Settembre 27th, 2020 Riccardo Fucile
IL REFERENDUM VEDE IL PREVALERE DEI CONTRARI
Lo indicano le prime tendenze rese note dall’istitutogfs.bern poco dopo la chiusura dei seggi per il referendum
Il referendum è stato chiesto dall’Unione Democratica di Centro (o Schweizerische Volkspartei, Svp). Il partito di destra, che ha la maggioranza relativa in Parlamento, ha impostato la campagna su toni anti-immigrazione.
Secondo l’Svp, la Svizzera deve essere libera di fissare un limite al numero di lavoratori stranieri, anche a costo di uscire dall’area Schengen. “Gli immigrati cambiano la nostra cultura”, si legge nel sito internet messo online dal Svp per la campagna referendaria, “le pubbliche piazze, i treni e le strade diventano meno sicuri. Inoltre, quasi la metà delle persone che attingono al welfare è composta da stranieri”.
Sul lato economico, il governo di Berna aveva già chiarito che la bocciatura dell’accordo sulla libertà di circolazione avrebbe causato in automatico la decadenza di altri sei trattati che regolano aree come il libero scambio, la cooperazione nella sicurezza, lo scambio di dati, la ricerca, l’agricoltura, i trasporti su strada, l’aviazione civile, il turismo, l’educazione e le pensioni. Una prospettiva, questa, che ha preoccupato soprattutto le categorie produttive che temono pesanti conseguenze sull’economia della federazione.
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2020 Riccardo Fucile
“LA COMMISSIONE NON SUPERA DUBLINO, LO RICALCA. I PRINCIPI EUROPEI NON SONO QUELLI DI ORBAN O DI QUALCHE POLITICO NOSTRANO”
Il piano della Commissione europea sull’immigrazione è “a dir poco deludente”. E’ senza
appello il giudizio di Pietro Bartolo, medico dei migranti a Lampedusa, eletto al Parlamento europeo l’anno scorso.
La proposta, ci dice tra rabbia e commozione, “non supera il regolamento di Dublino, anzi di fatto lo ricalca”.
Stamane Bartolo ha esposto le sue critiche in Commissione Libertà civili al Parlamento Europeo davanti ai commissari europei Margaritis Schinas e Ylva Johansson, autori del pacchetto presentato ieri. E non è stato il solo.
Sono tanti i parlamentari delusi. Del resto, nella scorsa legislatura il Parlamento Europeo ha votato a maggioranza una riforma del regolamento di Dublino poi affossata dagli Stati membri.
“Ecco — dice Bartolo — la Commissione avrebbe dovuto adottare quella proposta e rendere obbligatoria la solidarietà dei paesi membri sui ricollocamenti: sanzioni per chi non accetta. Non lo ha fatto…”.
Dopo tanta attesa, la Commissione ha partorito un topolino?
Neanche quello ha partorito. Il piano non supera il regolamento di Dublino ma lo ricalca, tentando di mettere in pratica le parti che non sono mai state implementate per bene, come per esempio l’attenzione ai minori. In più, la proposta contiene novità che ci sono state propinate come soluzione della situazione, ma in realtà si tratta del pre-screening di chi arriva, procedura che prenderà cinque giorni di tempo, e poi le procedure di frontiera, altre 12 settimane. Il tutto sempre a carico del paese di primo ingresso e con i migranti che in tutto questo tempo aspettano nei centri. La Commissione parla di solidarietà da parte degli altri Stati membri solo nei casi in cui dovesse esserci particolare pressione nei paesi di primo approdo: ma che vuol dire? L’emergenza c’è sempre!
Due modi per dirsi solidali: ricollocamento o rimpatrio.
Esatto. Ma il ricollocamento resta rarissimo: solo nel caso in cui abbiano diritto all’asilo, quando sappiamo che il problema più grosso riguarda i migranti cosiddetti ‘economici’. Oggi in Commissione Libe ho provato a chiedere quale sia la differenza tra gli uni e gli altri: non sono forse persone che scappano perchè non hanno alternative? Nessuno mi ha saputo rispondere, perchè non c’è una risposta: sono perfettamente uguali. Quanto al rimpatrio, è la parola più usata nel piano della Commissione, è ovviamente gradito di più. Ma anche in questo caso non è semplice, perchè bisogna avere accordi con i paesi di rientro. E poi perchè deve essere volontario e non forzato e deve garantire diritti, sicurezza, l’incolumità degli interessati una volta tornati nel paese d’origine. Quindi servirebbero delle procedure di monitoraggio per capire che fine fanno poi queste persone. Di tutto questo non c’è alcunchè nel piano della Commissione.
