Novembre 15th, 2013 Riccardo Fucile
NAUFRAGA OGNI SOLUZIONE DI COMPROMESSO, I FALCHI VOGLIONO IL PARTITO E BERLUSCONI SI SCOCCIA: “ALLORA DECIDO IO”
“Come sempre ascolto tutti, ma se non riescono a mettersi d’accordo, vuol dire che deciderò io”. È un referendum su di sè l’unica via per imporre una tregua.
Esausto, al termine di una giornata da incubo, Silvio Berlusconi tocca con mano che la mediazione è impossibile. È come parlare di “pace” sulla striscia di Gaza, nel mezzo delle raffiche.
Per la prima volta il Cavaliere è nel mezzo.
Per la prima volta è al tempo stesso unico mediatore ma anche bersaglio esposto al fuoco
È quando i mediatori messi in campo a metà pomeriggio gli comunicano che l’accordo è “impossibile” che salta anche il “piano” immaginato nella notte per arrivare a una soluzione prima del consiglio nazionale. E alla sospensione delle ostilità .
Prevedeva una riscrittura del documento approvato all’ufficio di presidenza, quello in cui Alfano e i suoi non si presentarono, in modo da tenere assieme lealisti e colombe.
Per poi convocare un ufficio di presidenza nella giornata di venerdì, per approvarlo in modo unitario. Sono Paolo Romani e Maurizio Gasparri a farsi carico del ruolo di mediatori.
Sono loro a incontrare Quagliariello e Schifani e a sentire Fitto e Verdini. Un tentativo che naufraga nel giro di un paio d’ore.
È sul “governo” che salta tutto. E che pure la lingua italiana, ricca di sfumature, diventa insufficiente a mettere d’accordo le parti.
Perchè non c’è niente da fare: il governo o si sostiene o non si sostiene.
E il tentativo di trovare una formula per collegare la non caduta alla decadenza tenendo assieme le istanze di Alfano (deve andare avanti anche dopo la decadenza) e quelle di Fitto (in caso di decadenza si torna all’opposizione) è impossibile.
Così come si rivela altrettanto impossibile il tentativo di tenere assieme le richieste di Alfano sul partito (due coordinatori, uno in rappresentanza dei falchi, uno per le colombe) e quelle di Fitto (gli organigrammi devono tener conto degli equilibri reali espressi in consiglio nazionale, dove i falchi hanno due terzi).
È in questo clima Berlusconi non trova supporti alla sua volontà di imporre la “pace”, evitando la scissione e portando il partito compatto alla prova della decadenza.
E si abbandona allo sfogo coi suoi: “Se non riescono a mettersi d’accordo decido io”.
A 24 ore dal Consiglio nazionale, per la prima volta Berlusconi si trova a giocare una partita nuova e insolita. Diversamente dai tempi di Fini non c’è un “nemico” da combattere, uno solo contro cui scaricare la tutta forza col supporto del grosso delle truppe.
Perchè il Cavaliere vorrebbe recuperare Alfano senza perdere gli altri. Ma al tempo stesso vuole piegare Alfano facendo leva sugli altri. E la conta è iniziata dopo che, in fondo, l’ex premier ha legittimato sia gli uni che gli altri.
Avvisa Alfano che può fare la fine di Fini ma poi lo riceve, ne ascolta le richieste e prova a mediare con gli altri.
È grato a Fitto per la battaglia ingaggiata ma non è disposto a dare tutto il potere a Verdini. Gioca stando al governo con l’uno (mandando messaggi a Letta e Napolitano) e all’opposizione con l’altro (minacciandone la caduta).
L’errore capitale di Angelino, che anche Romani e Gasparri hanno provato a spiegare, è porre la questione del sostegno al governo come una sfida: “Sbaglia chi crede che Berlusconi — è il loro ragionamento — voglia tirar giù il governo. Ma non può dirlo adesso.
Deve tenere alta la tensione in vista della decadenza. Solo sarà lui e solo lui a fare un gesto da statista”. E invece Alfano così rischia di uccidere due volte Berlusconi, imponendogli il sostegno al governo con la forza. E pretendendo che accetti da subito la decadenza.
Proprio attorno al dossier che al Cavaliere sta più a cuore si materializza un alone di sospetto tra il Capo e l’ex delfino: “Perchè — è la domanda che rimbalza a palazzo Grazioli — Alfano ci ha assicurato che la decadenza sarebbe slittata e invece D’Alì dichiara che i lavori sulla legge di stabilità vanno secondo i tempi previsti e quindi entro il primo novembre il Cavaliere sarà decaduto?”.
Chissà . L’accordo non c’è. E quando Fitto entra a palazzo Grazioli è lui a bollare come “inaccettabili” le richieste di Alfano.
Di fatto, spiega, Angelino vuole partito e governo senza avere i numeri. E bara anche promettendo sulla decadenza un rinvio che non c’è.
Il Cavaliere gli dà ragione e prende appunti. Rassicura. La mediazione non c’è.
Ultime 24 ore. Le più lunghe.
C’è una sola regola d’ingaggio: “Decido io”.
