Destra di Popolo.net

LA RISPOSTA DI MATTARELLA A SALVINI CHE VUOLE DENUNCIARE CONTE PER IL MES: GELIDO SILENZIO

Novembre 29th, 2019 Riccardo Fucile

IL QUIRINALE NON E’ UN REFUGIUM PECCATORUM DOVE CHIUNQUE PUO’ ANDARE A SFOGARSI

Non l’ha presa benissimo, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l’iniziativa annunciata da Matteo Salvini, che ha chiesto di essere ricevuto d’urgenza sul Colle per denunciare le insidie «mortali» del Fondo salva-Stati, e per convincere il presidente a non metterci sotto la firma se e quando (non prima di qualche mese) il nuovo trattato gli arriverà  sul tavolo.
Mattarella non pare intenzionato a farsi trascinare nello scontro politico.
Spiega Marzio Breda sul Corriere della Sera:
La risposta è stata un gelido silenzio. Una scelta eloquente su un doppio livello di lettura. Il primo lo suggeriscono le recenti prassi di Palazzo: questo capo dello Stato non ha finora mai preso in considerazione richieste di udienze che riguardassero questioni del Parlamento, per le quali ritiene che «il garante» non sia lui ma il presidente della Camera.
La seconda chiave d’interpretazione riguarda la pretesa di far dirimere quest’ultima controversia politica a Mattarella (il quale naturalmente non ha funzioni giurisdizionali), pretesa che è parsa tanto più impropria in quanto la stessa Lega ha annunciato iniziative giudiziarie contro il governo e il premier sul Mes.
Dunque toccherà  soprattutto a Giuseppe Conte affrontare l’offensiva leghista, in Parlamento o in un’aula di tribunale, posto che si arrivi davvero alle carte bollate. Molto dipende da Salvini, al quale non sarà  comunque negato un incontro sul Colle, purchè ne faccia richiesta nelle dovute forme e senza aspettarsi d’essere ricevuto ad horas.
Ugo Magri sulla Stampa è dello stesso avviso:
Qui potrebbe crearsi un intoppo, dal momento che l’opportunità  di dare disco verde al Mes costituisce oggetto di scontro parlamentare. Lunedì ne discuteranno le Camere, il premier ha promesso che tornerà  in aula il 10 dicembre e per il suo governo sarà  come attraversare un cerchio di fuoco, con una parte dei Cinque stelle in grande fibrillazione. Se ricevesse Salvini, il capo dello Stato accrediterebbe indirettamente i dubbi sul trattato, getterebbe sulle fiamme un altro po’ di benzina, darebbe spago alla propaganda anti-governativa, complicherebbe ulteriormente la vita al povero Giuseppe Conte che già  se la passa così così. In altre parole, l’Arbitro verrebbe trascinato nella mischia.
Conoscendo lo scrupolo di Mattarella, la prudenza con cui si muove, il suo rispetto per le prerogative del Parlamento, viene difficile immaginare che l’uomo spalanchi le porte al “Capitano” e gli prepari un comitato di accoglienza.
Del resto in passato, quando erano state avanzate richieste analoghe, il presidente aveva pronunciato svariati “no”. Fin dal primo giorno ebbe modo di chiarire che il Quirinale non è un “refugium peccatorum” dove chiunque può andarsi a sfogare. Salvini medesimo se ne accorse personalmente, un anno e mezzo fa, quando provò a mobilitare il Colle contro i magistrati di Genova che indagavano sui famosi 49 milioni della Lega; alla fine venne accolto nel salottino presidenziale, sì, ma senza precipitazione e con l’impegno che in quella sede non si sarebbe parlato di toghe.