Dunque il piano non servirà ad alleviare la pressione sui paesi di primo approdo?
Al contrario. Tutto questo si scaricherà sui paesi di primo approdo: Grecia, Cipro, Italia, Malta, Spagna dovranno sobbarcarsi quanto già impone Dublino 3 più le nuove procedure sul pre-screening e quelle di frontiera. C’è un problema di fondo…
Quale?
Ci dimentichiamo che stiamo parlando di persone. Guardi: le interviste, gli interventi, le parole sono importanti perchè servono a informare e io ci credo. Ma mentre stiamo facendo questa intervista non posso non pensare che di sicuro c’è qualcuno che sta morendo in quel mare che mi appartiene e che mi manca. Dobbiamo sempre ricordare che si gioca tutto sulla pelle di queste persone, costrette a stare in attesa in centri di accoglienza che tali non sono. Per esempio il campo distrutto dall’incendio a Lesbo non si può definire ‘centro di accoglienza’: ospitava oltre 12 mila persone, ben oltre la sua normale capienza, in condizioni disumane.
Lo chiamerebbe lager?
Un luogo lasciato in condizioni disumane si può certo definire campo di concentramento. Come quelli che ci sono in Libia: lì oltre alla condizioni disumane dal punto di vista igienico-sanitario, le persone subiscono anche violenze, stupri, sevizie, torture. Tutto questo è inaccettabile.
Ci sono cose positive nel piano von der Leyen?
Qualcosina c’è. Per esempio c’è un’attenzione particolare ai minori, ma questo era previsto già nel Dublino III. C’è il ricongiungimento familiare, già previsto ma non implementato. In questo piano il concetto viene esteso anche ai fratelli, non più solo genitori e figli. Ed è esteso anche alla famiglia che si forma durante il viaggio verso l’Europa, non solo la famiglia d’origine. Sono viaggi lunghi, è normale che si formi una famiglia. Ma stiamo parlando di briciole: non è questo il modo di risolvere l’emergenza immigrazione.
Cosa avrebbe dovuto fare la Commissione europea?
Avrebbe dovuto adottare la riforma del regolamento di Dublino passata a larga maggioranza nel Parlamento europeo nella scorsa legislatura. Prevedeva il ricollocamento automatico e obbligatorio in tutti gli Stati membri. Quando arrivano a Lampedusa o a Lesbo, queste persone sono arrivate in Europa, c’è poco da aggiungere. Il problema è europeo e deve essere l’Europa ad assumersi la responsabilità di condividere la solidarietà . Basta leggere l’articolo 80 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea: i padri fondatori dell’Europa si sono basati su principi universali come l’accoglienza, la solidarietà , il rispetto dei diritti umani. Ma non basta la volontarietà : bisogna trovare il modo per obbligare gli Stati membri a condividere le responsabilità .
Come?
Dobbiamo cercare di convincere tutti e chi non accetta, come i paesi del blocco di Visegrad, deve subire delle sanzioni. Mica può comandare Visegrad in Europa? E poi bisognerebbe fare in modo che la riforma passi in Consiglio Europeo con voto a maggioranza. Quella approvata dal Parlamento europeo si è bloccata in Consiglio perchè gli Stati membri hanno deciso che doveva essere votata all’unanimità . Ma il diritto di veto non può esistere su questi argomenti. Sono questioni che devono essere votate a maggioranza qualificata: siamo in democrazia, la maggioranza deve contare.
Il governo italiano però non alza la voce sulla nuova proposta della Commissione. Come lo spiega?
Io sono Pietro Bartolo, da 30 anni mi occupo del fenomeno immigrazione, conosco le sofferenze, le atrocità che ho visto. Loro non hanno visto niente. E poi forse io ho diritto di parlare così, mentre loro magari puntano al negoziato per cercare di ottenere dei risultati. Ma io non posso non parlare in questi termini. Se io sono qui in Europa, non è perchè sono un politico ma perchè mi sono stancato di vedere tutte quelle atrocità e ho deciso di entrare in politica perchè credo nella buona politica e nella necessità che sia l’Europa a dare risposte. Penso che la politica sia servizio: non è che quando diventi onorevole ti dimentichi del tuo mandato.