(da “Huffingtonpost“)
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Novembre 14th, 2013 Riccardo Fucile
LA CARICA DEI “FALCHETTI” SCATENA L’IRA DEI GIOVANI PDL, PROTESTA DEI MILITANTI: “SE VOLETE ENTRARE NEL MOVIMENTO SAPPIATE CHE LA POLITICA E’ SACRIFICIO”
«E comunque, presidente Berlusconi, è inutile che il Pd faccia le primarie l’8 dicembre. Un
candidato alla segreteria ce l’hanno già . Si chiama Angelino Alfano».
Quando martedì sera prende la parola di fronte all’esercito di ragazzi radunati da Daniela Santanchè, Andrea Zappacosta – che all’appuntamento col Cavaliere ci è arrivato grazie a un contatto via Facebook col figlio della «pitonessa» – ha già collezionato interviste in radio e tv.
Sa che la sua presenza sulla scena ha già scatenato le ire del movimento giovanile.
Sa anche, forse, che tra gli juniores forzisti è noto come «Zappanchè» o «Pitonesso».
Ma non immagina che il Cavaliere, di fronte al fendente diretto al vicepremier, reagirà come una statua di sale.
Con Annagrazia Calabria, leader dei giovani forzisti, che giocherà la carta di invitare l’improvvisato auditorio post-adolescenziale a un appassionato bagno di realtà .
«Se volete entrare nel movimento giovanile siete i benvenuti. Ma sappiate che la politica è soprattutto sacrificio e militanza».
La «guerra dei giovani» che sta tormentando Berlusconi e seminando il panico tra gli stessi lealisti raggiunge il punto massimo con loro. Con i «falchetti».
E tutto a causa del «dopocena» che la pattuglia condivide col Cavaliere martedì notte.
Si presentano ben vestiti, alcuni accompagnati dai genitori, altri da un mazzo di fiori per la Santanchè, molti di loro frequentano le università private della Capitale, tutti si sottopongono al rito simil-discotecaro della selezione all’ingresso.
«Sei in lista? Il nome? Prego». Una liturgia che verrà vissuta come un dramma dall’intero movimento giovanile ufficiale.
Il coordinatore dei giovani del Pdl della Lombardia, Marco Bestetti, scrive una nota per difendere i suoi militanti, che «hanno provato profondo imbarazzo vedendo ragazzini senza alcuna esperienza mandati in tv per rappresentare a mala pena se stessi».
Il suo pari grado romano, Michelangelo Chinni, ricorderà che Zappacosta è uno che «nemmeno avevamo messo in lista per le elezioni universitarie alla Lumsa».
Ma è soltanto la punta di un iceberg. Dietro la rivolta dei «giovani» c’è una guerra dei «vecchi» che Berlusconi non si aspettava.
Non si aspettava che la sua richiesta di trovare «facce nuove» generasse una ressa a chi ne portava di più.
Come dimostrano i bastoni che un pezzo del gruppo dirigente, a cominciare dal tandem Santanchè-Verdini, avrebbe messo tra le ruote di Marcello Dell’Utri non appena si è saputo che anche il fondatore di Publitalia era impegnato nella ricerca di «nuove leve».
«Io sto cercando decisamente un altro tipo di persone diverso rispetto a questi che vengono chiamati «falchetti». “Amministratori, imprenditori…», scandisce l’ex senatore.
E quando gli si chiede un giudizio sui Santanchè boys, lo stesso Dell’Utri risponde con un sorriso beffardo: «Diciamo che già questa parola, «falchetti», non mi piace…».
Per non parlare della reazione di Simone Furlan, animatore dell’«Esercito di Silvio», un altro a cui il Cavaliere aveva chiesto una mano per le selezioni: «Credo che sia arrivato il momento di fare spazio soprattutto a chi si sta facendo un mazzo così…».
Adesso Berlusconi proverà a fermare la girandola che si è innescata tra i suoi.
Tra i punti fermi c’è la partecipazione alla convention «Noi, la Forza dell’Italia», che Annagrazia Calabria ha organizzato per il 23 novembre a Roma e che ha già raccolto 2500 adesioni.
E anche gli appuntamenti di Villa Gernetto con le persone reclutate da Dell’Utri, che cominceranno lunedì.
L’importante è arrestare la maledizione che si abbatte su Forza Italia ogniqualvolta l’ex premier decide di reclutare facce nuove. Raccontano che il Cavaliere viva ancora come un incubo il ricordo di quando, nel 2005, aveva affidato all’ex coordinatore della Croce Rossa Maurizio Scelli il compito di «metter su un movimento di giovani cattolici» da affiancare ai suoi.
Alla convention inaugurale, al Mandela Forum di Firenze, c’era talmente poca gente che l’allora premier fu costretto a rifugiarsi in Prefettura nella (vana) attesa che il Palasport si riempisse.
Per non parlare, ma questa è un’altra storia, del dimenticatoio in cui è finito Andrea Di Teodoro, che del movimento dei «Giovani Azzurri» era stato il fondatore.
Scaricato dopo appena una legislatura da deputato.
A quell’epoca non c’era Facebook. Il pioniere dei giovani berlusconiani, è la leggenda che ancora circola nel partito, era arrivato a «Silvio» con vie più tradizionali.