(da “NextQuotidiano”)

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SE CADE IL GOVERNO SI VA AL VOTO E ADDIO AL TAGLIO DEI PARLAMENTARI

Ottobre 30th, 2019 Riccardo Fucile

MATTARELLA NON SAREBBE INTENZIONATO A PERDERE ALTRO TEMPO

Concetto Vecchio su Repubblica oggi conferma il retroscena del Corriere della Sera di ieri che voleva Sergio Mattarella pronto a portare il paese alle urne in caso di caduta del governo Conte Bis.
Di più: nell’articolo si nota che a quel punto il voto si farebbe con le vecchie regole, quindi senza il taglio dei parlamentari proposto dal MoVimento 5 Stelle:
Stavolta, se Conte si dimettesse sarebbe insomma molto difficile evitare le urne. È vero che la dizione «formule politiche ulteriori» lascerebbe la porta aperta a un nuovo premier a capo della stessa maggioranza giallorossa, ma è una strada che al Colle non appare realisticamente percorribile. Se il governo implode, si potrebbe votare già  a fine febbraio, più o meno. E per eleggere 945 parlamentari, e non 600, come stabilito con la riforma del taglio votata dal Parlamento lo scorso 8 ottobre e pubblicata in Gazzetta ufficiale il 12 ottobre.
Perchè? L’articolo 4 della Riforma dispone infatti che «le disposizioni si applicano non prima che siano decorsi sessanta giorni dalla predetta data di entrata in vigore».
Quando entra in vigore la riforma? Il 12 gennaio, se in Parlamento non verranno raccolte le firme necessarie per fare scattare il referendum confermativo, e quindi le nuove regole varrebbero dal 12 marzo.
Oppure sessanta giorni dopo la celebrazione del referendum. Alla Camera tre deputati, Deborah Bergamini Roberto Giachetti, Riccardo Magi, stanno raccogliendo le firme per chiedere il referendum. Hanno tempo fino a gennaio. Servono le firme di un quinto della Camera o del Senato. Si tratta di 126 a Montecitorio, dove al momento sono a quota 15. Va meglio al Senato.
Qui le firme raccolte sono 40. Ne mancano 24. «Altre dieci sono sicure», dice uno dei promotori, il forzista Andrea Cangini.
«Hanno firmato anche alcuni Cinquestelle, come Mario Giarrusso. Possiamo farcela, il tempo c’è. Non lo faccio certo perchè spero di blindare la legislatura, ma in quanto contrario a questa riforma, approvata senza alcuna discussione profonda sul merito».
Sia come sia. Se qualcuno pensa che il Quirinale attenda la celebrazione del referendum — tra aprile e giugno — mettendo in campo nel frattempo un governo tecnico, sbaglia. «Non si possono aspettare sei mesi, se la situazione precipitasse a fine anno», spiegava ieri una fonte che ha avuto modo di parlare con il presidente.

(da “NextQuotidiano”)

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MATTARELLA AL FORUM DI CERNOBBIO: “ITALIA ABBIA UN RUOLO DI PRIMO PIANO NELLA UE, SERVE UN RIESAME DEL PATTO DI STABILITA'”

Settembre 7th, 2019 Riccardo Fucile

“IL FISCO SIA PIU’ EQUO, TASSARE LE MULTINAZIONALI”

