Maggio 7th, 2019 Riccardo Fucile
IL 55% DEGLI ELETTORI DELLA LEGA VUOLE CHE’ SIRI SI DIMETTA (SOLO PER IL 35% DEVE RESTARE), IL 61% VUOLE RESTARE IN EUROPA (SOLO IL 26% VUOLE USCIRE), IL 53% BOCCIA SALVINI SUL 25 APRILE (SOLO IL 32% LO APPROVA)
La popolarità del governo è scesa dal 59% del giugno 2018 al 43% di oggi, come registra
l’ultimo sondaggio realizzato dall’Istituto Ixè per HuffPost.
Ne fanno, invece, maggiormente le spese il Premier Conte (la cui fiducia scende di due punti, portandosi al 47%), e soprattutto i due vicepremier, che perdono entrambi 3 punti.
C’è una novità : la ridotta condivisione, rilevata nell’elettorato, di alcune delle recenti posizioni di Salvini.
Sulla ‘vicenda Siri’, infatti, sei italiani su dieci si dichiarano a favore delle dimissioni del Sottosegretario e anche nell’elettorato leghista è minoritaria la posizione in merito espressa da Salvini.
La scelta, poi, di disertare le recenti celebrazioni del 25 aprile è apprezzata solo da un elettore su quattro, mentre il 57% la giudica sbagliata, coerentemente con l’idea, prevalente tra gli italiani, che i valori della resistenza mantengano pienamente la loro attualità .
Su questi temi, seppure nel centro destra ci siano ampie aperture, non sono per nulla marginali le critiche (un terzo dell’elettorato leghista non ha condiviso la decisione di Salvini).
Pensando poi a uno dei cavalli di battaglia, sul fronte economico (peraltro l’ambito che sta più a cuore agli italiani, in termini di priorità assegnate al governo, molto più dei temi della sicurezza e dell’immigrazione), si conferma la distonia tra le posizioni anti-Euro sostenute dalla Lega —più in campagna elettorale che in questa fase a dire il vero— e l’opinione pubblica: la nettissima maggioranza del Paese (71%) vuole restare nella moneta unica e solo il 17% voterebbe per l’uscita in un eventuale referendum.
E’ iniziata una lenta erosione degli elettori anche per la Lega, evidenziata dai sondaggi dell’ultimo mese: se non è stata ancora più marcata è forse perchè in questa fase non si delineano ancora, nel panorama politico, alternative particolarmente nitide, ovunque si guardi.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 18th, 2019 Riccardo Fucile
SONO 50 LE STRUTTURE PROVINCIALI COMMISSARIATE, UN PLENOPOTENZIARIO CHE DEVE GARANTIRE PIU’ CHE ALTRO FEDELTA’ AL CAPO
Che Matteo Salvini abbia un debole per i commissari non è un mistero, vista la disinvoltura con cui, da ministro dell’Interno, indossa la divisa della Polizia.
Meno noto è che il vicepremier stia facendo diventare la figura del commissario un modello per la Lega, un soggetto ideale — e preferibile ai segretari politici — per controllare le articolazioni territoriali del movimento.
Da perfetto “Capitano”, come ama farsi chiamare, sta traghettando il passaggio dalla vecchia Lega Nord a una Lega senza più aggettivazioni settentrionali puntando, dopo le Europee, al nuovo soggetto sovranista.
E il commissario, alla faccia dello statuto, diventa un perfetto plenipotenziario di lungo corso e a lungo termine, presente ormai in una cinquantina di strutture provinciali. Non più un’eccezione, ma una regola.
Le ragioni per cui un leghista fedelissimo alla nomenklatura di via Bellerio viene spedito in giro per l’Italia sono le più diverse: la surroga di un segretario eletto in Parlamento, litigiosità interne, dimissioni indotte di vecchi militanti ancorati al passato padano, il bisogno di maggiore dinamismo elettorale.
Ma c’è anche la difficoltà di selezione della classe dirigente, soprattutto nelle nuove realtà del Centro-Sud Italia, per una Lega in via di globalizzazione.
Commissario perpetuo
Il caso più eclatante di commissariamento perpetuo viene da Bolzano, perchè dura da 23 anni. Fino a pochi mesi fa il ruolo era coperto da Massimo Bessone, diventato però vicepresidente e assessore della provincia autonoma, che ha gestito la partita elettorale di autunno. Momento di grande espansione della Lega, entrata in giunta con Sudtirolel Volkspartei.