Non foss’altro perchè era vicino di casa di mamma Rosa, amata e compianta genitrice del Capo.
E anche per questo, forse, aveva fatto meno rumore dei «falchetti».
(da “il Corriere della Sera”)
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Novembre 14th, 2013 Riccardo Fucile
ERA STATO MINISTRO DAL 2008 AL 2011, HA UNA CONDANNA IN PRIMO GRADO PER TANGENTI
Vuole prendersi il partito, guidare lui la nuova Forza Italia, in tandem con Verdini, senza l’ingombrante presenza di Alfano.
Raffaele Fitto tutti i giorni è nella nuova sede del partito, in piazza San Lorenzo in Lucina, laddove osano solo i falchi.
Chissà se il suo lucido disegno politico gli riuscirà , se Berlusconi lo consentirà , anche nel caso Angelino dovesse arrivare alla scissione e togliere il disturbo, lasciando campo libero ai suoi nemici.
Raffaele è un caterpillar, va dritto verso l’obiettivo Da quando è diventato il leader dell’agguerrita corrente dei lealisti, Raffaele Fitto non veste più le noiose grisaglie ministeriali di uomo del Sud, usa gli spezzati e le camice button down.
Forse è merito di sua moglie che lo accompagna in tutte le trasmissioni televisive, dove però l’ex governatore della Puglia non sfodera quel tipo di eloquio che manda in sollucchero Berlusconi.
Anche per questo il Cavaliere non lo ama particolarmente, ma in questi ultimi tempi lo ascolta molto.
Raffaele rimane legnoso, non è brillante, sorride poco, non va dritto al punto, ma fuori dallo schermo è un organizzatore da ira di Dio.
Cura maniacale del territorio pugliese, non lascia spazio a nessuno, o con lui o contro. Quagliariello è dovuto emigrare in Abruzzo per candidarsi. L’ex sottosegretario Mantovano è stato triturato.
Quando si è con lui, allora Raffaele diventa inclusivo. Il gruppo di lealisti viene sempre informato di tutto. Non fa un passo senza avere prima riunito Gelmini, Carfagna, Bernini, Polverini, Romano, Bergamini con la quale si consulta per la strategia comunicativa.
Non fa un passo nemmeno senza avere consultare i falchi: i suoi avversari alfaniani sostengono che il 43enne Fefè, con la sua faccia di eterno ragazzo perbene, è la maschera dietro cui si nascondono Verdini e Santanchè, il «meno impresentabile tra gli impresentabili».
Cattiverie, veleni a mai finire tra fazioni che si contendono il comando di Forza Italia e si scontrano sulla sopravvivenza del governo.
È tra questi due capisaldi che sta giocando la sua partita contro Alfano, inserendosi nella frattura con Silvio con un tempismo alla Messi.
I due si erano tanto amati, si fa per dire. Comunque erano in grande sintonia per comuni origini democristiane, generazione, approdo nel fantastico mondo di Silvio, che li ha fatti crescere, diventare parlamentari, ministri.
Nel 2000, a 31 anni, Raffaele viene eletto presidente della Puglia. Poi perde per una manciata di voti la sfida con Vendola, arrivano le inchieste giudiziarie, da alcune esce vivo e pulito, in un’altra condannato in primo grado per corruzione e finanziamento illecito.
Sembra imboccare prematuramente la via del tramonto proprio mentre Angelino crescere nel cuore di Berlusconi fino a diventare segretario del Pdl, vicepremier e ministro dell’Interno. Raffaele invece nell’ombra.
Poi la prima riscossa alle ultime elezioni: strappa nella sua Puglia il premio di maggioranza alla sinistra, consentendo a Berlusconi un pareggio al Senato.
Ma quando si forma il governo non viene consultato, non perchè volesse fare il ministro, ma un politico di rango deve sempre essere ragguagliato.
Invece niente, escluso da giro buono, anche quando si decide il capogruppo alla Camera. La spunta Brunetta per volontà di Berlusconi. Angelino non muove un dito per Raffaele che rimane zitto. Mai un’intervista polemica, una parola fuori posto.
Fino a quando decide che è arrivato il momento della rivincita, inventando i «lealisti».
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”“)
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Novembre 14th, 2013 Riccardo Fucile
SILVIO AZZERA TUTTI, MA ALFANO NON MOLLA, DIFFICILE CENA TRA I DUE CHE NON VOGLIONO ROMPERE MA NON POSSONO RIAPPACIFICARSI
Evitare la scissione rilanciando Forza Italia con pieni poteri al Capo e incarichi azzerati attorno. E
lasciare il governo in una zona d’ombra. Senza forzare su legge di stabilità e decadenza.
È questa l’ipotesi di accordo che Silvio Berlusconi offre a un partito che pare un Vietnam.
E che, al momento, non convince nessuno.
Perchè i lealisti di Fitto, in questo modo, non ottengono che i rapporti di forza si traducano in organigrammi e linea politica.
Forti di oltre seicento firme si ritroverebbero a cantare Menomale che Silvio c’è insieme agli altri che di firme ne hanno meno, senza avere garanzie sul ritorno all’opposizione.
Ma è un accordo che turba soprattutto i nervi di Alfano.
