiani sono sempre i numeri a denunciarlo.
Le vendite di ipermercati e supermercati infatti è scesa rispettivamente dell’1,1 e 0,9 per cento. La parte del leone la fanno i discount: più 2,4 per cento in 12 mesi.
Nel quartiere Battistini, oltre al piccolo supermercato, spuntano vicini due discount separati da duecento metri di asfalto.
“Occasione da prendere al volo”: scritta rossa su sfondo giallo appesa all’entrata di un Todis, stessa zona della Capitale.
“Cotolette agli spinaci a 3,49 euro al chilogrammo”, “Hamburger di pollo a 1,30 euro per confezione”: se la carne è in promozione, la gente la compra e la mangia.
“Ci sono più clienti dell’anno scorso – dice la cassiera- solo perchè alcuni hanno deciso di passare le ferie a casa”.
Chi fa spesa qui sono soprattutto le famiglie giovani, età media 40 anni.
Una signora davanti alla cassa tira fuori i contanti per tre barattoli di fagioli: “Ottanta euro in più meglio averli che non averli, anche se non mi cambiano la vita. Li ho usati per per comprare un gioco a mio figlio, vanno accontentati pure loro ogni tanto”.
Facendo una breve salita c’è l’In’s, l’altro discount. “Il nostro target sono gli anziani e gli stranieri – dice il commesso -. In promozione ci sono soprattutto i cibi in scatola”.
Poi si riprende la metro e dopo quattro fermate, in cinque minuti di tempo, si arriva nel quartiere Prati. Studi di avvocati, la Corte di Cassazione vicina, uffici, negozi, vip e turisti per strada.
In piazza Cola di Rienzo, c’è un supermercato Simply, tutta un’altra storia.
“Qui non è cambiato niente, 80 euro in più o in meno nel portafogli non contano. Qui c’è sempre gente, è una zona benestante” commenta il direttore.
Basta imboccare la via perpendicolare e al Despar tra i portoni dei palazzi i dati peggiorano.
“A luglio – taglia corto il capo, che preferisce parlare con una sigaretta accesa fuori – abbiamo venduto il due per cento in meno rispetto allo stesso mese di un anno fa”.
Chiara Daina
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 28th, 2013 Riccardo Fucile
PREVISTI RINCARI ANCHE PER TRASPORTI E PEDAGGI… INCOGNITA SUI CONSUMI DI ACQUA
Dal primo gennaio sarà più caro anche spedire una lettera e una raccomandata.
Perfino consumare un caffè o una bibita alla macchinetta. E anche su benzina e gasolio tira una brutta aria: in questi giorni di festa i distributori hanno fatto registrare forti rincari in mancanza come al solito di concorrenza ed efficienza di sistema.
Poi ci sono i trasporti locali che in molte Regioni – come il Piemonte – dal 15 dicembre hanno messo a segno aumenti medi del 20% colpendo soprattutto i pendolari.
Senza contare che i pedaggi autostradali regionali – dopo che in aprile scorso la rete nazionale ha portato a casa un adeguamento medio del 3% circa – stanno cercando di recuperare: dal primo di gennaio, per esempio, salirà del 12,91% il pedaggio delle Autovie venete.
Ma la parte del leone in questa corsa ai rincari verrà ricoperta dalla nuova versione della Tares, l’imposta locale sui rifiuti che verrà pagata dagli inquilini, per la quale secondo i calcoli di Confesercenti aumenterà fino al 60% rispetto a quanto pagato l’anno scorso.
Per non dire del nuovo calcolo sul consumo dell’acqua disposto in questi giorni dal Garante che partirà da gennaio e sapremo presto se sarà vantaggioso per il consumatore o no. Si accettano scommesse.
L’aumento di lettere e raccomandate sarà salato anche se potrà non scattare subito ma entro due anni.
A deciderlo saranno Le Poste. Il costo per spedire una lettera potrà salire dagli attuali 70 centesimi sino a 95 centesimi e le raccomandate da 3,60 a 5,40 euro.