Il fatto è che a Bolzano i commissari hanno cominciato a succedersi dal 1996: prima Rolando Fontan (fino al 2000), poi Sergio Divina (fino al 2006), quindi per dieci anni Maurizio Fugatti, attuale presidente della Provincia di Trento. Quindi Bessone sostituito ora da Maurizio Bosatra, già capo di gabinetto del ministro Roberto Calderoli, nonchè commissario a Mantova.
Ventitre anni di emergenza politica, di straordinaria gestione, e quindi di congressi non fatti. E questo nonostante statuti e regolamenti della Lega Nord siano chiari. “La revoca del Segretario di una Nazione o di una delegazione territoriale è deliberata dal competente organo di livello superiore. In caso di delibera di scioglimento dell’organo, deve contestualmente essere prevista, con efficacia immediata, la nomina di un Commissario”. Una carica a tempo indeterminato? No, perchè egli è “incaricato della gestione e delle operazioni utili per la ricostituzione dell’Organismo entro 180 (centottanta) giorni dallo scioglimento”. Sei mesi, non 23 anni.
Paese che vai commissario che trovi
Che i commissari siano una regola lo dimostrano Lombardia e Veneto, anche perchè tanti segretari sono diventati incompatibili essendo finiti in Parlamento. Ma non vengono sostituiti da altri segretari eletti dalla base, bensì dai commissari.
Scorrere, per credere, l’elenco (non sempre aggiornato) nel sito ufficiale di via Bellerio. Enrico Sonzogni, commissario a Bergamo, candidato a sindaco di Algua, è stato appena sostituito dal lecchese Giulio De Capitani. A Como c’è Laura Santin. A Crema Rebecca Frassini (anche se è parlamentare). A Cremona il commissario Fabio Grassani è subentrato al commissario Fabio Fabemoli (eletto senatore). A Lecco nel 2018 è diventato commissario Stefano Parolari. Nella sezione Martesana (Brianza) c’è Mauro Andreoni. Ma anche la provincia di Milano ha il suo commissario con il deputato Fabrizio Cecchetti, vicecapogruppo della Camera. Idem a Monza e Brianza con Andrea Villa, a Sondrio con Massimiliano Romeo (che è anche presidente dei senatori leghisti) e in Valle Camonica con Elio Tomasi.
In Lombardia saltano all’occhio due incongruenze. Il candidato al Parlamento deve dimettersi da segretario e gli subentra un commissario, ma il commissario può essere un parlamentare. Inoltre, il commissario per statuto dovrebbe convocare il congresso per surrogare il segretario. Invece i commissari sopravvivono e perpetuano la catena del potere.
Da Re: “Aspettiamo il nuovo soggetto politico”
In Veneto l’elezione dei parlamentari nel marzo 2018 ha portato a commissariamenti a raffica, per sostituire i segretari. A Belluno c’è Gianpietro Possamai, a Padova Franco Gidoni, a Rovigo Fausto Dorio (che resiste alla fragorosa caduta del sindaco Massimo Bergamin sfiduciato perfino da sei leghisti, poi espulsi), a Treviso Roberto Ciambetti, a Venezia Alberto Stefani, a Verona Ignazio Nicola, a Vicenza Polo Tosato. L’unico segretario eletto è Luca Tollon, in Veneto Orientale.
Ma perchè dopo un anno non si eleggono i segretari? Gianantonio Da Re, segretario nazionale di Lega Nord — Liga Veneta: “Lo statuto prevederebbe la surroga, ma adesso siamo in attesa che nasca il nuovo soggetto politico ‘Lega per Salvini premier’ con Alberto da Giussano nello stemma”.
E le scadenze dello statuto? “In tempi morti accade così, ma adesso siamo al governo, ci sono le amministrative, le Europee, l’evento straordinario del nuovo partito. Per questo i tempi si allungano…”.
E la democrazia interna? “In Veneto non ci sono problemi. Abbiamo la presidenza della Regione, consiglieri regionali, amministratori locali. Il dibattito interno c’è”. Ma c’è anche chi si lamenta. “Sa cosa diceva Napoleone? Quando fai un generale, ne scontenti cento”.