Perchè Angelino uscirebbe azzerato, e senza quelle garanzie sul governo in nome delle quali ha lanciato il guanto di sfida al Cav.
Ecco perchè prima della riunione della sua corrente i più determinati tra i suoi lasciano intendere che senza un “accordo chiaro” l’ipotesi di disertare il consiglio nazionale è ancora in campo.
È nel corso di un pranzo con Fitto, Romani e Daniela Santanchè che il Cavaliere spiega però che il suo primo obiettivo è ricondurre a unità il partito, per portarlo unito al voto sulla decadenza, quando sarà : “Una scissione non porterebbe da nessuna parte — ha ripetuto — e non voglio trasformare il rilancio di Forza Italia in un bagno di sangue”.
Una soluzione dolce che consente di siglare una tregua interna e di valutare le mosse in attesa del voto sulla decadenza.
È la cacciata dal Senato a scandire tempi e mosse del Cavaliere, prima ancora di quella legge di stabilità che considera una “schifezza”.
Convinto che possa slittare a dicembre o anche dopo l’ex premier considera sbagliato scegliere adesso e appiccarsi a una linea.
Ecco perchè mentre cena con i giovani falchi pronuncia parole incendiarie sul governo: “Non possiamo collaborare coi nostri carnefici dopo che compiono il mio omicidio politico”.
Ma poi, quando all’una di notte si chiude nella sua lussuosa stanza a San Lorenzo in Lucina con Verdini e Daniela Santanchè si abbandona a una confidenza che lascia impietriti i due falchi: “Io di far cadere questo governo non ho voglia”.
LA MEDIAZIONE
La mediazione che propone Berlusconi sul partito è in fondo quella che più si adatta a un’indole divisa tra l’istinto del “falco” e quello della “colomba” a seconda del tipo di volo più conveniente al momento: il partito ai comandi di un uomo solo che decide quello che è più opportuno di fronte all’appuntamento decisivo.
Più situazionista che stratega, il Cavaliere pensa di essere l’unico elemento unificante e pacificatore del grande zoo pidiellino.
E di riuscire, ancora una volta, a rappresentare l’elemento di garanzia di tutti, da Fitto ad Alfano.
È davvero il grande ritorno a quella che Giulio Tremonti chiamava “una monarchia temperata da un altissimo grado di anarchia”.
È chiaro che quello che ha più da perdere in uno schema del genere è Alfano, che non si troverebbe più nelle condizioni di dare garanzie a Letta sul governo.
Dipende da lui la tregua interna.
Se questa sera, dopo la riunione della sua corrente, si presenterà a palazzo Grazioli alzando l’asticella e mettendo in discussione la proposta del Cavaliere, a quel punto sarà Berlusconi a cacciare dal cassetto il discorso della rottura col governo.
È un accordo politico alla luce del sole quello che Angelino Alfano chiede per accettare di partecipare al Consiglio nazionale del Pdl. Un patto chiaro sul governo e sul partito: “Io sono sempre stato per l’unità e la voglio davvero. Ma il governo Letta deve andare avanti per il bene del paese anche in caso di voto sulla decadenza”.
Quando il vicepremier nel tardo pomeriggio riunisce la corrente dei filo governativi nelle sale riunioni della Camera in via della Mercede riceve un mandato preciso.
Col quale andare a trattare nel “faccia a faccia” con Silvio Berlusconi a palazzo Grazioli previsto per la sera.
Il mandato è destinato a entrare in rotta di collisione con la proposta del Cavaliere, tesa a celebrare l’unità del partito attorno a sè glissando sulla questione del governo.
E il mandato di Alfano consiste nel fatto che dal consiglio nazionale di sabato deve uscire un messaggio rassicurante per l’esecutivo delle larghe intese.
I modi per veicolare il messaggio possono essere affidati alla fantasia della politica: un documento che impegni la rinata Forza Italia a sostenere il governo; un voto a un discorso che contenga questo impegno. O altre diavolerie del caso.
Ma la “sostanza” politica non è in discussione.
Nel corso della riunione in molti chiedono un rinvio del Consiglio nazionale. Altri sono per la conta. Alfano non vorrebbe rompere.
E non è un caso che nel corso della riunione eviti di forzare nei toni. E suoni lo spartito della vittima: “Ho ricevuto il solito fuoco di dichiarazioni offensive e già questo dà la misura di un problema e ciò accade ogni volta che il presidente Berlusconi butta il ponte levatoio nel tentativo di costruire una nuova unità ”.
Anche quando lascia intendere che potrebbe non presentarsi al consiglio nazionale lo fa con la deferenza di chi chiede permesso: “Quando ho spiegato che non vogliamo rovinare la festa di sabato, volevo dire che sabato deve essere una festa perchè Berlusconi la merita”.
E non è un caso nemmeno che nel corso della riunione non venga presentato alcun documento ufficiale dei “filo-governativi”.
Segno che Alfano vuole provare a trattare usando toni dolci più che la pistola sul tavolo.
Anche se il punto politico è chiaro: senza “garanzie” per sè e per il suoi Alfano non si metterà a cantare Menomale che Silvio c’è.