L’Europa come risposta ai problemi globali e l’Italia convinta al suo interno, anche con l’obiettivo di portare avanti risorse che ne modifichino i meccanismi di funzionamento. E’ il messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, inviato al Forum Ambrosetti di Cernobbio e letto dall’ex premier Enrico Letta alla platea di imprenditori, economisti e uomini della finanza che si raduna annualmente sul lago di Como.
“L’Italia è chiamata a svolgere” un “ruolo di primo piano, partecipando con convinzione e responsabilità  a un progetto europeo lungimirante, sostenibile ed equilibrato dal punto di vista ambientale, sociale e territoriale”, ha scritto il presidente della Repubblica, invitando il “sistema economico-finanziario” a “cogliere l’occasione di fornire il suo contributo a questa fase di rinnovamento del progetto europeo”. Un messaggio in linea con il sentimento che si è respirato fin dalla prima giornata del Forum, nella quale molti protagonisti hanno sottolineato come il cambio di governo possa esser positivo proprio per ritrovare un dialogo costruttivo con Bruxelles, dopo la stagione delle bordate anti-europeiste e della ricerca dello scontro verbale con le istituzioni comunitarie.
Dialogo che deve esser fatto, ha ripreso il filo Mattarella, anche di proposte di riforma. A cominciare dalle regole sul bilancio. E’ “necessario” un “riesame” del patto di stabilità , ha spiegato il Presidente: “Coesione e crescita – ha rimarcato – sono gli obiettivi ai quali guardare e il necessario riesame delle regole del patto di stabilità  può contribuire a una nuova fase, rilanciando gli investimenti in infrastrutture, reti, innovazione, educazione e ricerca”.
Anche guardando ai problemi globali, in particolare alle guerre commerciali innescate dal protezionismo di Donald Trump, Mattarella ha indicato nell’azione europea la risposta. “In un contesto internazionale caratterizzato da crescenti rischi e incertezze e dal rallentamento dell’attività  economica, anche a causa di inappropriate guerre commerciali, soltanto un’Europa solida e unita sarà  capace di contribuire da protagonista al governo dei grandi temi globali”. Per il Capo dello Stato, “solo la riaffermazione di un multilateralismo fondato su regole condivise e l’apertura degli scambi potranno rilanciare la fiducia”.
In tema economico, non ha perso l’occasione per chiedere uno sforzo in direzione di una maggiore equità  fiscale. “Vanno fatti passi avanti per una fiscalità  europea che elimini forme di distorsione concorrenziale e affronti invece il tema della tassazione delle grandi imprese multinazionali, per un sistema più equo e corretto”. E questo, secondo il Capo dello Stato va fatto “unitamente al rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche, utili ad accompagnare le trasformazioni produttive e del lavoro”.
Sul Conte bis si è espresso anche il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire, presente al Forum Ambrosetti, che ha parlato di “un’opportunità  unica per dare nuovo slancio alle relazioni italo francesi nell’ambito economico e finanziario”.
Dall’appuntamento lombardo ha parlato anche l’ex premier incaricato Carlo Cottarelli, secondo il quale la linea guida del Conte bis nell’immediato è aumentare la crescita ma senza fare nuovo debito. “Non so cosa aspettarmi – ha detto pensando alla prossima legge di Bilancio – Se leggo il programma di governo l’intenzione è quella di fare più deficit e lo si dice in maniera abbastanza esplicita sostenendo che si vogliono cambiare le regole europee”, ha premesso. “Bisogna bloccare l’aumento dell’Iva, evitare maggiori spese e mettere tutto assieme diventa difficile. La priorità  resta la crescita ma la si può ottenere con riforme come quella della burocrazia o anche con meno tasse ma finanziate con la riduzione della spesa e la lotta all’evasione fiscale. Avere la crescita aumentando il debito non è una cosa decisiva”, ha spiegato Cottarelli

(da agenzie)

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NESSUN INCARICO A CONTE SE IL M5S DIRA’ A MATTARELLA CHE IL SI’ AL GOVERNO SARA’ DECISO DALLA PAGLIACCIATA DEL VOTO ON LINE

Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile

IL M5S HA AVUTO TUTTO IL TEMPO PER CONSULTARE GLI ISCRITTI MA NON L’HA FATTO… IL QUIRINALE NON PUO’ ACCETTARE ALCUN “SI’ CON RISERVA”, CI VUOLE RISPETTO DELLE ISTITUZIONI

Una cosa è chiara, secondo quanto si apprende nella prima febbrile ora della mattinata dalle parti del Quirinale: Mattarella non può accettare una soluzione della crisi “provvisoria” in attesa del voto grillino sulla piattaforma Rousseau.
La sua pazienza è già  stata messa a dura prova dagli sviluppi di questa crisi, e non solo dai 5 Stelle.
Ma il capo dello stato è l’arbitro della partita del governo, e nè lui nè il Parlamento nè le forze politiche possono accettare che dopo il fischio dell’arbitro possa essere introdotta surrettiziamente la VAR del voto online tra gli iscritti al M5s.
Il ragionamento che si fa nel palazzo del Quirinale è questo: il perimetro della maggioranza nascente è emerso in sede parlamentare da 15 giorni, con il voto al senato contro la richiesta della Lega di calendarizzare per l’indomani la mozione di sfiducia a Conte.
Lì ci furono i «no» concertati di Movimento 5 stelle, Partito Democratico, Gruppo Misto e Autonomie. Da lì in poi il perimetro della maggioranza alternativa al centrodestra è sempre stato lo stesso.
Nelle consultazioni della scorsa settimana Mattarella ne ha avuta diretta conferma, tanto da accordare sei giorni di tempo ai nuovi “promessi sposi” per cementare l’intesa di governo.
Il M5s, questo è il punto centrale, ha avuto tutto il tempo per consultare i suoi iscritti sul tema dell’accordo col Pd. Ma non lo ha fatto.
E ora il Quirinale non può accettare nessun “sì con riserva”. Questo pomeriggio dalle consultazioni con Pd e M5s possono uscire solo un mandato pieno a Conte o il fallimento del governo giallorosso.
Se alle 19 la delegazione 5 Stelle dovesse confermare, a precisa domanda del presidente della Repubblica, che la nascita del governo può essere messa a rischio nei prossimi giorni dal voto su Rousseau, non darà  l’incarico a Conte, ma procederà  sulla strada alternativa già  fissata dal Quirinale: quella del governo tecnico che porterà  alle elezioni in autunno.