Nel nome del “capitano”
Nessuno lo confermerà , ma i commissariamenti servono a Salvini per controllare la periferia. La carrellata dei plenipotenziari nominati e non eletti può continuare in Piemonte, dove Giovanni Battista Poggio è ad Alessandria e Federico Perugini a Verbania-Cusio-Ossola (nel 2017 fu sollevata la segretaria Marcela Severino per questioni di tesseramenti). In Emilia sono tre: l’avvocato Carlo Piastra a Bologna, Stefano Bargi a Modena e Corrado Pozzi a Piacenza. Si sprecano anche in Liguria: Alessio Piana a Genova, Alessandro Piana ad Imperia (a luglio entrò in contrasto con l’ex segretario Giulio Ambrosini sui risultati delle e Francesco Bruzzone nel Tigullio.
Il ribaltone è più evidente ancora in Toscana, dove da ottobre 2018 Salvini ha voluto Susanna Ceccardi, che a sua volta ha fatto lo spoiling system, nominando, a cascata, i commissari Manfredi Potenti a Livorno, Andrea Recaldin a Lucca-Versiglia, Gabriele Gabbriellini a Pisa, Sonia Pira a Pistoia, Andrea Recaldin a Prato e Tiziana Nisini a Siena. Nelle Marche ci sono anche implicazioni personali e politiche.
Ad esempio, a gennaio il commissario regionale Paolo Arrigoni ha rimosso a Macerata la segretaria Letizia Maria Marino “per riorganizzare e potenziare l’attività politica sul territorio”. Ma commissari si trovano ad Ascoli Piceno (Andrea Maria Antonini) e a Fermo (Mauro Lucentini, eletto però in Parlamento). In Valle d’Aosta il deputato Alessandro Giglio Vigna si è dimesso da poco, sostituito da Marialice Boldi.
Terre di frontiera
Quando le parole nascondono i fatti. Immobilismo è la parola che ricorre in tanti commissariamenti. Ad esempio in quello di San Bonifacio (Verona) dove nel 2017 il segretario Umberto Peruffo aveva lasciato dopo 25 anni il posto alla commissaria Debora Marzotto, poi commissariata nel gennaio 2019, anche per una disavventura giudiziaria (consulenze per una casa di riposo).
In tutto il Meridione è un pullulare di commissari e la Lega è diventato un brand. Prendiamo la Puglia. A San Severo il commissario Marcello De Filippis è appena stato sostituito (dopo due settimane di incarico) da Raimondo Ursitti, per devianza dalla linea politica. De Filippis ha commentato: “Grottesco, una pagliacciata”.
In provincia di Reggio Calabria dal 2018 è commissario Michele Gullace, che a gennaio ha trovato un foro di proiettile sul cofano della propria jeep. “Da quando ho la carica mi sono fatto molti nemici”.
Marzio Liuni, nominato in Basilicata, a gennaio: “Sono state azzerate le cariche, ma il mio non è un commissariamento punitivo”.
A Terni, in Umbria, la giunta del sindaco leghista Leonardo Latini traballa e allora Salvini manda la deputata Barbara Saltamartini a fargli da tutor.
In Sicilia è stato spedito da Tradate, in provincia di Varese, Stefano Candiani, a fare da plenipotenziario. Dulcis in fundo, in Campania, Gianluca Cantalamessa.
È la dimostrazione di come si possa passare dall’Msi ad Alleanza Nazionale, poi transitare per Forza Italia, quindi diventare commissario regionale di una Lega ormai sempre meno nordista.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
IL PIANO SOVRANISTA PER DISTRUGGERE L’EUROPA: “MOSCA PARTNER IMPRESCINDIBILE”
Le “giovanili” del Carroccio e di Russia Unita firmano un’alleanza programmatica. Tra i
capisaldi, la lotta all’immigrazione clandestina, la difesa dell’identità nazionale e il riconoscimento di Mosca come “partner imprescindibile”.
Primo passo di un più ampio piano sovranista: dopo quello tra i partiti dei grandi siglato nel 2017, anche le giovanili di Lega e Russia Unita hanno firmato oggi un’alleanza programmatica a Mosca
I legami tra Lega e Russia Unita, il partito del presidente Vladimir Putin, sono noti.
Ma ora si aggiunge un nuovo tassello, un memorandum siglato tra il movimento giovanile della Lega e la Giovane Guardia di Russia Unita.