Il via libera a questi vistosi rincari è arrivato dall’Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni (Agcom).
Un complesso provvedimento su questo argomento è stato pubblicato sul sito dell’Agcom e stabilisce appunto che «Poste Italiane ha facoltà di incrementare il prezzo delle posta prioritaria relativa alla prima fascia di peso (0-20 grammi), fino a 0,95 euro/invio, entro il 2016».
Rincari in vista per caffè, bibite e snack acquistati nei distributori automatici anche nelle scuole e negli ospedali.
Dal 1° gennaio sarà possibile aumentare il prezzo di circa il 6%, adeguandolo all’aumento Iva dal 4 al 10%, anche per le «macchinette» collocate in edifici pubblici per i quali erano stati stipulati i contratti prima dell’aggravio fiscale.
Lo ha annunciato ieri la Confida-Confcommercio commentando un emendamento alla legge di Stabilità .
Brutte notizie sul fronte dei carburanti. Il Codacons ha già chiesto al governo provvedimenti per evitare un’onda di rincari proprio quando «gli automobilisti italiani sono in movimento per le festività ».
Benzina e gasolio hanno fatto registrare in questi giorni forti rincari, raggiungendo una media di 1,796 euro al litro la verde (e punte di 1,830 euro/litro) e 1,726 euro al litro il diesel.
Novità tariffarie in arrivo dal prossimo anno anche nel settore energetico esclusivamente per i cittadini che hanno deciso di scaldare la propria abitazione utilizzando le pompe di calore.
Questa tariffa che riguarda quindi i consumi, non sarà più legata al volume dell’energia elettrica utilizzata e più aderente agli effettivi costi dei servizi di rete: il trasporto, la distribuzione e la gestione del contatore.
Lo ha deciso l’Autorità per l’energia approvando l’introduzione della cosiddetta tariffa «D1». Le associazioni dei consumatori sono preoccupate.
Nonostante il probabile ribasso sulle bollette elettriche e del gas, il panorama sembra fuori controllo e arriva in un momento di crollo dei consumi e di bassa inflazione. Con alle spalle forti aumenti: in meno di due anni – ricorda uno studio Confesercenti -, dal 2011 a ottobre 2013, le tariffe sui servizi pubblici locali sono cresciute in media del 19.2%, quasi il triplo del +7,3% registrato dai prezzi al consumo nello stesso periodo, comportando un aggravio medio di 312 euro a famiglia.
(da “Corriere della Sera“)
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Settembre 13th, 2013 Riccardo Fucile
CONFCOMMERCIO: LE SPESE OBBLIGATE SONO PIU’ CHE RADDOPPIATE DAL 1992
La ripresa sta arrivando, ma i redditi non se ne sono accorti, anzi, stanno fermi al 1986. 
Ventisette anni fa le entrate disponibili pro capite erano pari a 17.200 euro, ora, nel 2013, sono più alte per soli 100 euro.
Nel quarto di secolo abbondante che separa le due ere (il 1986 è stato l’anno del disastro nucleare di Chernobyl) si è però impennato il fisco e le spese obbligate – dalla casa, alla sanità e alla salute – si sono messe a correre.
Oggi assorbono il 46 per cento dei consumi familiari, 6.500 euro l’anno circa, solo una ventina di anni fa, nel 1992 si accontentavano del 32,3 per cento, fermandosi a quota 2.700 euro.
Tutto gli altri consumi, quindi, sono stretti in una morsa e la ripresa – conclude Confcommercio dopo aver elaborato dati e confronti – «al momento è solo un dato statistico»
L’analisi elaborata dal Centro studi elenca le voci dolenti dei bilanci familiari: il 58 per cento del budget se ne va per mantenere la casa, e un altro 25 per cento va a coprire i trasporti.
Il 7 assorbe le spese sanitarie, il 10 per cento i servizi finanziari e la protezione sociale.
Ma se nel 1992 per pagare tale paniere bastavano 100 euro, ora ce ne vogliono oltre 216: un balzo dovuto alla carenza di liberalizzazioni.
