Gennaio 29th, 2019 Riccardo Fucile
PER ACCEDERE SERVE LA RESIDENZA DA DIECI ANNI, MA SOLO 200 COMUNI SU 8.000 HANNO INDIRIZZI AD HOC DOVE REGISTRARSI… E IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO HA PURE RADDOPPIATO LE PENE PER CHI DORME IN UN CASOLARE ABBANDONATO, MA QUANTO SONO UMANI…
“Abbiamo sconfitto la povertà ” dichiarò Luigi Di Maio facendo riferimento al primo passaggio che
doveva approvare il reddito di cittadinanza.
Eppure, a guardare bene, sono proprio i più poveri i primi esclusi dalla possibilità di avere un reddito minimo.
Parliamo, infatti, dei clochard, dei senzatetto, di coloro che vivono per strada nelle grandi città vivendo di elemosina.
L’ultima versione del decreto sul reddito di cittadinanza, infatti, prevede che anche i clochard possano richiedere l’obolo di Stato, ma a leggere bene la documentazione richiesta per averlo sono proprio i senzatetto i primi esclusi.
Per avere il RdC, infatti, i cittadini devono presentare sia la carta d’identità sia dare la propria residenza. E qui casca l’asino, perchè i clochard non hanno nulla di tutto ciò.
Come ha spiegato Antonio Mumolo, un avvocato giuslavorista, “è assolutamente possibile per i senzatetto richiedere il reddito di cittadinanza, con un enorme scoglio: da un lato potrebbero richiederlo perchè non hanno reddito, ma se finiscono in strada perdono la residenza e la carta d’identità quindi non possono richiederlo. Bisogna quindi risolvere prima il problema della residenza per richiedere il sussidio. Il problema è già risolvibile perchè la normativa sulla residenza c’è, ma c’è una forte resistenza da parte dei sindaci e c’è anche un rapporto con al povertà che non è univoco”.
Non solo, perchè se da un lato i senzatetto fattivamente non potranno accedere al reddito di cittadinanza, dall’altra parte le ultime norme del decreto sicurezza prevedono per i clochard che occupano strutture abbandonate per proteggersi dal freddo pene raddoppiate, e oggi si rischia da 2 a 4 anni di galera.
Poi c’è il reato di accattonaggio per chi chiede l’elemosina, “di cui non se ne sentiva il bisogno perchè già erano previste dalla legge pene per l’accattonaggio molesto e per lo sfruttamento di minori per l’accattonaggio. Queste norme sembrano quasi voler acuire questi problemi di povertà ” come spiega sempre Antonio Mumolo.
(da agenzie)
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Gennaio 15th, 2019 Riccardo Fucile
DOPO LA FIGURA DI BRATTA PLANETARIA, IL COMUNE NON POTEVA CHE RITORNARE SUI SUOI PASSI
Stavolta l’abbiamo scampata bella, ma per fortuna ci ha pensato Virginia Raggi a fermare Virginia Raggi, che voleva togliere i soldi delle fontane alla Caritas.
L’iniquo progetto della sindaca di Roma è stato per fortuna bloccato dalla sindaca di Roma appena in tempo: e la prima cittadina della Capitale ha anche detto che se becca la prima cittadina della Capitale gliele canterà chiare in un’intervista all’Osservatore Romano nella quale ha mostrato la sua abilità nella disciplina olimpica del Mirror Climbing: «La memoria di giunta che abbiamo votato è stata male interpretata, nessuno ha mai pensato di privare la Caritas di questi fondi».
Per fortuna che c’è Virginia Raggi a fornire interpretazioni autentiche di quello che pensa Virginia Raggi, perchè altrimenti chissà cosa ci verrebbe in mente alla prima cittadina della Capitale con la complicità della sindaca.
E pazienza se chi non ha la memoria storica di un mollusco ricorda sia che è la sua amministrazione che ha preso la decisione, sia che il progetto risale all’ottobre 2017 e l’anno scorso, a marzo, c’è stata la stessa identica sceneggiata: proposta di togliere i soldi alla Caritas e successiva marcia indietro dopo le proteste.