In esso si esprime la volontà di “rafforzare le relazioni di buon vicinato e d’amicizia, per espandere e approfondire la cooperazione multilaterale tra la Federazione Russa e la Repubblica Italiana”.
Ma come? “Puntando alla creazione di un favorevole ambiente politico e pubblico per la realizzazione dei sopraindicati obiettivi e prevenire la divisione tra i popoli”
Secondo i due movimenti, infatti, ci sono “comuni valori spirituali, storici e culturali”, oltre all’amicizia che lega il popolo italiano a quello russo.
L’obiettivo delle due parti, così come descritto nel memorandum, è “il ripristino del dialogo politico e dei partenariati, una cooperazione paritaria tra l’Italia e la Russia in tutti i settori d’interesse comune per portarli ad un livello qualitativamente nuovo, anche a livello di giovani”.
(da agenzie)
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Ottobre 26th, 2018 Riccardo Fucile
LA LEGA NORD NON ESISTE PIU’, ORMAI E’ UN PARTITO PERSONALE SOVRANISTA… I SOCI FONDATORI SONO SALVINI, FONTANA, GIORGETTI, CENTEMERO E CALDEROLI
I tempi della Lega Nord per l’Indipendenza della Padania di Umberto Bossi sono finiti. Il
partito guidato da Matteo Salvini è infatti pronto al restyling definitivo, di cui si parla da mesi, che segnerà la fine anche nei simboli dell’era del Senatur e della battaglia per l’indipendenza della Padania, ormai archiviata da tempo
Dal logo della Lega scomparirà la parola Nord e scomparirà soprattutto Alberto da Giussano, leggendario capo militare della Lega Lombarda.
L’avvio del nuovo partito, Lega per Salvini premier il cui Statuto è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 14 dicembre dell’anno scorso, è ormai imminente.
Alcuni nella Lega, secondo il Corriere della Sera, credono che Salvini potrebbe parlarne al consiglio federale convocato per oggi
I soci fondatori della nuova Lega, oltre al leader nazionale, sono il ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, il tesoriere Giulio Centemero e l’ex ministro Roberto Calderoli.
Sono loro che hanno costituito la Lega per Salvini premier, destinata a sostituire in tutto e per tutto il partito fondato da Bossi, e sono loro che rappresenteranno in tutto e per tutto il consiglio federale, l’organo massimo della nuova Lega, in attesa che i congressi ne eleggano i nuovi rappresentanti.
Con il partito salviniano la parola Nord scompare dall’orizzonte.
L’articolo 1 dello Statuto non parla più nemmeno di indipendenza della Padania stabilendo che la “Lega per Salvini premier è un movimento politico confederale costituito in forma di associazione non riconosciuta che ha per finalità la trasformazione dello Stato italiano in un moderno Stato federale attraverso metodi democratici ed elettorali”
Nello stesso articolo c’è anche un passaggio “sovranista”, quando si precisa che la Lega “promuove e sostiene la libertà e la sovranità dei popoli a livello europeo”.
Per quanto riguarda invece Alberto da Giussano, il guerriero viene sostituito da un semplice rettangolo “di colore blu in cui campeggia la scritta ‘Lega per Salvini premier’ in bianco, circondata da una sottile cornice sempre di colore bianco”.
Alberto da Giussano potrebbe comunque continuare ad apparire nel contrassegno sulle schede elettorali.
(da Globalist)
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Settembre 7th, 2018 Riccardo Fucile
ED ELENCA IL CALO DEGLI ATTIVI DI CASSA DURANTE GLI ANNI DEI SUOI SUCCESSORI : QUANDO HA LASCIATO C’ERA UN ATTIVO DI 40 MILIONI
“Colpa mia? Non è vero, quando ero io alla guida della Lega i soldi c’erano”. 
La replica di Umberto Bossi alle accuse è sempre la stessa. A poche ore dalla sentenza del tribunale del Riesame, a chi gli affibbia la responsabilità di quei 49 milioni di rimborsi elettorali non dovuti, spariti e ora da restituire, il Senatùr – che preferisce ormai il basso profilo dopo tutte le vicende politiche e giudiziarie avute – dà un consiglio: “Guardate i bilanci della Lega, lì c’è tutto in chiaro”.