Al contrario – sostiene il rapporto – è crollata la spesa per tutti gli altri beni messi in commercio (alimentari, abbigliamento, istruzione, servizi e quant’altro), passata in venti anni dal 51,4 al 39,8 per cento.
Anche se in tali settori l’aumento dei prezzi è stato decisamente più contenuto: per 100 euro spesi nel 1992, ora ce ne vorrebbero 160.
«L’economia italiana non è stata contaminata dal risveglio » commenta, Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio e in un quadro del genere – se tagliare il cuneo fiscale è una priorità – la riforma del fisco è un obbligo, anche perchè «l’aumento dell’aliquota Iva trasformerebbe la crisi economica in crisi sociale: imprese e famiglie sono già state durissimamente colpite». In questo quadro complesso e difficile la crisi di governo «va sicuramente evitata», la politica deve «abbandonare il confronto muscolare » e avviare le riforme «che affrontino l’emergenza del Paese».
A partire dalle liberalizzazioni, dal fisco e dagli interventi a favore delle piccole imprese, che sulla questione chiedono un incontro al premier Letta.
Quanto ai consumi, il loro futuro è ancora in sofferenza: se dall’Ocse alla Confindustria intravedono la possibilità di uscire dalla crisi già da questo trimestre, secondo Confcommercio, per le vendite «nel 2014 ci sarà una flessione di modesta entità , limitata a circa due decimi di punto, ma nel biennio 2012-13 la perdita reale è stata di oltre 6,5 punti percentuali». Se il crollo è dunque finito, il resto è tutto da recuperare.
La crisi ha portato le famiglie a raschiare il fondo del barile: non si vendono più nemmeno i balocchi.
Il settore – tra gennaio e luglio – ha subito un calo delle vendite del 3,4 per cento in valore e del 2,4 in volume, confermando – dice Assogiocattoli – la tendenza registrata già nel 2012 (meno 2 per cento in valore sul 2011).
Luisa Grion
(da “la Repubblica”)
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Agosto 31st, 2013 Riccardo Fucile
LO STUDIO DEGLI ARTIGIANI DI MESTRE: AUMENTI FINO A 120 EURO… PER CONFESERCENTI LE FAMIGLIE TAGLIERANNO ANCORA SUL CIBO
Se l’Iva dovesse aumentare a farne le spese saranno soprattutto le famiglie con redditi bassi. 
Un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, evidenzia i pericoli di un appesantimento dell’imposta al 22%.
Infatti l’eventuale aumento peserà maggiormente sulle retribuzioni più basse e meno su quelle più elevate.
A parità di reddito, inoltre, i nuclei famigliari più numerosi subiranno gli aggravi maggiori
Le simulazioni realizzate dagli artigiani di Mestre evidenziano tre tipologie famigliari: single, lavoratore dipendente con moglie e un figlio a carico, lavoratore dipendente con moglie e 2 figli a carico.
Per i single l’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva sullo stipendio netto annuo si farà sentire maggiormente per le fasce meno abbienti.
Sarà dello 0,29% su un reddito annuo di 15mila euro, scenderà allo 0,27% su una rendita annua di 55mila euro; la tassa cresce man mano che aumenta la retribuzione e l’aggravio oscilla tra i 37 e i 99 euro.
Nel caso di un lavoratore dipendente con moglie e un figlio a carico, l’incidenza dell’aumento è inversamente proporzionale al reddito: potrebbe toccare lo 0,33% una quota di 15mila euro annui o scendere allo 0,30% a 55mila.
L’Iva in più pagata in un anno, cresce con il reddito e sale da 51 a 113 euro.
Anche nel caso di un lavoratore dipendente con moglie e due figli a carico, l’aumento dell’Iva è inversamente proporzionale al livello degli introiti: si attesterà allo 0,34% su un reddito annuo di 15mila euro diminuendo fino a toccare lo 0,31% su un reddito di 55mila. Man mano che questo cresce, in valore assoluto la maggiore Iva annua passa da 61 a 120 euro
Ma anche dal fronte degli agricoltori della Cia parte un allarme sui consumi: «Gli italiani continuano a svuotare il carrello della spesa orientandosi sempre di più verso una tavola low-cost».