Oltre al danno, la beffa: il piano rischia comunque di non passare in Consiglio. L’ungherese Orban lo boccia, come gli altri paesi di Visegrad.
Loro sono allergici alla parola accoglienza e invece vanno d’accordo con la parola rimpatrio. Addirittura immaginano hotspot fuori dal territorio europeo. Questo non è accettabile, non fa parte della nostra cultura. I principi dei padri fondatori dell’Europa non erano quelli di Orban e nemmeno di qualche politico italiano che nemmeno voglio nominare perchè mi fa male e fa male all’Italia della democrazia, l’Italia che ha una Costituzione straordinaria, culla della cultura infettata dalla cultura dell’odio, del rancore. Il piano rischia di non passare perchè si ostineranno a votare all’unanimità , ne basta uno che non si presenta per affossarlo. Cosa facile perchè l’immigrazione in politica viene usata per scaricare colpe e distrarre dai veri problemi difficili da affrontare.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 23rd, 2020 Riccardo Fucile
COSA CAMBIA PER I PAESI DI PRIMO INGRESSO COME ITALIA, GRECIA E SPAGNA
«Missione compiuta, il patto è pronto». Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione Ue, celebra su Twitter l’accordo sul patto sulla migrazione e l’asilo che dovrebbe riformare la Convenzione di Dublino: «Dopo molte consultazioni con tutte le parti, la nostra proposta per un nuovo Patto sulla migrazione e asilo è ora sul tavolo. Presentiamo un’architettura completamente nuova, un nuovo inizio».
Il nuovo patto sui migranti viene accolto anche dalla presidentessa della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: «Oggi proponiamo una soluzione europea per ricostruire la fiducia tra Stati membri e per ripristinare la fiducia dei cittadini nella nostra capacità di gestire come Unione.Ora è tempo di alzare la sfida per gestire la migrazione in modo congiunto, col giusto equilibrio tra solidarietà e responsabilità ».
Gli obiettivi del nuovo accordo: alleggerire il peso sui Paesi di primo ingresso
Uno dei punti cardine del nuovo testo, nonchè tema molto caldo per l’Italia, è quello del ruolo del Paese di primo ingresso.
La commissiaria Ue Ylva Johansson ha spiegato il contributo dell’Unione europea sarà diverso: «Questa proposta chiude le scappatoie e introduce modifiche che consentono una distribuzione più giusta della responsabilità ».
Non si terrà conto solo dell’ingresso ma anche della famiglia e del passato della persona: «Se il migrante ha già un parente nell’Ue, il Paese in cui risiede il congiunto sarà responsabile anche per il nuovo arrivato. Se il migrante in precedenza ha lavorato o studiato in uno Stato diverso dal primo ingresso, quel Paese sarà responsabile».
Non solo. Verrà introdotto anche un meccanismo di solidarietà obbligatorio basato su due fattori: «Tutti gli Stati Ue dovranno mostrare solidarietà verso i Paesi sotto pressione: potranno farlo o con i ricollocamenti, o con i rimpatri sponsorizzati. Sono queste le due componenti fondamentali del meccanismo di solidarietà obbligatorio».
Un percorso che si applicherà anche in tutti i casi di naufragio: «Il meccanismo di solidarietà scatterà in modo automatico per i migranti che vengono salvati in mare». E su questo punto Johansson chiarisce: «Non ci saranno più soluzioni ad hoc per ogni naufragio».
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
PERCHE’ E’ UNA BUONA NOTIZIA PER L’ITALIA
Dopo anni di drammi, morti in mare, ascesa di partiti sovranisti, la disciplina dell’immigrazione in
Europa potrebbe cambiare sensibilmente.
Ad annunciarlo è stata oggi la presidente della Commissione Ue Ursual Von Der Leyen durante il suo primo discorso sullo Stato dell’Unione.
« Se facciamo compromessi possiamo trovare soluzioni: salvare le vite in mare non è un optional» ha dichiarato la presidenre della Commissione, auspicando poi il superamento della disciplina di Dublino sulla migrazione: «Posso annunciare che aboliremo il regolamento di Dublino e lo sostituiremo con una nuova governance europea sulla gestione della migrazione. Avrà strutture comuni per quanto riguarda diritto all’asilo e rimpatri e un forte meccanismo di solidarietà tra gli stati membri». L’obiettivo è avere confini più solidi e vie legali di migrazione.