La linea difensiva di Bossi è insomma che lo scaricabarile su di lui è in contrasto con i fatti, come i bilanci dimostrerebbero.
E quindi nei bilanci appunto è scritto che il totale attivo degli esercizi del segretario federale Bossi nell’anno 2011 è di 47.791.649,05.
Bossi si dimette da segretario della Lega il 5 aprile del 2012 alla vigilia del coinvolgimento del figlio Renzo nell’inchiesta sui rimborsi, e lascia al successore Roberto Maroni alla guida della Lega un tesoretto che a fine 2012 è di 40.025.226,74. “Sono i soldi che erano nelle casse del partito”: sottolineano i collaboratori di Bossi. Nell’anno 2013, sempre sotto la gestione Maroni, l’attivo di cassa è di 25.844.133,12.
Bossi e i suoi collaboratori segnalano che si tratta del bilancio della Lega Nord con il timbro della certificazione di Price Waterhouse, società internazionale di revisione dei conti.
Sempre per la serie della trasparenza dei bilanci, il totale attivo scende via via negli anni.
Ecco quindi che nel 2014, segretario Matteo Salvini, il totale attivo è di 17 milioni e nel 2015 di 9 milioni e mezzo.
C’è poi il capitolo della liquidità a disposizione del Carroccio e qui, nell’era Bossi, scoppia il caso Belsito che fa i famosi investimenti in Tanzania: dai 31 milioni e mezzo di liquidità (2010) si passa nel 2011 a 12 milioni e 700 mila.
Bossi e Belsito sono stati condannati una prima volta a Milano, per appropriazione indebita dei fondi del partito, nel luglio 2017. Una seconda volta, a Genova, due mesi dopo, per truffa insieme a tre ex revisori.
(da “La Repubblica”)
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Settembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
AL DI LA’ DELLE SMENTITE DI CIRCOSTANZA, LA LEGA LAVORA A UN NUOVO PARTITO PER SOTTRARSI ALLA LEGGE
Matteo Salvini ufficialmente smentisce l’ipotesi di dover abbandonare il nome della Lega in caso di
conferma del sequestro di 49 milioni di euro da parte dei magistrati di Genova. Ufficiosamente, però, lavora a un nuovo partito che, racconta oggi Repubblica, potrebbe chiamarsi “Lega Italia”, “Lega” e basta, oppure “Prima gli italiani”, “Popolo italiano”, “Noi”.
Lo slogan “Prima gli italiani”, copiato da quello di Donald Trump, finora ha riscosso successo tanto da comparire in tutti i manifesti, i volantini e le iniziative politiche dell’attuale Lega.
D’altro canto proprio il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi in una intervista rilasciata ieri al Corriere ha indicato la strada («Di fronte a un nuovo soggetto giuridico completamente autonomo, non potremmo fare nulla rispetto ai versamenti futuri»), ma in realtà è la conferma di quanto il gruppo dirigente vicino al ministro dell’Interno già sapeva e aveva in mente di fare.
Spiega Matteo Pucciarelli sul quotidiano di Calabresi:
Se per marcare la distanza giuridica con il vecchio guscio sarà necessario un nome completamente diverso, senza neanche Alberto da Giussano nel simbolo, allora si pensa a una denominazione più da “slogan”. In linea con la politica inaugurata in questi anni da Salvini, ma capace allo stesso tempo di calamitare e far sentire a casa anche elettori in libera uscita da Forza Italia o Fratelli d’Italia.
Quindi – è il ragionamento – serve un nome non troppo identitario, non troppo antico con dizioni tipo “partito”, ma contenente già un messaggio preciso e riconoscibile. Da qui ad esempio il finora “prima gli italiani”, che già campeggia in tutte le slide della Lega, utilizzato ad ogni comizio, o anche sotto forma di hashtag e così via.
Dal punto di vista tecnico invece è possibile per il Carroccio dirottare i fondi che oggi vengono versati dai parlamentari al movimento “Lega-Salvini premier”, fondato nel gennaio del 2017, e che già oggi riceve il 2 per 1000 dei contribuenti.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 13th, 2018 Riccardo Fucile
UNA REGOLA OBBLIGA LA LEGA ORIGINARIA A ESPELLERLO… HA CREATO UNA SECONDA LEGA CON STATUTO QUASI IDENTICO PER INCASSARE FONDI DEL 2 X 1000 PER SFUGGIRE AL SEQUESTRO
Lega contro Lega. Salvini contro Salvini. 