Un quadro che sconsiglia colpi di mano ulteriori sull’Iva.
Infine anche per Confesercenti occorre «sciogliere prima possibile il nodo dell’aumento dell’aliquota ».
Anche Federdistribuzione chiede di evitare gli effetti inflazionistici derivanti dall’aumento
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Agosto 31st, 2013 Riccardo Fucile
LE TARIFFE NAZIONALI AUMENTATE DEL 3,5%
Le tariffe locali sono cresciute di più di quelle nazionali.
Precisamente del 4,9% tra maggio 2012 e maggio 2013, contro il 3,5% nello stesso periodo di quelle sotto controllo nazionale.
Lo afferma un’analisi sull’andamento tendenziale delle tariffe di Unioncamere, secondo la quale gli aumenti hanno inciso su imprese e famiglie.
«Per rilanciare i consumi e la ripresa dell’economia», ha affermato Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, «è indispensabile rallentare la corsa di tasse e tariffe, a cominciare da quelle locali. Serve più trasparenza della pubblica amministrazione per capire i meccanismi di formazione dei prezzi a livello locale. L’uso intelligente delle tariffe di certi servizi può rivelarsi una leva importante per uno sviluppo locale più equo e sostenibile. A condizione di far crescere le capacità di monitoraggio e di gestione da parte dei Comuni»
Gli incrementi delle tariffe locali tendono a concentrarsi sul settore dei trasporti: +5,3% tendenziale per il trasporto urbano, +9,3% per i collegamenti extra urbani, +5,2% i taxi, +3,8% i treni regionali.
Forti rialzi anche per acqua potabile (+6,7%) e rifiuti urbani (+4,7%).
Nelle tariffe nazionali, aumenti consistenti nei telefoni (+9,9%), pedaggi autostradali (+4,1%), tariffe postali (+10,1%), limitati nel canone Tv (+1,4%), mentre sono in calo i trasporti ferroviari (-1,3%).
Anche se sempre in salita, però le tariffe 2013 sono cresciute di meno rispetto all’anno scorso.
Infatti l’aumento medio dei prezzi amministrati (locali, centrali, energetici e non) nel 2012 era stato del 6,6%.
La «frenata» si è verificata in gran parte nelle tariffe energetiche, le quali in dodici mesi fino a maggio 2013 sono aumentate «solo» dello 0,3% per quanto riguarda l’energia elettrica e dell’1,6% per il gas di uso domestico.
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 30th, 2013 Riccardo Fucile
“PESERA’ SULLE RETRIBUZIONI PIU’ BASSE E DETERMINERA’ UN’ULTERIORE CONTRAZIONE DEI CONSUMI”
A prescindere dai problemi interni al Pdl, è sull’esecutivo delle larghe intese nel suo complesso che si abbattono nuove critiche e altrettante polemiche.
In tal senso, infatti, mentre Dario Franceschini parla di un “governo che ha fatto molte cose di sinistra”, la Cgia di Mestre prefigura l’esatto contrario per quanto riguarda la questione dell’imposta sul valore aggiunto.
“Con l’aumento dell’Iva le famiglie meno abbienti saranno quelle più penalizzate” sostiene il centro studi, secondo cui, pur se all’apparenza saranno i ricchi a pagare di più, l’eventuale aumento dell’imposta Iva peserà maggiormente sulle retribuzioni più basse e meno su quelle più elevate”.
A parità di reddito, inoltre, i nuclei famigliari più numerosi subiranno gli aggravi maggiori.
“Bisogna assolutamente trovare la copertura per evitare questo aumento — esordisce Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre — Nel 2012 la propensione al risparmio è scesa ai minimi storici. Se dal primo ottobre l’aliquota ordinaria del 21% salirà di un punto, subiremo un’ulteriore contrazione dei consumi che peggiorerà ulteriormente il quadro economico generale. E’ vero che l’incremento dell’Iva costa 4,2 miliardi di euro all’anno, ma questi soldi vanno assolutamente trovati per non fiaccare la disponibilità economica delle famiglie e per non penalizzare ulteriormente la domanda interna”.