Anche perchè è sicuro che a livello parlamentare i suoi consensi stanno crescendo tra i senatori che hanno paura di perdere il seggio a causa delle crisi di governo e che interpretano le iniziative del Cavaliere con i giovani come un anticipo di rottamazione.
(da “Huffington post“)
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Novembre 13th, 2013 Riccardo Fucile
IERI IL PRIMO COMUNICATO UFFICIALE DI MARIA ROSARIA, L’OMBRA DEL CAVALIERE, CONSIGLIERA DELLA PASCALE E PARLAMENTARE NEI RITAGLI DI TEMPO
Ha colpito parecchio, in vista del Consiglio nazionale del Pdl, la lunga nota della senatrice Mariarosaria
Rossi.
E non solo per il tono abbastanza nord-coreano: «Solo un grande leader come lui», «chi come me ha l’onore di lavorare al suo fianco», «la sua natura», «la dimostrazione di questo suo talento», «i leader del mondo gli hanno sempre riconosciuto »
O per il timbro squillante che al suo appello, invero di faticosa stesura, assegnava quella tiritera di «a» accentate, «unità », «personalità », «sensibilità », «diversità », «vitalità », «egli saprà » (Berlusconi, ovvio), «capacità », «criticità », «opportunità ».
La novità , tanto per restare in trepida consonanza, sta nella circostanza che Mariarosaria si è ieri finalmente conquistata un vero ruolo politico, e ancor più che per la prima volta tanti altri nel suo partito e fuori, giornalisti compresi, si sono visti costretti a riconoscerglielo.
Per troppo tempo, in effetti, era stata: «La badante».
L’ammiccantissimo nomignolo traeva in qualche modo la sua legittimità dall’andazzo, tra lo spensierato e il multifunzionale, con cui nelle ultime legislature in ambito berlusconiano si è proceduto alla promozione femminile.
Si è anche scritto che acquistò popolarità per aver organizzato cene e feste con l’obiettivo di tirare su il morale del premier nel castello di Tor Crescenza. Indimenticabili le foto su Chi e l’avviso ai visitatori malintenzionati: «Non avvicinarsi, area difesa da cani addestrati».
Presente, ma anche divertente nelle intercettazioni («Ancora bunga bunga? Ah, no, io allora vado a dormi’!»), e comunque sentita anche dal tribunale, sostenne di non aver mai visto la statuetta del Priapo africano perchè, essendo il Cavaliere «privo di vizi», lei si era alzata da tavola per fumare.
E tuttavia, nell’interminabile narrazione di un potere insieme sfarzoso e allo stremo, il personaggio della Rossi sembra assai più interessante di quanto ogni vano declassamento abbia voluta farla figurare.
Ha 41 anni, viene da Piedimonte Matese, separata, un figlio, ha vinto un seggio per Forza Italia in un popoloso quartiere di Roma guadagnandosi l’appellativo «Madonnina di Cinecittà » per via delle icone-poster.
Nella capitale gestisce una società , significativamente ribattezzata «Premier Service », che fa recupero crediti e indagini di mercato.
Quando lo scorso anno il povero Alfano provò a fare le primarie, Berlusconi accolse la rivelazione con una smorfia di autentica meraviglia e gli contropropose: «Mariarosaria ha messo in piedi un bellissimo call-center, dai retta a me, facciamo fare a lei».
Poche settimane dopo si riseppe che insieme con il Cavaliere aveva composto le parole di un fantomatico inno dal titolo: «Gente che resisterà ».
E se pure ci furono subito impicci perchè la musica sembrava copiata, da quelle parti la mansione paroliera al fianco del capo indicava un’ascesa ormai pressochè incontrollabile.
A quel punto aveva già preso il posto di Marinella, storica segretaria.
E oggi controlla l’agenda del Cavaliere, l’accompagna dappertutto, gli filtra le telefonate e gli incontri.
Svelta e accorta, per quanto valgano i sentimenti in quel mondo, gli vuole anche bene e lo consiglia.
Nell’iconografia del tardo- berlusconismo è quella figuretta diafana, dalle profonde occhiaie e i lunghi capelli, che Sgarbi – non esattamente un estimatore – ha descritto «silente e immancabile » e messo in stretta relazione con Francesca Pascale, che a sua volta lei «sostiene e protegge».
Non è detto che gli storici del futuro le accorderanno il dovuto rilievo, ma pare acclarato che l’alleanza, la complicità tutta femminile e il potere silenzioso di tali creature ha letteralmente schiavardato, a scapito di maggiordomi e fagiolini, l’intero sistema cortigiano di Arcore e Palazzo Grazioli.
Silvione lo sa, ci sta, e gigioneggia in caso di arresti domiciliari, dinanzi all’ipotesi di trovarsi «prigioniero delle due signore qui presenti ».
Comunque è lei la più simpatica e scafata.
Un colpo di coda di residuo maschilismo impone di aggiungere a queste sofferte note che Mariarosaria, come del resto certificato dal suo leader che proprio per tale motivo la qualificò «una presenza anticongiunturale », insomma, possiede un grande petto.
Ebbene: «Il mistero – ha risposto una volta lei in un’intervista – è scoprire quanto porto di reggiseno».