Una dichiarazione che ha una portata storica, specialmente se si pensa a cosa abbia comportato in questi anni il Regolamento di Dubino.
Firmato nel 1990 tra gli stati membri e riformato l’ultima volta nel 2013, il Regolamento di Dublino obbliga di fatto i migranti a fare richiesta in un solo Paese della Ue, generalmente quello di approdo, una disciplina che ha messo in questi anni sotto pressione soprattutto i paesi dell’area mediterranea, esposti a un considerevole flusso migratorio.
È presto per dire come e se, il Regolamento cambierà . Di certo la volontà della Commissione è già , di per sè, un ottimo segnale in quella che, anche per l’opposizione dei paesi del nord e dell’est Europa, non si preannuncia come una strada facile.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
“COVID OCCASIONE PER CAMBIARE, SPINTA A INVESTIMENTI VERDI”… E RIVOLTA AI BANCHI DEI RAZZISTI DI AFD: “SIETE ODIO”… IL PPE ATTACCA SALVINI: “E’ UNA MARIONETTA DI PUTIN COME TUTTI I SOVRANISTI”
E’ passato solo un anno dalla sua nomina a capo della Commissione europea e Ursula von der Leyen
già si ritrova a dover dissotterrare il suo gioiello: il Green deal.
Oggi, il suo primo discorso sullo Stato dell’Unione al Parlamento europeo, serve allo scopo. “Il covid deve essere occasione per cambiare”, dice la presidente rilanciando la lotta ai cambiamenti climatici con nuovi obiettivi più stringenti: “Taglio delle emissioni del 55 per cento entro il 2030, non più del 40 per cento”. Ce n’è anche per l’Italia: in positivo. Von der Leyen dà un assist a Giuseppe Conte, alla vigilia del voto per regionali e referendum: “L’anno prossimo, summit sulla sanità in Italia”.
Presentato l’anno scorso come il vessillo della nuova squadra di Palazzo Berlaymont, il Green deal è finito martoriato sotto i colpi dell’emergenza pandemia. Von der Leyen ha dovuto cambiare la sua agenda, come tutti. Di investimenti verdi e riconversione dell’economia si è parlato poco e male.
Ma oggi, di fronte ad un’aula con poche presenze fisiche e tanti collegamenti online da remoto, la presidente rilancia: “Il 37 per cento delle risorse del Next generation Eu andrà al Green deal. Il 30 per cento del Recovery fund sarà reperito sul mercato con ‘green bond’”
“Se vogliamo diventare il primo continente ‘neutro’ nel 2050, dobbiamo procedere più velocemente”, dice annunciando la proposta della Commissione di aggiungere un 15 per cento in più al taglio delle emissioni previsto per il 2030. “Mi rendo conto che è eccessivo per alcuni e insufficiente per altri ma la nostra valutazione di impatto dimostra che la nostra industria ce la può fare”.
Sarà il fondo per la transizione equa, inserito nel pacchetto Green deal, a sostenere le spese delle aree interessate alla riconversione. Per esempio: l’Ilva di Taranto. Riconvertire si può, è il messaggio per il governo di Roma.
Von der Leyen cita la Svezia, dove ci sono industrie che producono “acciaio senza fossili: idrogeno al posto del carbone. L’acciaio pulito è possibile. Il Next generation Eu deve servire per creare vallate di idrogeno in Europa”.
Insomma, sottolinea la presidente, “il piano di ripresa non deve solo portare l’Europa fuori dalla crisi ma spingerla verso il mondo di domani”. Digitale, intelligenza artificiale. L’agenda è piena. Gli ostacoli sono tanti. Per esempio: la Cina.
Lunedì scorso, il vertice europeo con Xi Jinping per la firma di un accordo su commercio e investimenti è solo servito a misurare distanze, di nuovo. “Relazione strategicamente importante ma difficile — dice von der Leyen – Ci aspettiamo che Pechino dia l’esempio sul rispetto degli accordi di Parigi sul clima, sulla reale apertura dei mercati, sul rispetto dei diritti umani”.
E qui però la presidente striglia gli Stati membri: “Quando gli Stati membri dicono che l’Europa è troppo lenta, io dico: siate coraggiosi e passate al voto a maggioranza qualificata” in Consiglio europeo “per lo meno sui diritti umani e l’adozione di sanzioni”.