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Agosto 29th, 2013 Riccardo Fucile
PER NON FAR PAGARE L’IMU AI PROPRIETARI DI CASE DI LUSSO, A OTTOBRE AUMENTERA’ L’IVA, COSI SE LO PRENDERANNO IN QUEL POSTO LE FAMIGLIE A BASSO REDDITO… PER QUELLE CHE VOTANO PDL SILVIO SI INVENTERA’ CHE VI PORTA ANCHE LA PIZZA GRATIS A CASA…. UNICA AVVERTENZA: NON FATE APRIRE LA PORTA A VS. FIGLIA DI 17 ANNI
L’Europa vuole sapere come l’Italia coprirà il mancato gettito derivante dall’addio all’Imu?
La risposta del governo arriva a stretto giro di posta, seppur indirettamente.
E’ il viceministro dell’Economia Stefano Fassina (Pd) ad anticipare cosa avverrà nei prossimi mesi: nuove tasse.
“La cancellazione per tutti di entrambe le rate dell’imposta rende ormai ‘irrimediabile’ l’aumento dell’Iva previsto per il primo ottobre” ha scritto il ‘giovane turco’ in un intervento sull’Huffington Post.
“In una fase così difficile — ha spiegato il viceministro — dedicare un miliardo per eliminare l’Imu per meno del 10% degli immobili di maggior valore, ha sottratto preziose risorse a finanziare, ad esempio, il rinvio dell’aumento dell’Iva previsto, oramai irrimediabilmente grazie alla “vittoria” del Pdl sull’Imu, per il 1 ottobre. O per allentare il Patto di Stabilità Interno dei Comuni e rianimare i piccoli cantieri e l’attività di migliaia di imprese artigiane e relativi lavoratori”.
Parole dure quelle del numero due di via XX Settembre, nonchè molto distanti da quelle di giubilo espresse ieri dalla parte democratica del governo e dal Pdl. L’aumento dell’Iva a ottobre, però, non può che smorzare l’entusiasmo di Enrico Letta, visto che rischia di diventare il prossimo casus belli nell’equilibrio tutt’altro che solido delle larghe intese.
Omai è evidente la strategia del Pdl: ogni tassa va tolta e sostituita con un’altra di uguale o maggior importo, basta chiamarla in modo diverso.
Fino a che i nodi vengono al pettine: quando ci troviamo con lo spread a 550, allora si chiama qualcuno a “risanare” i conti, salvo poi accusarlo di ogni nefandezza restrittiva.
Poi tornano loro e risputtanano i conti per riottenere il consenso.
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Luglio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
LO SPENDING REVIEW DI CASA: TAGLI ALLA BOLLETTA DEL TELEFONO, AL CARRELLO DELLA SPESA E ALLA BENZINA… INTACCATI ANCHE IL SALVADANAIO
Lo stop all’aumento Iva e la cancellazione dell’Imu? Una passeggiata.
La vera finanziaria italiana, roba da Nobel dell’Economia, è quella che da quattro anni a questa parte hanno mandato in porto senza fanfare le famiglie tricolori.
Siamo oltre le lacrime e il sangue: nel 2012, per dire, abbiamo tagliato 4 milioni di telefonate al giorno, ridotto di un quarto gli acquisti di case, comprato 80mila auto in meno, sforbiciato 3,4 miliardi di litri di benzina dal pieno (quanto basterebbe per girare 846mila volte la terra all’altezza dell’equatore).
Ma essere formiche, ormai, non basta più: le uscite, causa crisi, superano le entrate.
E l’Italia — per la prima volta dal Dopoguerra — è stata costretta a rompere il salvadanaio e mettere mano ai soldi risparmiati negli anni del boom per tirare avanti la carretta.