E quindi, a sorpresa: «Ma il mio lato B è anche migliore – oddio, e ora chi lo sente a Cicchitto?».
Filippo Ceccarelli
(da “La Repubblica”)
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Novembre 13th, 2013 Riccardo Fucile
LA NOTA DI PACIFICAZIONE DELLA ROSSI, OMBRA DI SILVIO, APRE LA STRADA…LA SOLUZIONE POSSIBILE: ALFANO NON DISERTA E BERLUSCONI INSERISCE NELLA RELAZIONE UNA FRASE DI APPOGGIO AL GOVERNO
È affidato alla mediazione di Fedele Confalonieri l’ultimo tentativo per evitare la scissione del Pdl.
E c’è un motivo se pare attenuato il rullo di tamburi e se per un giorno i dichiaratori hanno messo il silenziatore.
E c’è un motivo pure se Angelino Alfano fa slittare di un giorno la riunione con la sua “corrente”. Prevista in serata per discutere la grande “diserzione” del Consiglio nazionale, è “congelata”.
È il primo effetto dell’azione diplomatica di Confalonieri.
Fidel ha chiesto a Berlusconi lunedì pomeriggio una specie di mandato a “trattare”. Perchè, è il suo ragionamento, se nel Pdl si va avanti così, se ne esce come nella Guerra civile di Marx, con la comune rovina delle parti in causa.
Ad Alfano il presidente di Mediaset rimprovera il “come”, più che il che cosa. L’errore è aver posto la questione del governo come discriminante e aver puntato sul sostegno a Letta come elemento di conta interna.
È quella frase “si va avanti anche dopo la decadenza” l’errore madornale.
Ed è stato giusto lo schiaffo tiratogli da Berlusconi subito dopo.
Perchè, è il ragionamento di Confalonieri, deve essere il Cavaliere dopo la decadenza a decidere il dà farsi sul governo. Non può essere scippato prima del “grande gesto”. Non può essere privato della facoltà di vendere cara la pelle mentre viene sbattuto fuori dal Parlamento.
Nè può essere messo il silenziatore nel crescendo di accuse e recriminazioni contro giudici e Pd.
Poi, dopo la decadenza, è un’altra partita.
Perchè è convinzione di Fidel che Silvio non vuole far cadere il governo. E soprattutto è sua convinzione che non si voterà il 27 per ragioni oggettive visto che la legge di stabilità occupa più tempo in Aula.
E quindi non c’è urgenza di fissare paletti adesso.
Ecco l’errore di Alfano. Essersi messo a fare il Fini di turno.
E consentire ai suoi, come Cicchitto e Quagliariello, di fare gli agit prop della scissione.
Epperò sono verso i falchi le parole più dure. Non è un caso che sia stato l’editoriale di Sallusti di lunedì la molla che lo ha spinto ad alzare la cornetta per chiedere a Berlusconi il mandato di sondare le parti.
Il tentativo ora è di fermare le macchine della scissione.
Azionare il freno prima di sabato. È significativo che Maria Rosaria Rossi, in assoluto la persona più vicina al Cavaliere, abbia diramato, subito dopo il rientro a Roma, una nota molto lunga e articolata in cui fa appello a una “nuova e rinnovata unità ” sotto la leadership di Berlusconi.
Ed è ancor più significativo che si tratti del primo comunicato stampa in assoluto della Rossi, da quando è l’ombra di Berlusconi.
È il segnale dell’appeasement. Anche se sono le basi della “nuova e rinnovata unità ” complicate da trovare.
Il lodo Confalonieri prevede che Alfano vada al Consiglio nazionale di sabato, dando in questo modo il messaggio che riconosce la leadership di Berlusconi.
Ma che nel documento di ritorno a Forza Italia sia Berlusconi a inserire un passaggio sul governo. Nel suo, evitando la conta.
Oppure, è un’altra ipotesi di queste ore, che il Consiglio nazionale salti.
Anche se a questo punto è difficile.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 12th, 2013 Riccardo Fucile
“MANCANO LE CONDIZIONI PER UN SERENO DIBATTITO”…”VOTO ANTICIPATO:? QUALCUNO NEL PDL VUOLE FARE UN FAVORE A RENZI”
La colomba ministeriale Fabrizio Cicchitto torna a minacciare la diserzione del Consiglio nazionale del Pdl in programma il 16 novembre.
Nelle ultime ore “c’è stata la radicalizzazione dello scontro da parte di fuochisti, lealisti e falchi, per cui sembra che vengano meno le condizioni per un dibattito sereno”, afferma l’ex capogruppo alla Camera in un’intervista al Mattino.
“Aggiungo anche che non è chiaro l’ordine del giorno e neanche il contesto nel quale una riunione così delicata dovrebbe svolgersi. Ecco dunque che i dubbi sulla nostra partecipazione sono meritevoli di approfondimento”.
Un’area del partito, chiarisce Cicchitto, si riconosce nelle posizioni del segretario Angelino Alfano, ma “non si tratta di scippo” del partito a Berlusconi.