Mannaggia, questi che capiscono male a un anno di distanza non si reggono proprio più.
Intanto il Messaggero ci fa sapere oggi che non tutti, nella giunta grillina, sono soddisfatti per la piega che ha preso la vicenda.
A partire dalla responsabile del Sociale, Baldassarre, ex manager Unicef, che si è appena vista dimezzare le deleghe (ha perso la Scuola).
«Avremmo solo voluto rompere un monopolio — ha ragionato in questi giorni con i suoi — per finanziare sempre progetti sociali, ma gestiti anche da enti laici e non solo confessionali…».
Ma come, la Raggi non aveva detto che avevamo capito tutti male? Ha capito male pure l’assessora?
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 15th, 2019 Riccardo Fucile
AVANTI COSI’ IL GOVERNO HA RISOLTO IL PROBLEMA DEI POVERI… L’ALLARME DELLA CROCE ROSSA DI FRONTE ALL’IGNAVIA DELLE ISTITUZIONI
Il corpo di un senza fissa dimora è stato trovato stamattina nel Parco della resistenza a Roma. Era riverso a terra nei pressi del suo giaciglio di fortuna.
L’uomo sarebbe morto verosimilmente nella notte per il freddo. Non sono stati riscontrati segni di violenza.
Sul posto i carabinieri della stazione Aventino e del Nucleo Operativo per della Roma Centro.
È il decimo senzatetto morto a Roma da quando è iniziato l’inverno.
Ieri mattina un altro clochard è stato trovato senza vita in un’area verde alle spalle di una edicola nella Capitale. Anche in quel caso si ipotizza un decesso per cause naturali legato al freddo.
Lo scorso due gennaio invece aveva perso la vita a causa del freddo Beniamino, un polacco di 50 anni, il corpo era su una panchina di piazza Lotto, a Tor Marancia. Mentre risale al 30 dicembre il decesso di Davide, “il clochard colto” trovato morto, molto probabilmente anche lui stroncato dal freddo, in via Peano, in zona Marconi
Il 4 gennaio un senzatetto è stato trovato morto, sempre sulle sponde del Tevere, anche in questo caso si ipotizza che sia stato stroncato dall’ondata di gelo che in quei giorni aveva colpito la Capitale.
Nella notte del 7 gennaio in corso d’Italia, in pieno centro un’auto pirata ha falciato e ucciso Nereo, un senzatetto che viveva in zona. La sua morte ha suscitato una forte ondata di commozione e una gara di solidarietà per adottare Lilla, il suo inseparabile cane. L’8 gennaio, un’altra persona senza fissa dimora è stata trovata cadavere sotto ponte Sublicio, a Testaccio, col suo giaciglio andato in fiamme.
“È urgente trovare soluzioni a partire da quella che la nostra città si doti di altre strutture di ricovero permanenti. In assenza di quelle soluzioni strutturali che sono necessarie e che continuiamo a sollecitare da tempo, in queste ore va affrontata quella che appare una vera e propria emergenza. La situazione che troviamo nelle strade, monitorata anche dai volontari della Croce Rossa che cercano di fare il possibile per portare aiuto, è drammatica.O si prende atto che quella delle persone senza dimora è una situazione da risolvere e gli si dà priorità cercando le risorse e le soluzioni o rischiamo di fare, soprattutto quando fa freddo di notte una tragica conta delle vittime, nonostante gli sforzi fatti per affrontare l’emergenza freddo”, ha commentato Debora Diodati, Presidente della Croce Rossa di Roma
Lo scorso giovedì ha suscitato polemiche lo sgombero di un piccolo accampamento di clochard a San Lorenzo, con i residenti che hanno raccontato che i vigili e operatori Ama hanno buttato via anche le coperte dei senzatetto.