I conti della serva sono facili come un compito di ragioneria. Voce “avere”: guadagniamo di meno — 98 miliardi in quattro anni per Confesercenti — e la nostra capacità di spesa è scesa dell’8,7% dal 2008, come dire che abbiamo perso per strada 3.400 euro a famiglia.
Voce “dare”: paghiamo più tasse (288 euro a testa nel 2012) e le bollette sono salite dell’11% solo l’anno scorso.
Per far quadrare i conti, il Belpaese le ha provate tutte: ha smesso di acquistare appartamenti e lavatrici, fa la spesa all’hard discount e ha negato il motorino nuovo persino ai figli promossi con la media del nove.
Peccato che quest’austerity “fai da te” ci abbia fatto risparmiare “solo” 85 miliardi in quattro anni. Risultato: l’Italia ha smesso d’arricchirsi e – un euro alla volta – ha iniziato a diventare più povera.
Carta canta: la ricchezza – se ancora possiamo chiamarla così – delle famiglie è calata dal 2008 del 5,7% bruciando, calcola Banca d’Italia, 520 miliardi di euro, quasi un terzo del nostro Pil.
E i nostri debiti (per fortuna ancora pochi rispetto alla media Ue) hanno iniziato a correre a ritmi vertiginosi passando dal 30,8% del reddito del 2008 al 65% del 2012.
La soluzione? Una sola: i conti domestici tricolori funzionano come il bilancio dello Stato.
Se le entrate non crescono, si può solo tagliare.
Ecco, voce per voce, dove e come abbiamo iniziato a farlo.
LA CASA
Due cuori, una capanna e una montagna di rate non pagate sul mutuo. La spending review del Belpaese è partita giocoforza dal bene più prezioso che abbiamo: la casa.
Il 70% degli italiani ne ha una, spesso presa a debito.
E per ridurre i costi (le tasse immobiliari sono salite del 136% in un anno) in molti hanno preso il toro per le corna smettendo di pagare le rate.
I proprietari “morosi” con gli istituti di credito sono cresciuti del 36% in meno di due anni. E l’Associazione bancaria italiana – per evitare una Caporetto creditizia e sociale – è stata costretta a varare una sorta di “moratoria” consentendo a chi era in difficoltà di fermare temporaneamente il pagamento degli interessi.
Hanno aderito 91mila persone. E ora che il programma è scaduto, diverse migliaia di famiglie si sono ritrovate all’improvviso sull’orlo del baratro.
Qualcuno ha fatto scelte più radicali.
E per pagare la scuola dei figli o i debiti, ha appeso sulla porta di casa il cartello “Vendesi”. Risultato: sul mercato è arrivata all’improvviso una valanga di appartamenti (compresi un 18% in più di aste su case pignorate dalle banche). I prezzi sono crollati e i compratori, malgrado tutto, sono spariti nel nulla.
Nel 2012 i rogiti sono stati il 25% in meno del 2011 e i volumi del mercato del mattone sono tornati indietro di 28 anni.
AUTO E BENZINA
L’età del parco-auto è uno degli indicatori sociologici più gettonati per misurare lo stato di salute di un paese. E nel caso dell’Italia questo termometro parla chiaro: stiamo sempre peggio. I trasporti pesano per il 13,8% sui bilanci familiari.
E per ridurre le uscite siamo andati giù con l’accetta: non compriamo più auto nuove e quelle vecchie le lasciamo sempre più spesso ferme in strada o in garage.
Nel 2012 abbiamo acquistato 80mila quattroruote in meno, con un risparmio netto di sette miliardi. E anche nel 2013 il mercato viaggia in retro, con un – 11% a fine maggio.
Tempi duri anche per il pieno: chi può va a piedi, in bici o in tram e nel 2012, zitti zitti, gli italiani hanno acquistato 3,4 miliardi di litri di benzina in meno (–9,9%).
In teoria questa mossa avrebbe dovuto regalare ai conti delle famiglie una boccata d’ossigeno da 6 miliardi di euro.
Peccato che gli aumenti delle accise (+22%) si siano mangiati tutto il risparmio.