“In ogni caso è assolutamente sbagliato fare quest’accelerazione ai danni del governo” perchè, spiega, “se si va a elezioni immediate il centrosinistra è già pronto con Matteo Renzi e noi invece non abbiamo un candidato, visto che Alfano non è condiviso da una parte del partito. Ma se poi non si va al voto le cose non sono meno gravi: da un governo amico si passerebbe a un governo ostile, nel quale il Pdl non ci sarebbe. E allora mi chiedo: che senso ha questa accelerazione?”.
Cicchitto risponde anche al paragone con la magra sorte elettorale toccata a Gianfanco Fini dopo la rottura con Berlusconi, uno spettro evocato dal Cavaliere stesso pochi giorni per frenare le tentazioni scissorie degli alfaniani. “Penso — aggiunge Cicchitto — che non ci sia nessun motivo per cui si debba bollare alcuni esponenti del partito come traditori” mentre “la storia di Gianfranco Fini non c’entra proprio niente con quanto sta accadendo”.
I falchi, evocati, rispondono. Daniela Santanchè avverte gli alfaniani che alla fine del Consiglio nazionale potrebbero “risvegliarsi in un incubo“.
La Pitonessa spera che sabato finisca così: “Dobbiamo essere tutti d’accordo che si torna a Forza Italia e che tutte le deleghe sono in mano a Berlusconi, che è quello che prende voti per tutti e quindi deve poter decidere. Poi se c’è qualcuno che preferisce la poltrona del ministro, pensando di essere diventato capace e di essere il più bravo, si sveglierà e sarà un incubo”. Ieri sera a “Quinta Colonna” (Rete 4), Santanchè ha voluto ricordare che “tutto è stato fatto da Silvio Berlusconi: non è che Alfano è diventato segretario perchè ha vinto un concorso. Non è che la Lorenzin fa il ministro perchè ha vinto un concorso, ma perchè Berlusconi lo ha deciso”.
Oggi dovrebbe essere resa pubblica l’annunciata lettera-appello degli autodefiniti “innovatori” guidati da Alfano, indirizzata a Silvio Berlusconi in vista appunto del Consiglio nazionale. Secondo quanto riferito nel documento, firmato da circa la metà dei membri della Direzione nazionale, viene ribadita la necessità di continuare a sostenere il governo Letta anche in caso di decadenza di Silvio Berlusconi da senatore.
(da “il Corriere della Sera”)
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Novembre 12th, 2013 Riccardo Fucile
ALCUNI DEGLI INSULTI IN LIBERTA’ LA’ DOVE NON AVREBBERO DOVUTO AVERE CASA: “CINICI, TRADITORI, RICATTATORI, IDIOTI, VERMI, MACCHIETTE”
E questo sarebbe il Partito dell’Amore?
Angelino Alfano: “Il nostro partito non deve finire in mano agli estremisti”.
Alessandra Mussolini: “Alfano traditore e ricattatore, Badoglio aveva più dignità “. Daniela Santanchè: “Alfano si candidi alle primarie Pd”.
Nunzia De Girolamo: “Nel Pdl con la Santanchè? Non voglio morire fascista”.
Michaela Biancofiore: “Dopo la mia epurazione, Alfano non è credibile agli occhi di nessuno”.
Ministri Pdl: “Con noi non funzionerà il metodo Boffo”.
Alessandro Sallusti: “Siete degli stupidi”.
Barbara Saltamartini: “La Santanchè sa fare politica solo insultando, si crede la Le Pen italiana”.
Fabrizio Cicchitto: “La Biancofiore ha con gli altoatesini lo stesso rapporto che Hitler aveva con gli ebrei”.
Michaela Biancofiore: “Se Cicchitto viene il Alto Adige lo prendono a ceffoni”.
Stefania Prestigiacomo: “Alfano cinico e senza schiena dritta”.
Nino Bosco: “Prestigiacomo sfascista”.
Mariastella Gelmini: “I governativi avvelenano il dibattito”.
Jole Santelli: “Sono sorpresa dalla brutalità delle parole della Gelmini”.
Renata Polverini: “Improvvisamente tutti grandi statisti…”.
Raffaele Fitto: “Alfano sceglie una rotta anti-Berlusconi, tradisce sè stesso”.
Nunzia De Girolamo: “Nel Pdl ci sono falchi, colombe, e anche dei vermiciattoli”. Alessandro Sallusti: “Ecco il verme che dà del vermiciattolo all’uccello padulo”.
Esercito di Silvio: “Alfano fondi assieme a Fini il Partito dei Traditori”.
Daniele Capezzone: “Lupi ed Alfano stanno ‘comprando tempo’, è in atto l’assassinio politico del nostro leader”.
Sandro Bondi: “I ministri Pdl sono ambigui”.
Beatrice Lorenzin: “Non accetto un Pdl modello Alba Dorata”.
Maurizio Gasparri: “Dico ad Alfano: alla storia è passato Cesare, non Bruto”.
Fabrizio Cicchitto: “Non entrerò in una Forza Italia di estremisti fatta da estremisti”. Elvira Savino: “Cicchitto come il Marchese del Grillo, ha sempre ragione lui, e gli altri non sono un cazzo”.
Simona Vicari: “I falchi nemmeno sanno cosa siano i valori di Forza Italia del 1994”. Daniela Santanchè: “Cicchitto è una macchietta, uno che fa ridere. Davanti a me non ha mai osato fare una critica”.