Da una parte il segretario del Carroccio, quello che lotta da anni per l’indipendenza della Padania.
Dall’altra il leader di un partito personale, che sostiene il sovranismo dei popoli e la creazione di un’Italia federale.
In mezzo: migliaia di militanti, elettori, simpatizzanti. Ma soprattutto i soldi.
Quelli della vecchia Lega messi sotto sequestro dalla magistratura di Genova, i 49 milioni frutto della truffa ai danni dello Stato.
E quelli che continuano ad affluire nelle casse del partito grazie alle donazioni di sostenitori e parlamentari.
È questa la paradossale situazione creata negli scorsi mesi dal ministro degli Interni con la fondazione della “Lega per Salvini Premier”.
Un’iniziativa che potrebbe causare l’espulsione dello stesso Salvini dalla Lega Nord.
Il divieto è spiegato chiaramente nello statuto del Carroccio.
Si legge infatti all’articolo 33: «La qualifica di Associato Ordinario Militante è incompatibile con l’iscrizione o l’adesione a qualsiasi altro Partito o Movimento Politico, associazione segreta, occulta o massonica, a liste civiche non autorizzate dall’organo competente. Il verificarsi di tale incompatibilità è motivo di espulsione dalla Lega Nord».
In altre parole, chi è iscritto alla Lega non può aderire ad altri movimenti politici, pena l’esclusione.
Una norma approvata dal consiglio federale del Carroccio nell’ottobre del 2015, quando Matteo Salvini era già il segretario del partito.
Colpisce dunque scoprire che esattamente due anni dopo lo stesso Salvini abbia dato vita a una nuova creatura, la “Lega per Salvini Premier”, che vede come segretario federale proprio Salvini e come tesoriere Giulio Centemero, deputato e al contempo amministratore dei soldi del vecchio Carroccio.
Possibile che la creazione di questo nuovo partito non sia stata autorizzata dalla Lega Nord? «Non che io ricordi», dice a L’Espresso un membro del consiglio federale che preferisce rimanere anonimo.
La fonte spiega che l’organo esecutivo del partito «ha autorizzato solo il passaggio e il cambio di gruppo di Roberto Calderoli al Senato. Null’altro. Tantomeno la costituzione di un nuovo movimento. Avrei trovato quantomeno singolare una scelta di questo tipo».
Anche perchè, se fosse vero quanto dice la fonte interna al Carroccio, Salvini avrebbe violato la regola da lui stesso approvata, e cioè quella che impedisce a un militante della Lega Nord di aderire ad altri movimenti politici.
La stessa norma che nel marzo del 2015 è costata l’espulsione dal partito a Flavio Tosi, l’ex sindaco di Verona reo di aver dato vita alla fondazione “Ricostruiamo il Paese” e cacciato per questo da Salvini con la frase «un militante della Lega può essere iscritto solo alla Lega e non ad altri movimenti».
Grazie alla semisconosciuta Lega per Salvini Premier il vicepremier sta incassando i soldi del 2 per 1000, unico brandello di finanziamento pubblico rimasto dopo l’abolizione dei rimborsi elettorali.
Un escamotage per evitare il sequestro disposto dal tribunale di Genova.
Intanto prosegue il processo d’Appello sui rimborsi elettorali contro Bossi e Belsito. Al fianco dell’accusa, le parti civili Camera e Senato.
Istituzioni difese dall’avvocatura dello Stato, che già in primo grado avevano ottenuto il riconoscimento del danno.
E presentato una memoria in cui spiega perchè vanno sequestrati i 49 milioni di euro.
(da “L’Espresso”)
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Luglio 1st, 2018 Riccardo Fucile
ASSENZA STORICA PER I DUE FONDATORI DELLA LEGA
Umberto Bossi e Roberto Maroni disertano per la prima volta Pontida.
Il fondatore della Lega e l’ex ministro dell’Interno ed ex governatore della Lombardia non si sono visti, quest’anno sullo storico pratone del tradizionale raduno del Carroccio.
Entrambi avevano detto che ci sarebbero stati anche se, per il secondo anno consecutivo, Bossi non era stato inserito nella scaletta degli interventi.