(da Open)

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MATTARELLA NON SCHERZA: IL NOME ENTRO DOMANI SERA O ELEZIONI

Agosto 25th, 2019 Riccardo Fucile

SE IL NOME NON VIENE FORNITO CON RELATIVE REALI ACCORDI NON CI SARANNO NEANCHE LE CONSULTAZIONI DI MARTEDI

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella attende per domani sera, lunedì, il nome del presidente del Consiglio del governo PD-M5S.
E se non c’è un accordo tra le forze politiche e nessuna possibilità  di ricomporre anche l’asse tra MoVimento 5 Stelle e Lega, a dispetto degli sms in stile “Cara ti amo” tra Di Maio e Salvini, scioglierà  le camere e indirà  nuove elezioni.
L’intenzione del Quirinale è chiara: non si vuole consentire che il secondo giro di consultazioni, martedì e mercoledì, si trasformi in una farsa inconcludente.
Per questo, scrive oggi Repubblica, il calendario del secondo round dei partiti nello studio alla Vetrata sarà  stilato solo nella serata di domani, proprio perchè il Presidente prima vuole avere contezza delle varie posizioni in campo.
Si va verso un governo M5S-Pd? Oppure torna grottescamente l’alleanza gialloverde, con Di Maio premier? Oppure è il caso di prepararsi al voto?
Nessuna delle tre opzioni al momento sembra prevalere nettamente sulle altre.
Il Quirinale assiste con crescente allarme alle piroette in corso, al valzer dei due forni. Se questo stato di confusione permarrà  fino all’ultimo allora il Capo dello Stato non esclude di indire consultazioni rapidissime, tutte concentrate in un giorno, o addirittura in mezza giornata.
Non vuole show, con i leader che al suo cospetto dicono una cosa e al popolo dei social un’altra. È anche una questione di rispetto verso l’istituzione che rappresenta.
Anche perchè il tempo stringe: già  adesso, in caso di fallimento, si rischia di andare al voto ai primi di novembre, il che signicherebbe avere un Parlamento operativo sul finire del mese; resterebbero circa trenta giorni per scongiurare l’esercizio provvisorio e mettere in piedi una legge di Stabilità  complicatissima.
Anche Ugo Magri sulla Stampa disegna uno scenario simile, pur essendo più possibilista sulla conclusione parlamentare della crisi. Altrimenti potrebbe arrivare un esecutivo ponte per portarci alle urne:
Comunque vada a finire, mercoledì sarà  il giorno dell’incarico di governo.
Mattarella lo conferirà  a chi gli suggeriranno M5S e Pd (a patto che si mettano d’accordo), oppure a qualche personalità  neutra, nel caso si debba formare un governo di garanzia incaricato di portarci in fretta a votare.
Il governo elettorale sarebbe formato da sette-otto ministri tecnici con molte deleghe e avrebbe un programma politico semplicissimo, di tre sole parole: «Tornare alle urne». Dovrebbe presentarsi in Parlamento, perchè così vuole la Costituzione, ma solo per essere bocciato.
Un attimo dopo, il presidente firmerebbe il decreto che manda tutti a casa.