Quanto alle violazioni nella stessa Ue, “prima della fine del mese — annuncia von der Leyen — la Commissione presenterà un rapporto sullo stato di diritto per tutti gli Stati membri”. L’annuncio fa saltare i nervi al polacco Ryszard Legutko, presidente del gruppo dei Conservatori e riformisti, che attacca la presidente: “Fa ideologia”.
La prossima settimana intanto la Commissione presenterà il suo pacchetto immigrazione, conferma von der Leyen rispondendo così ad una richiesta più volte avanzata dall’Italia, dalla Grecia e i paesi della frontiera sud dell’Europa.
“Nel nuovo piano – anticipa la presidente – verrà abolito il regolamento di Dublino e sarà sostituito da un nuovo sistema di governance delle migrazioni, con una struttura comune per quello che riguarda gli asili ed i rimpatri, ed anche un meccanismo di solidarietà molto forte ed incisivo. Ci sarà un dibattito su questo, punti su cui andremo d’accordo e meno. So che anche la presidenza tedesca vuole avere dei risultati”.
“Bisogna fare una chiara distinzione tra chi ha diritto a rimanere e chi no, rafforzare le frontiere esterne, il partenariato con i paesi terzi, creare vie legali di ingresso”.
A Lesbo intanto, dove la settimana scorsa il più grande centro di accoglienza d’Europa è andato distrutto in un incendio, la Commissione si sta occupando di creare un altro centro: sempre lì, nella stessa isola greca. Mentre procede a rilento la distribuzione tra i paesi membri degli oltre 12mila profughi rimasti senza tetto.
Ma la questione più immediata nell’agenda europea è la Brexit. Anche Von der Leyen ammette che il no deal è ormai un rischio concreto, dopo la scelta di Londra di violare gli accordi sottoscritti con l’Ue l’anno scorso, minando la “fiducia che è alla base delle relazioni internazionali”. “Ogni giorno che passa — continua – le possibilità di intesa si allontanano. Negoziati difficili, non abbiamo avuto i risultati sperati e c’è poco tempo”. Il 15 ottobre il consiglio europeo dovrebbe ratificare l’uscita definitiva del Regno Unito al 31 dicembre di quest’anno. “Ma l’Ue non farà mai marcia indietro sull’Accordo di divorzio, che non può essere cambiato unilateralmente”, scandisce von der Leyen.
La presidente si sbilancia anche sul tema delle comunità Lgbtq. “Chiederò il riconoscimento mutuo del genitore in tutta l’Europa — dice, tra gli applausi di molti e lo sguardo esterrefatto di altri in aula — Se si è genitore in un paese, lo si è in tutti i paesi”.
Di certo, rispetto a un anno fa, quella di oggi è una von der Leyen più attenta alla questione dei diritti, più spostata a sinistra che a destra, si direbbe in antico gergo ideologico pur sempre efficace. La presidente annuncia anche una raccomandazione della Commissione per introdurre “il salario minimo in tutti i paesi europei”.
E, ‘dulcis in fundo’, sull’immigrazione von der Leyen ingaggia un corpo a corpo verbale in aula con il tedesco Jorg Meuthen dell’Afd.
Stava parlando della “visione diversa dell’estrema destra, basata sull’odio”. L’europarlamentare sovranista borbotta. Lei approfitta. Si volta verso di lui e attacca: “Questo la fa arrabbiare perchè la tocca nel vivo! Siamo profondamente diversi, questa è la democrazia: lei predica odio e noi vogliamo un approccio costruttivo sull’immigrazione”.
E von der Leyen non è l’unica ad attaccare i sovranisti. Il presidente del gruppo del Ppe Manfred Weber attacca Matteo Salvini, definendolo “una marionetta di Putin con tutti gli altri sovranisti”.
Come l’esordio del discorso in aula, anche l’ultimo pensiero di von der Leyen è sulla pandemia, l’uragano che ha cambiato le vite di tutti. Anche qui la presidente parla di Italia: “L’immagine del lockdown che mi è rimasta impressa è quella di Carola e Vittoria, le due ragazzine che giocavano a tennis in terrazza in Liguria…”.
