SE CADE IL GOVERNO SI VA AL VOTO E ADDIO AL TAGLIO DEI PARLAMENTARI
MATTARELLA NON SAREBBE INTENZIONATO A PERDERE ALTRO TEMPO
Concetto Vecchio su Repubblica oggi conferma il retroscena del Corriere della Sera di ieri che voleva Sergio Mattarella pronto a portare il paese alle urne in caso di caduta del governo Conte Bis.
Di più: nell’articolo si nota che a quel punto il voto si farebbe con le vecchie regole, quindi senza il taglio dei parlamentari proposto dal MoVimento 5 Stelle:
Stavolta, se Conte si dimettesse sarebbe insomma molto difficile evitare le urne. È vero che la dizione «formule politiche ulteriori» lascerebbe la porta aperta a un nuovo premier a capo della stessa maggioranza giallorossa, ma è una strada che al Colle non appare realisticamente percorribile. Se il governo implode, si potrebbe votare già a fine febbraio, più o meno. E per eleggere 945 parlamentari, e non 600, come stabilito con la riforma del taglio votata dal Parlamento lo scorso 8 ottobre e pubblicata in Gazzetta ufficiale il 12 ottobre.
Perchè? L’articolo 4 della Riforma dispone infatti che «le disposizioni si applicano non prima che siano decorsi sessanta giorni dalla predetta data di entrata in vigore».
Quando entra in vigore la riforma? Il 12 gennaio, se in Parlamento non verranno raccolte le firme necessarie per fare scattare il referendum confermativo, e quindi le nuove regole varrebbero dal 12 marzo.
Oppure sessanta giorni dopo la celebrazione del referendum. Alla Camera tre deputati, Deborah Bergamini Roberto Giachetti, Riccardo Magi, stanno raccogliendo le firme per chiedere il referendum. Hanno tempo fino a gennaio. Servono le firme di un quinto della Camera o del Senato. Si tratta di 126 a Montecitorio, dove al momento sono a quota 15. Va meglio al Senato.
Qui le firme raccolte sono 40. Ne mancano 24. «Altre dieci sono sicure», dice uno dei promotori, il forzista Andrea Cangini.
«Hanno firmato anche alcuni Cinquestelle, come Mario Giarrusso. Possiamo farcela, il tempo c’è. Non lo faccio certo perchè spero di blindare la legislatura, ma in quanto contrario a questa riforma, approvata senza alcuna discussione profonda sul merito».
Sia come sia. Se qualcuno pensa che il Quirinale attenda la celebrazione del referendum — tra aprile e giugno — mettendo in campo nel frattempo un governo tecnico, sbaglia. «Non si possono aspettare sei mesi, se la situazione precipitasse a fine anno», spiegava ieri una fonte che ha avuto modo di parlare con il presidente.
(da “NextQuotidiano”)
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