(da agenzie)

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MATTARELLA ROCKS, LE MAGLIETTE NATE PER GIOCO CHE SPOPOLANO SUL WEB

Agosto 25th, 2019 Riccardo Fucile

E I RICAVI VANNO IN DONAZIONI PER LA SEA WATCH

Un successo inatteso e improvviso. Nato quasi per gioco, sul web e sui social.
E che in questi giorni, per via della crisi di governo, sta avendo una nuova impennata con oltre 100 t-shirt vendute quotidianamente.
Parliamo delle magliette Mattarella Rocks, le magliette di cotone con il nome del Presidente della Repubblica scritto con il font grafico utilizzato dal gruppo rock dei Metallica.
“Siamo tutti orgogliosi, non ce lo aspettavamo”, ha raccontato all’Adnkronos Michele De Paola, uno dei tre amici che hanno avuto l’idea. “L’idea è nata per caso il primo gennaio 2019, dopo il discorso di fine anno del presidente Mattarella. Discorso in cui aveva sottolineato, tra le varie cose, il bisogno di una gestione più umana dell’immigrazione”.
Da lì l’ispirazione, continua De Paola: “Quel pomeriggio abbiamo visto che sui social girava un’immagine con la scritta ‘Mattarella’ realizzata con il lettering dei Metallica e così, per scherzare, parlando via chat, ci siamo detti ‘Perchè non ci facciamo una maglietta e diamo il ricavato alle Ong?”.
L’iniziativa ha anche un risvolto benefico: tutto il ricavato infatti viene devoluto alla Sea Watch. “Dopo le prime vendite abbiamo mandato una mail ai 10-15 clienti che   l’avevamo acquistata, proponendo una sorta di questionario con l’elenco delle Ong che al momento operavano e chiedendo quale preferissero per devolvere il ricavato. Hanno scelto la Sea Watch”.
Oltre alle magliette, l’effige Mattarella Rocks viene stampata su tazze, gadget e cover per smartphone. Tutti gli oggetti sono in vendita su Teespring, un portale che dà  la possibilità  di devolvere parte del ricavato a Ong e associazioni benefiche. Fino ad oggi sono stati donati a Sea Watch più di 6mila euro, grazie alla vendita di oltre 1500 articoli.
Il successo del marchio è nato sui social, grazie ad alcune “fan” d’eccezione. Tutto è partito da una foto della conduttrice Andrea Delogu su Instagram. “La sua è stata una spinta incredibile”, confessa De Paola. “non sapevamo nulla. Lei l’ha indossata ripetutamente, dandoci una grandissima mano. E’ così che abbiamo registrato i primi picchi di vendita”. Oltre a Delogu poi c’è Geppi Cucciari, che su Instagram ha postato una foto al mare con la versione canottiera.
I tre amici sono molto orgogliosi del successo della loro iniziativa: ”È partito come uno dei tanti ‘giochini’ che si fanno tra amici e poi è diventato qualcosa di davvero grande e importante. Siamo davvero soddisfatti”.

(da agenzie)

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UN MATTARELLA GIUSTAMENTE SECCATO CONCEDE TEMPO SOLO FINO A MARTEDI’ AL TEATRINO DELLA POLITICA

Agosto 22nd, 2019 Riccardo Fucile

DI MAIO GIOCA SU DUE TAVOLI PER MANTENERE LA SUA POLTRONA… PEGGIO DELLA PRIMA REPUBBLICA: SALVINI ACCATTONE PROMETTE A DI MAIO DI FARE IL PREMIER PUR DI EVITARE LA GALERA,   MENTRE DI MAIO, NONOSTANTE L’INDICAZIONE DEL 90% DEI PARLAMENTARI   (E GRILLO) DI TRATTARE SOLO CON IL PD,   CONTINUA A PARLARE SOLO DELLA CAZZATA DELLA RIDUZIONE DEI PARLAMENTARI