L’Italia, paese particolarmente colpito dalla pandemia e dalla crisi economica, destinatario della maggior parte degli aiuti del recovery fund, esce bene nel discorso della presidente che tende la mano a Conte, in un (ennesimo) momento di fibrillazione della maggioranza di governo. Non è poco per il premier. “Serve stabilità per tutti i governi europei per concretizzare il recovery fund”, dice il presidente del Parlamento europeo David Sassoli. §
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 10th, 2020 Riccardo Fucile
L’UFFICIO EUROPEO ANTIFRODE: “BENE LA RISPOSTA DELLA MAGISTRATURA ITALIANA”… E POI QUALCUNO SI LAMENTA PERCHE’ MOLTI PAESI NON VOGLIONO DARCI SOLDI A FONDO PERDUTO
In attesa dei miliardi del Recovery fund, in Italia si continua a frodare sui fondi Europei esattamente come
negli anni precedenti. Ma la risposta delle nostre autorità è più celere e incisiva della media degli altri paesi dell’Unione.
Lo certifica l’ultimo rapporto annuale dell’Ufficio europeo antifrode. L’Italia resta quarta nell’Unione per numero di irregolarità nella gestione dei fondi Ue 2015-2019. Con un numero di casi di frodi rilevate dalle autorità nazionali pari a 4.415, segue la Spagna (11.029 irregolarità ), Polonia (5.017) e Romania (4.968).
In totale in Europa l’Olaf ha registrato 45.737 casi di frodi nella gestione dei fondi nei 12 mesi del 2019. Situazione buona — se paragonata al numero di abitanti — in Germania (1376 casi), Francia (1233), Svezia (125).
“Autorità italiane collaborano il doppio degli altri”
I casi italiani hanno un impatto finanziario dell’1,22% sul totale dei fondi Ue ricevuti dal Paese, percentuale più bassa rispetto alla media Ue (1,91%). L’Italia risale un posto in classifica però, arrivando terza, quando si guarda al numero di indagini concluse dall’Olaf, con raccomandazioni di recupero dei finanziamenti: sono 22 casi, dopo i 43 dell’Ungheria e i 40 della Romania. Maglia nera in questa speciale classifica sono Finlandia, Cipro, Lussemburgo, Malta: nessuna indagine dell’Olaf si è conclusa con raccomandazioni di recupero. Bene la risposta delle autorità giudiziarie italiane, che hanno dato seguito al 62% dei casi segnalati dall’Olaf, contro una media europea ferma ad appena il 39%. Per fare un paragone, la Romania ha risposto il 46% di volte, la Francia il 50, la Germania addirittura solo il 13.
“In aumento le frodi sui fondi per l’ambiente”
“Il nostro lavoro è una risorsa fondamentale per l’Europa in un momento in cui gli occhi di chi commette frodi sono puntati sul bilancio 2021-2027 e sui suoi 1,8 miliardi di euro destinati alla ripresa del continente dalle conseguenze della pandemia da Covid 19”, dice il direttore generale dell’Olaf, Ville Ità¤là¤.
“Negli ultimi anni — ha aggiunto — abbiamo già osservato una tendenza al rialzo delle frodi ai danni dei fondi europei destinati a progetti a favore dell’ambiente e della sostenibilità . Il capitolo di approfondimento della nostra relazione annuale mostra l’aumento del volume di lavoro svolto nella lotta contro le frodi ambientali, con un tempismo particolarmente opportuno se consideriamo che il Green Deal è un elemento fondamentale degli sforzi di ripresa dell’Ue”.
Il rapporto e le frodi: recuperati 485 milioni di euro
Al netto dei numeri italiani, nel 2019 l’ufficio europeo antifrodi ha concluso 181 indagini, con 254 raccomandazioni alle autorità nazionali per il recupero di 485 milioni di euro e 223 nuove indagini avviate. I settori colpiti dalle indagini sono i più disparati: dalla collusione e manipolazione di appalti i finanziamenti per la ricerca. Tra i casi principali ci sono 3,3 milioni di euro recuperati da un complesso tentativo di manipolare un appalto per l’acquisto di macchinari per la lavorazione a maglia finanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale.
“Acquirenti e fornitori erano in collusione in quattro diversi progetti finanziati dall’Ue, con lo scopo di vendere e acquistare macchinari a prezzi gonfiati e così sottrarre denaro dai fondi dell’Ue per poi riciclarlo”, spiega una nota dell’Ufficio europeo antifrode.