(da agenzie)
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Gennaio 13th, 2019 Riccardo Fucile
LA CAPITALE RISCOPRE LA VOCE DELLA SOLIDARIETA’
Poi Roma ti meraviglia quando cinica, dura, all’improvviso si commuove, ti commuove. Due
clochard morti in pochi giorni. Due su quattro, quattro tragedie apparentemente minime.
Ma due su quattro hanno avuto i saluti dei rispettivi quartieri. A dimostrazione che le storie, le amicizie, perfino gli affetti si costruiscono giorno dopo giorno, senza pregiudizi: il tuo ruolo, il tuo vestito, la razza del tuo cane non contano nulla.
Contano semmai i sorrisi che ci siamo scambiati, le parole dette. Anche quelle che non abbiamo pronunciato, soprattutto, e ora ci mancano
Cosi Roma ha trovato l’anima per salutare la morte di due senza tetto. Ha portato fiori, lumini. Ha scritto poesie d’addio, testi struggenti. Questa volta non si è voltata dall’altra parte.
Roma, dove perfino le monetine di Fontana di Trevi per la Caritas vengono requisite dal Campidoglio, dove non c’è posto, mai posto per i fragili, per i disperati, a un certo punto dice no.
Strilla, strilla come strillava Anna Magnani in Roma Città aperta. Urla, si inalbera. Si ricorda cosa è. Dice no. Dice no come una madre furiosa, arrabbiata. E accogliente. E grande. E favolosa. Pancia grande, larga. Sise gonfie.
Io a volte la riconosco Roma, e quando accade mi prende in contropiede. Tutto da ridiscutere, tutto da ripensare.
Così a dispetto degli stereotipi, dei titoli strillati arriva questo lamento da lupa per Davide che vendeva per pochi spicci libri a viale Marconi, mai una casa e sempre un sorriso, lui un senzatetto, i funerali pagati dalla gente del quartiere.
E arriva la mobilitazione commovente, compatta, totale di Corso Italia, dall’altra parte della città , per Nereo, ucciso all’alba da un’auto pirata, clochard per scelta, vegliato da Lilly la sua cagnetta, già adottata
Ricordi: un supplì portato su un giaciglio di mattina presto, due chiacchiere, un maglione in regalo.
Per Nereo sono state scritte poesie bellissime, è sceso in strada un intero rione. I fiori, i lumini, la sirena dei pompieri a salutare per l’ultima volta chi nulla aveva, a parte un cartone per coperta.
Queste due storie piccole, apparentemente minime, sono la strada della speranza. Sono le bracciate dei cittadini di Torre Melissa, in provincia di Cosenza, che nel gelo di gennaio si sono buttati in mare per salvare 51 migranti curdi.
Siamo migliori dei predicatori d’odio.
Possiamo farcela.
(da Globalist)
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Gennaio 12th, 2019 Riccardo Fucile
ROBERTO ROSSINI: “E’ STATO SOTTOVALUTATO IL RUOLO DEI COMUNI”
Doveva essere la settimana del decreto con quota 100 e Reddito di cittadinanza, ma il governo
ha rimandato tutto.
Restano così poche settimane per rodare la macchina che dovrebbe distribuire il sussidio, sul quale si punta l’attenzione particolare delle Acli guidate da Roberto Rossini, che è anche il portavoce dell’Alleanza contro la povertà .
Ci sono i tempi tecnici per realizzare una misura così complessa?
“La nostra esperienza per la partenza del Rei”, spiega Rossini, “ci dice che queste cose richiedono tempi non sempre brevi, perchè l’architettura istituzionale di un Paese come il nostro è ovviamente complessa. Vediamo…”
Credete che le risorse a disposizione siano sufficienti per far fronte al problema della povertà in Italia?
Le risorse sono davvero notevoli, noi – fino all’anno scorso – dicevamo che per coprire tutte le persone in povertà assoluta occorressero poco più di 5 miliardi, con il Rei. Qui se ne prevedono circa 6 quindi sarebbe possibile. Chiaro che il RdC non è il Rei, pertanto va ricalibrata la cifra. In sintesi, per il Rei sì, per il RdC forse sono ancora pochi.