E forse anche per questo ben 3,2 milioni di auto, secondo l’Ania, hanno viaggiato nel 2012 senza pagare l’assicurazione obbligatoria.
IL CARRELLO DELLA SPESA
Più pasta e meno carne. Più hard discount e meno prodotti di marca.
La manovra finanziaria della case tricolori non ha risparmiato nemmeno, come ovvio, il carrello della spesa. Pranzo e cena dobbiamo per forza metterli assieme.
Ma visto che pesano per il 19% sulle uscite domestiche, a tavola è scattata una spending review selettiva, fatta più di bisturi che d’ascia.
Obiettivo: ridurre le spese (sono calate nel 2012 dell’1,2%) senza sacrificare calorie e quantità nel piatto.
L’operazione “shopping intelligente” è fatta di tante piccole malizie da scaffale: scegliamo prodotti nologo (costano il 18% in meno e le vendite sono cresciute del 5,8%) non snobbiamo gli hard discount che a marzo scorso viaggiavano a +4,8%.
Compriamo più spaghetti (+ 3,6%) e meno carne di vitello (-5%) mentre il povero pollo – reo solo di essere più economico – va a gonfie vele nelle padelle del Belpaese.
Resta al palo invece, succede da molti anni, il rinnovo del guardaroba.
Ad aprile 2013 l’abbigliamento e le scarpe sono in calo per l’Istat del 9%.
BOLLETTE, LOTTO E FUNERALI
La spending review energetica delle famiglie italiane è stata stroncata dagli aumenti tariffari.
Nel 2012 abbiamo ridotto i consumi di luce (-0,3%) e gas (-7,4%) ma il rialzo dei prezzi si è mangiato con gli interessi i sacrifici.
Le persone più in difficoltà – per la centrale d’allarme interbancaria quelle in ritardo con pagamenti e assegni sono cresciute del 35% al sud e del 38% al nord-ovest – non hanno avuto altra scelta che scaglionare la spesa: gli italiani che pagano la luce all’Enel a rate sono il 30% in più, all’Eni siamo a +48%.
Per rimediare al “buco” delle bollette, siamo andati a lavorare di cesello sulle spese superflue: tra Gratta & Vinci, Superenalotto e Win for Life nei primi sei mesi del 2013 abbiamo risparmiato 500 milioni (-5,8% di spesa) alla voce dea bendata.
Non andiamo più al cinema (-7,3% nel 2012) e nei musei (-5,7%).
Fumiamo meno – le tasse sulle sigarette hanno reso lo scorso anno il 7,6% in meno – e visto che la salute non ha prezzo ma le medicine costano, nel 2013 per la prima volta abbiamo iniziato a sforbiciare del 6,4% pure le spese sanitarie.
Si rischia di morire? No problem. Basta digitare www. funeralionline. it e sfogliare alla voce offerte.
L’Italia è più povera. E anche per il caro estinto, business is business, è già boom delle esequie low-cost.
Ettore Livini
(da “La Repubblica“)
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Maggio 26th, 2013 Riccardo Fucile
IL MINISTRO SACCOMANNI TEME LE CONDIZIONI AGGIUNTIVE CHE L’EUROPA CHIEDERA’ ALL’ITALIA
Primo: sperare che tutto vada liscio, e che mercoledì ci sia effettivamente la chiusura della procedura di infrazione.
Secondo: rimesso nel cassetto il cartellino rosso, vedere se l’Europa ci concederà qualche margine di ulteriore flessibilità rispetto a quello (limitatissimo) concesso finora.
Terzo: se così non fosse, allora bisognerà rimboccarsi le maniche e «fissare delle priorità , perchè è bene far capire ai nostri colleghi che tutto non si può fare».
Con Letta a Palazzo Chigi, la cabina di regia si può riunire in pochi metri quadrati: oltre al premier, il vice Alfano e il ministro dell’Economia Saccomanni.