Sul fronte ambientale, invece, i funzionari dell’Olaf citano il Dieselgate: “Il denaro dell’UE destinato alla ricerca per ridurre le emissioni dei veicoli era invece stato utilizzato allo scopo di sviluppare un motore provvisto del famigerato ‘impianto di manipolazione’ che elude le norme dell’Ue in materia di emissioni”. Una voce sempre presente nei rapporti dell’antifrode è quella delle sigarette: nel 2019 ne sono state sequestrare oltre 251,4 milioni di contrabbando.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 31st, 2020 Riccardo Fucile
L’EUROPA BACCHETTA IL GOVERNATORE: “LA SICILIA RISPETTI LE LEGGI DELL’UNIONE EUROPEA SUL DIRITTO DI ASILO”
L’Unione europea interviene nello scontro sull’immigrazione tra governo e Regione Sicilia, e
lo fa bacchettando Nello Musumeci.
Parlando dell’ordinanza del governatore (sospesa dal Tar) volta a chiudere tutti gli hotspot, un portavoce della Commissione Ue ha detto: «Siamo al corrente dell’azione del governatore della Sicilia e siamo in contatto col governo italiano. Ricordiamo che tutte le azioni che vengono intraprese devono rispettare gli obblighi delle leggi sull’asilo dell’Ue e internazionali».
Nel frattempo, il sindaco di Lampedusa, Totò Martello, e lo stesso Musumeci sono stati convocati dal premier Giuseppe Conte a Roma mercoledì. Lo sciopero generale, minacciato ieri dal primo cittadino, «è stato rinviato in attesa delle risposte che arriveranno la Roma», ha detto Martello. «Ci sono alcune cose che deve fare la Regione Sicilia nei confronti del popolo di Lampedusa e altre che devono essere fatte da Roma. Appena ci saranno i provvedimenti fatti, Conte verrà anche a Lampedusa. Che il governo ci convochi, vista l’emergenza che c’è a Lampedusa, è un fatto concreto».
(da agenzie)
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Agosto 24th, 2020 Riccardo Fucile
E’ LA QUOTA PIU’ ALTA SUL TOTALE DI 81,4 MILIARDI… L’AIUTO EUROPEO VUOL DIRE UN RISPARMIO DI 5,5 MILIARDI SUGLI INTERESSI (SOVRANISTI PRENDETE NOTA, SONO SOLDI CHE SENZA L’EUROPA DOVEVATE CACCIARE DI TASCA)
Prende concretezza il sostegno europeo per l’uscita dalla crisi economica del coronavirus,
almeno per quel che riguarda lo strumento (Sure) che costituisce la risposta alla crisi del lavoro. La Commissione europea ha presentato proposte al Consiglio Ue per l’attivazione di un sostegno finanziario complessivo di 81,4 miliardi di euro per 15 Paesi, tra cui l’Italia, per preservare l’occupazione (il meccanismo chiamato Sure).
Una volta che il Consiglio avrà dato il suo ok, gli aiuti saranno stanziati sotto forma di prestiti con interessi agevolati. Per l’Italia sono previsti 27,4 miliardi di euro, la quota più alta.
“Oggi la Commissione Ue propone il primo pacchetto di 81 miliardi per Sure, il sostegno ai meccanismi tipo cassa integrazione. Destinatari 15 Paesi, 27 miliardi per l’Italia. L’Europa per il lavoro”, il commento del commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, su Twitter. Nella nota di Bruxelles si ricorda che Sure “può fornire agli Stati membri fino a un totale di 100 miliardi di sostegno finanziario. Le proposte di decisioni relative alla concessione di un sostegno finanziario, presentate dalla Commissione al Consiglio, comportano finanziamenti per 81,4 miliardi e interessano 15 Stati membri. Il Portogallo e l’Ungheria hanno già presentato richieste formali, che sono attualmente in fase di valutazione. A breve è prevista la presentazione di una proposta della Commissione relativa alla concessione di un sostegno al Portogallo e all’Ungheria. Gli Stati membri che non hanno già presentato richieste formali possono ancora farlo”.Tra i 15 Stati membri figurano anche la Spagna (21,3 miliardi) ed il Belgio (7,8 miliardi). Sure è uno degli strumenti messi in campo a livello Ue per far fronte alle conseguenze socio-economiche del Covid-19.