Rispetto al Reddito di inclusione del precedente governo, quali giudica novità rilevanti e quali punti di continuità , stando ai testi circolati?
Le novità concernono il rapporto di lavoro, che nel RdC rappresenta il vero perno attorno a cui gira tutto il sistema. Nel Rei, invece, si puntava sulla muldimensionalità della povertà . In altre parole, se si è poveri non è solo per mancanza di lavoro, e quindi vanno considerate anche altre condizioni, dalla situazione della famiglia, alle possibili dipendenze, ai problemi debitori, quelli sanitari e quant’altro generi povertà . È vero che anche nel RdC c’è un percorso che tiene in considerazione questi casi, ma è più residuale rispetto all’impianto laburista. La questione è capire se funziona una misura unica che tiene insieme la lotta alla povertà con le politiche attive del lavoro.
E’ dunque possibile esaurire l’aspetto di contrasto alla povertà e supporto all’inclusione giocando tutto sulle politiche attive del lavoro?
Come dicevo, solo parzialmente. Ci sono casi di persone che vorrebbero lavorare ma non possono, non sono in grado. Quindi come si fa? Occorre che si tenga conto anche della situazione soggettiva, e non solo di indicatori oggettivi, per decidere se orientare la persona ai Centri per l’impiego o ai Servizi sociali.
In sintesi, quale strumento le sembra più adeguato allo scopo al netto delle differenti risorse a disposizione?
Per le ragioni di cui sopra, rispetto alla povertà assoluta credo che la misura del Rei sia più adeguato allo scopo. Il RdC si configura più come incentivo al lavoro. Bisogna capire quali siano i livelli di compatibilità .
La misura muove una vastità di attori: Inps, Anpal, Centri impiego, Caf, Patronati, Comuni. E’ pronta la rete per erogare il sussidio? Quali gli anelli deboli e il vostro ruolo di Acli?
L’anello debole è sempre la difficoltà di far lavorare insieme istituzioni ed organizzazioni che sono molto complesse. Occorre una buona regia e una visione realista delle cose. Mi pare che si sottovaluti il ruolo dei Comuni, che invece è sempre decisivo. Come Acli giochiamo un grande ruolo in questa partita, perchè facciamo assistenza fiscale, ci occupiamo di politiche attive del lavoro e siamo anche nel campo della formazione professionale.
Teme l’effetto di disincentivo al lavoro o addirittura incentivo al nero?
Qui non sono state fatte cose diverse dal Rei. È sempre possibile, molto dipende dai meccanismi di controllo e di vigilanza.
Crede che la scala di equivalenza delineata nelle bozze sia penalizzante per le famiglie numerose?
Sì, questo è un dato oggettivo, è diminuito il peso dei figli: l’importo massimo del Reddito di Cittadinanza (1.050 euro) è previsto per famiglie di 4 adulti o di 3 adulti e 2 minori, mentre per i nuclei con un adulto e 3 minorenni è previsto un importo che non va oltre gli 800 euro. Sappiamo invece che la presenza di figli minori è uno dei fattori che determina una maggiore incidenza della povertà nelle famiglie.
Stando alle bozze che conosciamo, quali sarebbero i correttivi più urgenti?
Dirli in poche battute è difficile. Ne indico almeno quattro: la valutazione della situazione soggettiva della persona, la riduzione degli anni per l’accesso alla misura da parte degli stranieri, il riequilibrio della governance fra Comuni, Regioni e Centri per l’impiego, il coinvolgimento attivo del Terzo settore e delle parti sociali.
Siete stati coinvolti nella scrittura del decreto?
No, non è avvenuto. Noi nel contempo, all’interno dell’Alleanza contro la povertà , abbiamo continuato a pubblicare documenti per dire cosa fosse importante conservare per contrastare la povertà assoluta in Italia.