Che i rapporti tra il Senatùr, Maroni e il neo vice premier e ministro Salvini non fossero particolarmente buoni lo si era capito da alcune loro recenti dichiarazioni. Maroni in un’intervista a Repubblica aveva criticato Salvini e chiesto al ministro dell’Interno di lasciare il doppio incarico al Viminale e come segretario federale della Lega.
Non contento aveva aggiunto: “Chi guida il Viminale non deve fare proclami”.
E’ vero che in questa fase Maroni aveva scelto di restare defilato dopo la sua scelta di non ricandidarsi a governatore della Lombardia, ma è altrettanto vero che non è un mistero che l’ex ministro dell’Interno non condivida la linea del suo segretario.
Quanto a Bossi, anche il Senatùr in una recente intervista a Il Venerdi non aveva lesinato critiche a Salvini quando aveva affermato, tra l’altro: “Prendere voti mica vuol dire che sei nel giusto. Il respingimenti? Solo chiacchiere. La Lega sovranista? Non sarà così”.
Dall’entourage di Maroni gettano acqua sul fuoco, ma sta di fatto che è la prima volta che sia Bossi che Salvini mancano l’appuntamento di Pontida.
(da agenzie)
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Giugno 29th, 2018 Riccardo Fucile
NON SPIEGA COME E DA CHI… E NON CHIARISCE PERCHE’, ESSENDO OGGETTO DI REATO, SIANO STATI SPESI INVECE CHE ESSERE RESTITUITI ALLO STATO
“I soldi che dicono che abbiamo sottratto? Non ci sono quei 50 milioni, Repubblica sta cercando quei
soldi in Svizzera, in Lussemburgo… Fate inchieste su cose vere, non perdete il vostro tempo”.
Risponde così, Matteo Salvini, ministro dell’Interno, vicepremier e segretario del Carroccio, ai microfoni di Circo Massimo su Radio Capital.
A Massimo Giannini che gli chiede dove siano finiti quei soldi che la magistratura di Genova sta cercando (per tentare di restituirli allo Stato), il leader leghista risponde con un “quei soldi non ci sono, sono stati spesi in dieci anni”, lasciando aperto il caso.
Come sono stati spesi?
E, soprattutto, visto che dagli atti del processo di Genova risulta che quell’ammontare era nelle casse della Lega quando Umberto Bossi fu scalzato e sostituito da Roberto Maroni e poi da Salvini: perchè quei soldi che erano frutto di una truffa ai danni dello Stato sono stati spesi e non restituiti all’Erario?
Perchè Salvini non si è costituito parte civile nel processo che è stato fatto contro il Senatur?
Tutti interrogativi a cui il vicepremer leghista non ha mai risposto
In aprile la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della Procura di Genova, che ha chiesto di poter sequestrare i soldi che arriveranno in futuro sui conti della Lega Nord. Quei soldi che il partito, secondo i magistrati genovesi, deve restituire dopo la condanna di Umberto Bossi e Francesco Belsito per la maxi truffa sui rimborsi elettorali dal 2008 al 2010.
È dello scorso luglio la sentenza che ha portato alle condanne di Bossi a 2 anni e due mesi e dell’ex tesoriere Belsito a 4 anni e dieci mesi, oltre a quelle di altri cinque imputati: i tre ex revisori contabili del partito Diego Sanavio, Antonio Turci e Stefano Aldovisi (rispettivamente condannati a due anni e otto mesi, due anni e otto mesi e un anno e nove mesi) e i due imprenditori Paolo Scala e Stefano Bonet (cinque anni ciascuno).
Nei giorni scorsi era stato lo scrittore Roberto Saviano a chiedere pubblicamente a Salvini conto della fine di quei soldi. Il tema della restituzione dei rimborsi falsi della Lega è stato cavalcato per anni anche dal Movimento 5 Stelle, che ne chiedeva conto per bocca del capo politico Luigi Di Maio in una conferenza stampa ancora pochi mesi fa.
“La Lega Nord – tuonava Luigi Di Maio prima delle elezioni – che parlava di ‘Roma ladrona’ deve decine di miloni di euro ai cittadini italiani e urla al complotto: abbiano almeno la decenza di restituire i soldi prima di urlare al complotto”.
Ora che M5S e Lega sono alleati nel governo, la richiesta a Salvini di riconsegnare i soldi allo Stato, da parte edl M5s, è passata in secondo piano.
(da agenzie)
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