Il triumvirato si è incontrato, segno della volontà di dare un po’ d’ordine all’azione di governo «dopo settimane di comunicazione cacofonica nelle quali abbiamo fatto un po’ di confusione», ammette una fonte.
Già , perchè lo scarto fra quel che realmente si può fare e gli annunci dei ministri è ampio.
Pur con i soliti toni pacati venerdì, durante il consiglio dei ministri, Saccomanni ha invitato i colleghi alla cautela. Da Lupi a Zanonato, da Giovannini alla Carrozza – che è arrivata addirittura a minacciare le dimissioni – la lista dei ministri senza calcolatrice è lunga.
La vulgata vuole che con la chiusura della procedura di infrazione l’Italia potrà superare il margine del 3% nel rapporto deficit-Pil, più o meno quel che è stato concesso a Francia e Spagna.
Ma – Saccomanni lo ha ripetuto anche ieri al premier e al vice – «il nostro caso è diverso».
Con il debito pubblico al 130% del prodotto interno lordo il massimo che l’Europa può concederci è la possibilità di restare più o meno al 3%.
I margini di spesa ulteriori dovranno essere faticosamente negoziati e comunque verranno guardati con la lente d’ingrandimento: difficile ad esempio che Bruxelles ci permetta di finanziare in deficit riforme fiscali, come invece auspica il Pdl.
C’è di più: Letta è preoccupato che da Bruxelles, con la chiusura della procedura, arrivino «raccomandazioni aggiuntive» (così si chiamano nel gergo tecnico) che potrebbero terremotare i fragili equilibri della maggioranza.
Basta citare per capitoli le questioni su cui l’Europa ci bacchetta da anni e che in alcuni casi vedono Pd e Pdl su posizioni molto diverse: mancata liberalizzazione delle professioni, mancata apertura del mercato del lavoro, mancata riforma in profondità della macchina pubblica. E così via.
Poi ci sono le compatibilità di bilancio.
Se il governo finanziasse in deficit tutte le misure che ha promesso, probabilmente la Commissione ci rimetterebbe immediatamente in mora.
Di qui la decisione di fissare alcune priorità , partendo da quelle più utili a rilanciare l’economia.
Venerdì prossimo – ormai è deciso – ci sarà la conferma dei due bonus rispettivamente dedicati alla ristrutturazione degli edifici (al 50%) e per migliorare l’efficienza energetica (al 55%), come ad esempio l’acquisto di nuove finestre.
Il costo non è enorme e sono considerate due importanti leve per tenere vivo il settore dell’edilizia.
Subito dopo si passerà alla questione dell’Iva la quale il primo luglio dovrebbe passare dal 21 al 22%.
In questo caso, nonostante le insistenze del Pdl, di parte del Pd e della lobby dei commercianti per bloccarlo, è probabile che non se ne faccia nulla.
A meno che – fa capire Saccomanni con l’aria di chi sa che così non sarà – si individuino i quattro miliardi di tagli necessari a evitarlo.
L’idea che si fa strada nel governo è di concentrare gli sforzi sui due provvedimenti più importanti e sentiti dalla gente, la riforma della tassazione sulla casa e quella delle pensioni, trovando, se possibile, spazio per un taglio del cuneo fiscale (ovvero lo scarto fra costo del lavoro per l’impresa e la busta paga del lavoratore) come invoca Confindustria.
La riforma delle tasse sulla casa dovrà arrivare entro fine agosto, e al momento l’unica strada per confermare l’abolizione quasi integrale dell’Imu sulla prima casa è l’aumento del peso fiscale sulle terze e quarte abitazioni.
Poi, con la legge di Stabilità , ci sarà la mini-riforma delle pensioni.
Anche qui il rischio boomerang è alto: l’ipotesi è introdurre maggiore flessibilità , permettendo di andare in pensione prima di quanto previsto dalla riforma Fornero accettando una penalizzazione dell’assegno.
«Ma – ragiona una fonte di governo – se saranno troppo forti nessuno le accetterà . Se riforma dovrà essere, un po’ di risorse ci vorranno».
Alessandro Barbera e Rosaria Talarico
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