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella concede ai partiti i tempi supplementari. Avranno tempo fino a martedì per esplorare la possibilità  di formare un governo capace di ottenere la fiducia in Parlamento “in base ad accordi politici su un programma per governare il Paese”. Il capo dello Stato ha fissato nuove consultazioni per martedì prossimo.
Mattarella non chiama per nome le singole forze politiche, ma dà  conto, da un lato, di “iniziative” da parte di “alcuni partiti” per un’intesa di governo; “del resto – aggiunge –   anche da parte di altre forze politiche è stata rappresentata la possibilità  di ulteriori verifiche”.
“Nel corso delle consultazioni appena concluse mi è stato comunicato da parte di alcuni partiti politici che sono state avviate iniziative per un’intesa, in Parlamento, per un nuovo governo e mi è stata avanzata la richiesta di avere il tempo di sviluppare questo confronto”. Non solo. “Anche da parte di altre forze politiche – aggiunge Mattarella – è stata rappresentata la possibilità  di ulteriori verifiche”.
Servono “decisioni chiare e sollecite”. “Svolgerò nuove consultazioni che inizieranno nella giornata di martedì prossimo per trarre le conclusioni e assumere le decisioni necessarie”.
â€³È possibile solo un governo che ottiene la fiducia del Parlamento in base ad accordi politici su un programma per governare il paese. In mancanza di queste condizioni la strada è quella di nuove elezioni”. Quella delle elezioni è una “strada da non assumere alla leggera dopo solo un anno di legislatura”. Questo si renderà  “necessario qualora il Parlamento non sia in grado di esprimere una maggioranza di governo”.
Le reazioni
“Vi chiediamo mandato di incontrare la delegazione del Pd per parlare del primo punto, il taglio dei parlamentari, sul quale chiederemo chiarezza”. Lo ha detto il capogruppo M5s, Stefano Patuanelli, all’assemblea dei gruppi.
L’assemblea dei gruppi M5s ha dato mandato per acclamazione al capo politico Luigi Di Maio e ai capigruppo Stefano Patuanelli e Francesco D’Uva a incontrare la delegazione del Pd.
“Alle proposte e dai principi da noi illustrati al Capo dello Stato e dalle parole e dai punti programmatici esposti da Di Maio, emerge un quadro su cui si può sicuramente iniziare a lavorare”, lo ha detto il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, aprendo di fatto ad un possibile accordo con il Movimento 5 Stelle.

(da agenzie)

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MATTARELLA DISTRUGGE IL DECRETO SICUREZZA BIS, PESANTI RILIEVI: “RESTA UN OBBLIGO SALVARE LE PERSONE IN MARE, SANZIONI SPORPORZIONATE, NON SI DISTINGUE IL TIPO DI NAVE, NON SI RISPETTA LA CONVENZIONE DI MONTEGO BAY

Agosto 8th, 2019 Riccardo Fucile

E ANCHE L’OLTRAGGIO A PUBBLICO UFFICIALE E’ UN PASTICCIO PERCHE’ SI E’ TOLTA LA LIEVA ENTITA’… E’ COME AVER ANTICIPATO CHE E’ UN DECRETO DESTINATO A ESSERE DICHIARATO INCOSTITUZIONALE DALLA CONSULTA