Fabrizio Cicchitto: “Lei invece mi fa venire in mente i capponi di Renzo…”.
Daniele Capezzone: “Da Quagliariello un dettame da Zar”.
Gaetano Quagliariello: “Capezzone si crede Rasputin! È un professore di lealismo: prima al centrosinistra, poi al centrodestra”.
Alessandra Mussolini: “Alfano sta con chi accoltella Berlusconi”.
Nunzia De Girolamo: “La guerriglia non ci intimidirà “.
Maurizio Gasparri: “Morire per Silvio sì, per il Twiga no”.
Daniela Santanchè: “Maurizio, una cosa è certa. Non morirai mai di troppo lavoro”. Beatrice Lorenzin, dopo un’intervista di Bondi: “Utilizzano il metodo Boffo, l’unico metodo che conoscono per fare politica”.
Sandro Bondi: “Alludere ad un presunto metodo Boffo, come fa Lorenzin, è esattamente la misura del baratro morale e culturale in cui siamo precipitati”.
Roberto Formigoni: “Ricordo a Bondi che fu Berlusconi a comportarsi male con me”. Renata Polverini: “Formigoni dice idiozie”
Carlo Giovanardi: “Berlusconi e Marina in campo? Neanche per sogno”.
Giancarlo Galan: “Grazie a Giovanardi abbiamo perso le elezioni”.
Fabrizio Cicchitto: “Capezzone fa il magistrato fasullo e fanatico”.
Daniele Capezzone: “Ma cosa accade all’amico Cicchitto? Si crede Gervinho, vola sulla fascia, ma al centro non trova Totti, bensì il duo Formigoni-Giovanardi. Auguri”.
Fabrizio Cicchitto: “Rischiamo un partito di stampo Nordcoreano”.
Alessandro Sallusti: “Cicchitto vigliacco, hai pugnalato Silvio, sei come Scilipoti!”. Fabrizio Cicchitto: “Vigliacco ci sarai te, stalinista! Picchiatore!”.
Sandro Bondi: “Alfano, Lupi, Quagliariello, questi senza Berlusconi sarebbero il nulla, solo delle rape”.
Roberto Formigoni: “La fedeltà è dei cani”.
Silvio Berlusconi: “Siate leali o farete la fine di Fini”.
Angelino Alfano: “Silvio, sappi che non mi farò accoppare dai tuoi killer”.
Wil Nonleggerlo
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Novembre 11th, 2013 Riccardo Fucile
LA NUOVA PAGINA PUBBLICA FACEBOOK DELL’ONOREVOLE DLE PDL COME LE FIGURINE PANINI… E DOPO DUE SETTIMANE, DI FRONTE ALLE CRITICHE, SPUNTA QUALCHE ARTICOLO
L’esponente del centrodestra lo scorso 23 ottobre ha deciso di aprire uno spazio sul social network
per comunicare con i suoi elettori: quella a cui mi riferisco è quindi una pagina pubblica, una fanpage, non il profilo personale della Santelli, ma un link raggiungibile da chiunque e pubblicizzato persino sul sito ufficiale del politico in questione.
Foto, foto, foto. I testi a che servono?
Dalla data di apertura della pagina a oggi, nella sua bacheca il sottosegretario non ha condiviso alcun pensiero, idea politica, dichiarazione, link, riflessione, costrutto verbale di alcun genere.
Si è limitata a mettere le proprie foto.
Un numero di foto, in gran parte autoscatti, che non colpirebbe l’attenzione di nessuno se parlassimo del profilo privato di una quindicenne a cui hanno appena regalato una fotocamera.
Ma visto che siamo di fronte al profilo pubblico di un esponente del governo e del parlamento, come minimo ci scappa un sorriso.
Volendo affondare il coltello nella piaga, l’incredibile mole di autoscatti “da bimbominkia” (senza offesa sottosegretario, è gergo di noi gente del web) colpisce per l’aspetto dilettantesco dell’intera produzione.
Mentre a destra e a sinistra tutti i politici assumono addetti stampa e agenzie apposta per curare la comunicazione online, mentre Matteo Renzi manda in rete un sito per permettere agli utenti di personalizzare il suo manifesto, mentre un intero partito e terza forza del Parlamento ruota intorno al blog del suo capo, Santelli si scatta le foto da sola e, non contenta, si dimentica persino di cancellare dalla pagina Facebook quelle venute male.
Chi avesse tempo da perdere si divertirà a notare come le foto siano spesso state scattate a gruppi di 4 e 5, con pose quasi sempre identiche (Jole Santelli preferisce il suo profilo destro) e con appena qualche dettaglio che cambia: il quadro sullo sfondo, il muro troppo bianco, i capelli dietro il collo o appoggiati sulle spalle.
Un vero e proprio campionario del luogo comune dell’autoscatto.
Un esempio da citare tutte quelle volte in cui un politico parla di internet, connessioni e digitalizzazione del Paese.
Poche ore dopo la pubblicazione di questo post, l’onorevole Santelli ha iniziato a popolare la propria pagina di articoli e testi.
Mauro Munafò
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