Sure è considerato “un elemento fondamentale della strategia globale dell’Ue volta a tutelare i cittadini e attenuare le gravi ripercussioni socioeconomiche della pandemia di coronavirus. Si tratta di una delle tre reti di sicurezza concordate dal Consiglio europeo per proteggere i lavoratori, le imprese e i Paesi”.
All’inizio del mese, con una missiva firmata dal ministro del’Economia Roberto Gualtieri e dalla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo l’Italia aveva presentato richiesta ufficiale ai fondi Sure, per un importo totale di 28,5 miliardi, definendo il programma “un esempio positivo di solidarietà fra gli stati a favore dei lavoratori europei”.
Oggi il titolare del Tesoro ha commentato il piano prospettato da Bruxelles rimarcando che “fa esplicito riferimento alle principali misure attuate dal Governo per sostenere il lavoro e l’occupazione: dalla Cassa integrazione per tutti i lavoratori dipendenti alle indennità per i lavoratori autonomi di vario tipo, i collaboratori sportivi, i lavoratori domestici e quelli intermittenti, dal fondo perduto per autonomi e imprese individuali al congedo parentale, dal voucher baby sitter alle misure per i disabili, dal credito di imposta sanificazione a quello ‘Adeguamento Covid’. È un apprezzamento alle politiche messe in campo in questi mesi dal Governo per la salvaguardia dei livelli occupazionali, che sono state ritenute importanti e degne di essere pienamente sostenute, e un riconoscimento della scelta che abbiamo fatto di varare misure molto ampie che sono pressochè integralmente finanziate”. Calcola Gualtieri che “grazie a questo finanziamento, realizzato attraverso l’emissione di titoli comuni europei, il risparmio per le casse dello Stato nell’arco dei 15 anni di maturità può essere stimato in oltre 5 miliardi e mezzo di euro. È l’Europa della solidarietà e del lavoro che prende forma”.
(da agenzie)
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Agosto 19th, 2020 Riccardo Fucile
L’EUROPA CHIEDE ELEZIONI VERE NON TAROCCATE
«Migliaia di persone sono in strada da ormai 10 giorni per protestare non solo contro elezioni tr«»uccate, come certificato da tutti gli osservatori internazionali, ma anche contro la brutalità e la violenza del regime» ha detto il presidente del Parlamento europe Sassoli
In videoconferenza i leader dei Paesi europei hanno deciso di imporre sanzioni contro Minsk dopo le gravi violazioni dei diritti umani seguite alle proteste dell’ultima settimana. Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha inoltre annunciato — al termine del vertice straordinario tenutosi oggi sulla crisi nel Paese — che Bruxelles non riconosce le elezioni svoltesi il 9 agosto perchè non sono state libere, corrette e rispondenti ai criteri internazionali, e dunque falsificate.
«Il futuro della Bielorussia può essere deciso solo dai suoi cittadini», aveva detto in apertura il presidente del Parlamento europeo David Sassoli. Parole a cui hanno fatto eco quelle della cancelliera tedesca Angela Merkel, che in conferenza stampa da Berlino ha ribadito che sebbene l’Ue voglia sostenere la società civile, «per noi è chiaro che la Bielorussia deve trovare da sola la sua strada» e non devono esserci interventi «dall’esterno».
Merkel ha inoltre ricordato come una sua mediazione — più volte richiesta — con Lukashenko non sia possibile: «Per mediare serve la disponibilità delle due parti» e il presidente bielorusso ha rifiutato il colloquio, ha spiegato.
L’Ue ha il dovere di «sostenere la richiesta dei cittadini di poter svolgere al più presto nuove elezioni e garantire che gli atti di violenza e tortura siano accertati e puniti» anche attraverso l’adozione di sanzioni «al più presto», ha aggiunto Sassoli.
«Migliaia di persone — ha ricordato il presidente del Pe — sono in strada da ormai 10 giorni per protestare non solo contro elezioni truccate, come certificato da tutti gli osservatori internazionali, ma soprattutto contro la brutalità e la violenza del regime. Le scene che vediamo e le storie che ci vengono raccontate, quelle di torture e violenze contro pacifici manifestanti, sono orribili e hanno provocato emozione nelle nostre opinioni pubbliche».
Il timore — ha aggiunto il presidente — è quello di un escalation militare e dell’attività repressiva: «Noi non vogliamo imporre i nostri modelli, ma non possiamo restare indifferenti rispetto al desiderio di libertà di un popolo che vuole aprire una pagina nuova».
(da agenzie)
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