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha promulgato, ma con due pesanti rilievi, contenuti in una lettera inviata ai presidenti delle Camere e al premier Conte, il decreto sicurezza bis voluto da Matteo Salvini.
Anche in presenza di questo decreto, l’obbligo dei naviganti di salvare i naufraghi rimane tutto.
“Al di là  delle valutazioni nel merito delle norme, che non competono al Presidente della Repubblica, non posso fare a meno di segnalare due profili che suscitano rilevanti perplessità ” scrive infatti il presidente Sergio Mattarella, “rimettendo – come si legge in chiusura della missiva – alla valutazione del Parlamento e del Governo l’individuazione dei modi e dei tempi di un intervento normativo sulla disciplina in questione”
La prima osservazione di Mattarella si riferisce all’ammenda amministrativa che arriva fino a 1 milione di euro per chi salva i migranti.
Mattarella fa notare che, per effetto di un emendamento, che ha modificato il decreto legge originario da lui firmato a giugno, la sanzione amministrativa pecuniaria applicabile è stata aumentata di 15 volte nel minimo e di 20 nel massimo, fino a un milione di euro per il comandante della nave che trasporta migranti. Una pena sproporzionata. Draconiana. In più la sanzione non risulta più subordinata alla reiterazione della condotta.
Inoltre il decreto non ha introdotto alcun criterio che distingua tra tipologia delle navi (una nave di contrabbandieri è una cosa, una imbarcazione di soccorso di Ong un’altra)
“Non appare ragionevole   – ai fini della sicurezza dei nostri cittadini e della certezza del diritto – fare a meno di queste indicazioni e affidare alla discrezionalità  di un atto amministrativo la valutazione di un comportamento che conduce a sanzioni di tale gravita”.
Al riguardo il Colle ricorda una recente sentenza della Corte costituzionale che dice che una pena così alta è paragonabile a una sanzione penale. E pertanto il decreto non rispetta “la necessaria proporzionalità  tra sanzioni e comportamenti”.
Mattarella inoltre ricorda l’obbligo di rispettare i trattati internazionali.
Cita la convenzione di Montego Bay, richiamata peraltro dal decreto Salvini, che prescrive che “ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batta la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l’equipaggio e i passeggeri, presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizione di pericolo”.
Insomma, resta l’obbligo di salvare le vite umane.
La seconda criticità  si riferisce alla parte del decreto sulle manifestazioni e l’ordine pubblico.
L’articolo 16, lettera b del decreto – scrive il Capo dello Stato – rende inapplicabile la causa di non punibilità  per la “particolare tenuità  del fatto”,   alle ipotesi di resistenza, violenza e minaccia a pubblico ufficiale e oltraggio a pubblico ufficiale “quando il reato è commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni”.
In altre parole: il decreto non specifica una gradazione dell’ammenda.
Scrive Mattarella: “Non posso omettere di rilevare che questa norma – assente nel decreto legge del governo – non riguarda soltanto gli appartenenti alle forze dell’ordine ma include un ampio numero di funzionari pubblici, statali, regionali, provinciali, comunali nonchè soggetti privati che svolgono pubbliche funzioni, rientranti in varie e articolate categorie, tutti qualificati – secondo la giurisprudenza – pubblici ufficiali, sempre o in determinate circostanze. Tra questi i vigili urbani e gli addetti alla viabilità , i dipendenti dell’Agenzia delle entrate, gli impiegati degli uffici provinciali del lavoro addetti alle graduatorie del collocamento obbligatorio, gli ufficiali giudiziari, i controllori dei biglietti di Trenitalia, i controllori dei mezzi pubblici comunali, i titolari di delegazione dell’ACI allo sportello telematico, i direttori di ufficio postale, gli insegnanti delle scuole, le guardie ecologiche regionali, i dirigenti di uffici tecnici comunali, i parlamentari”.
Quindi, se un cittadino, in un momento di rabbia, manda a quel paese il postino per una raccomandata non consegnata rischia l’incriminazione per oltraggio a pubblico ufficiale, con una pena minima di sei mesi.
“Questa scelta legislativa impedisce al giudice di valutare la concreta offensività  delle condotte poste in essere, il che, specialmente per l’ipotesi di oltraggio a pubblico ufficiale, solleva dubbi sulla sua conformità  al nostro ordinamento e sulla sua ragionevolezza nel perseguire in termini così rigorosi condotte di scarsa rilevanza e che, come ricordato, possono riguardare una casistica assai ampia e tale da non generare “allarme sociale”.
Si fa inoltre presente l’incongruenza di non avere compreso i magistrati nei soggetti destinatari dell’oltraggio.
Scrive infatti il presidente della Repubblica: “In ogni caso, una volta stabilito, da parte del Parlamento, di introdurre singole limitazioni alla portata generale della tenuità  della condotta, non sembra ragionevole che questo non   avvenga anche   per l’oltraggio a magistrato in udienza (di cui all’articolo 343 del codice penale): anche questo è un reato “commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni” ma la formulazione della norma approvata dal Parlamento lo esclude dalla innovazione introdotta, mantenendo in questo caso l’esimente della tenuità  del fatto”.

(da agenzie)

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MATTARELLA E IL DECRETO SICUREZZA BIS: COSA PUO’ FARE E COSA NO

Agosto 6th, 2019 Riccardo Fucile

I SUOI POTERI SONO LIMITATI AI “VIZI DI PROCEDURA”… MA E’ OPINIONE COMUNE CHE IL TESTO SARA’ BOCCIATO DALLA CORTE COSTITUZIONALE

Il testo è stato approvato al Senato, ma la sua promulgazione spetta al Presidente della Repubblica. La legge-emblema di Salvini può ancora essere fermata?
Il decreto sicurezza bis ha ricevuto il 5 agosto il via libero definitivo del Senato per la sua conversione in legge. Il testo non è comunque «ancora legge», perchè, come previsto dagli articoli 73 e 87 della Costituzione, è necessario che ogni testo, approvato dalle due Camere, venga promulgato dal Presidente della Repubblica.
Questo passaggio potrebbe pregiudicare l’entrata in vigore della legge? Quali poteri ha il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sia per quanto riguarda la gestione dell’immigrazione che quella della sicurezza pubblica?
Secondo l’articolo 73 della Costituzione, «le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione». L’articolo 87 prevede che lo stesso vale per l’emanazione dei decreti.
La «promulgazione», per l’interpretazione che ne danno i manuali di diritto Costituzionale, consiste in una semplice verifica che la procedura di approvazione seguita dal Parlamento sia avvenuta in modo corretto. Una legge può quindi essere bloccata dal Quirinale per vizi di forma o procedura.
«La promulgazione è doverosa e ciò mette in evidenza l’assenza di ogni potere di intervento da parte del Presidente della Repubblica in ordine al contenuto discrezionale della legge», si legge sul manuale di Giorgio Berti, Interpretazione costituzionale, «il Presidente della Repubblica non esprime una volontà  legislativa».
Il Presidente della Repubblica deve sempre firmare? Ma se il testo è formalmente perfetto? Qual è il margine d’azione?
«C’è un caso in cui posso, anzi devo, non firmare: quando arrivano leggi o atti amministrativi che contrastano palesemente, in maniera chiara, con la Costituzione. Ma in tutti gli altri casi non contano le mie idee […]: ho l’obbligo di firmare».
Così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha risposto alla domanda di uno studente che gli ha chiesto «come si comporta quando gli capita di dover firmare degli atti che non gli piacciono».
Se esistono aree di conflitto dell’atto con la Costituzione, il testo può essere rinviato alle Camere accompagnato da un messaggio di motivazione da parte del Capo di Stato.
Se però in seguito a questo le Camere approvano di nuovo la legge, il Presidente è obbligato a promulgarla, come previsto dall’articolo 74 della Costituzione.
L’unica volta in cui Mattarella ha esercitato il suo potere di «richiedere un riesame» è stato il 27 ottobre del 2017 per la legge sulle mine antiuomo, che conteneva, secondo il Presidente, «evidenti profili di illegittimità  costituzionale».
In alternativa, il Capo di Stato può inviare una lettera al Presidente del Consiglio con precisazioni che vuole lasciare agli atti.
Mattarella l’ha fatto più di una volta: nel promulgare il decreto antimafia, per esempio, ha invitato Paolo Gentiloni, allora capo del governo, a «procedere a un attento monitoraggio degli effetti applicativi della disciplina».
E lo stesso è successo con il decreto legge sicurezza: il 4 ottobre 2018 Mattarella ha promulgato il testo, accompagnandolo però con una lettera a Giuseppe Conte in cui sottolineava la necessità  di rispettare «gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall’articolo 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia».
L’articolo in questione stabilisce che «l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità  delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà  democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici».
Nel caso in cui il Colle non contestasse l’anticostituzionalità  di un decreto o di una legge, possono sempre farlo i giudici costituzionali.
La Consulta ha già  agito varie volte in questa direzione: con i lodi Alfano e Schifani che sospendevano i procedimenti penali delle alte cariche dello Stato, promulgati rispettivamente da Napolitano e Ciampi, e con le leggi elettorali Porcellum e Rosatellum.
Anche se la Consulta giudicasse il testo manifestamente anticostituzionale, non esistono però alcun tipo di sanzioni per chi, al Quirinale, avesse precedentemente promulgato il testo.
Rimane più probabile che il testo venga smontato dalla Corte Costituzionale che dal Quirinale.

(da agenzie)

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