(da agenzie)
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Gennaio 8th, 2019 Riccardo Fucile
E’ LA QUARTA VITTIMA NEL GIRO DI POCHI GIORNI, IN FIAMME IL GIACIGLIO… COMUNE E STATO NON SONO IN GRADO DI RESTITUIRE UN MINIMO DI DIGNITA’ E ACCOGLIENZA A ESSERI UMANI
In fiamme all’alba un rifugio di fortuna lungo il Tevere all’altezza di ponte Sublicio, in zona Testaccio a Roma. Sul posto vigili del fuoco e polizia.
Spento l’incendio i pompieri è stato trovato il corpo carbonizzato di un uomo, un senza fissa dimora. Trovata una valigia, pentolame e altri effetti personali. Sul posto per i rilievi la polizia scientifica. Da accertare le cause del rogo.
All’alba Ieri in corso d’Italia, sempre in pieno centro un’auto pirata ha falciato e ucciso Nereo, un senzatetto che viveva in zona.
Sono ancora in corso le indagini per rintracciare l’automobilista che ha investito il 73enne senza fermarsi a prestare soccorso. La sua morte ha suscitato una forte ondata di commozione e una gara di solidarietà per adottare Lilla, il suo inseparabile cane.
Il 4 gennaio un senzatetto è stato trovato morto, sempre sulle sponde del Tevere, anche in questo caso si ipotizza che sia stato stroncato dall’ondata di gelo che in quei giorni aveva colpito la capitale. §
Lo scorso due gennaio invece aveva perso la vita a causa del freddo Beniamino, un polacco di 50 anni, il corpo era su una panchina di piazza Lotto, a Tor Marancia. Mentre risale al 30 dicembre il decesso di Davide, “il clochard colto” trovato morto, molto probabilmente anche lui stroncato dal freddo, in via Peano, in zona Marconi.
E poi dicono che hanno abolito la poverta’…
(da agenzie)
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Gennaio 7th, 2019 Riccardo Fucile
IL SENZATETTO E’ ROMENO E SPIEGA DI ESSERE FINITO IN STRADA DOPO ESSERE STATO BUTTATO FUORI DA UN CENTRO DI ACCOGLIENZA… NON HA PRECEDENTI PENALI
«Dormo in strada e non mi è mai successo niente, tante persone mi hanno aiutato: c’era chi portava cibo caldo, chi mi dava dei soldi».
Così in un’intervista al Piccolo di Trieste Mesej Mihaj, il senzatetto romeno che si è visto gettare in un cassonetto i pochi averi dal vicesindaco leghista Paolo Polidori. Mesej spiega di essere finito in strada dopo essere stato «buttato fuori da un centro di accoglienza».
Da allora in migliaia sul web e dal mondo della politica sono intervenuti indignati per quel gesto.
Lui, spiega in un’intervista di non essersene nemmeno reso conto e di non avere realizzato della tanta solidarietà arrivata dopo.
In questi giorni Mihaj si trova in un hotel vicino a Trieste dove è stato accolto dalla comunità romena e dal suo presidente Andreescu Felix Aurelian. Mesej è arrivato in Italia dalla Romania molti anni fa.
Racconta di essere fuggito dalla dittatura di Ceausescu.
«Nel 1989 ero in piazza a manifestare – dice – poi ho avuto paura e sono scappato». Dopo essere vissuto a Gaeta, prosegue, «nel 1997 sono finito a Civitavecchia. Ho chiesto più volte asilo politico ma invano».
Non ha precedenti penali ma il 3 dicembre scorso gli è arrivato un foglio di via dalla Polizia locale: un obbligo al quale non ha ottemperato e che gli è costato una denuncia.
Il 12 ottobre gli rubano i documenti e lui non sa cosa fare. «Sono a Trieste da allora. Ho dormito in un centro di accoglienza per cinque giorni, poi di punto in bianco mi hanno detto che dovevo andarmene perchè non avevo la residenza -spiega- . Sono andato a fare la denuncia di furto due volte, alla terza mi hanno detto che dovevo andare via. L’assistenze sociale mi voleva dare solo un biglietto per la Romania».
Intanto è in arriva la multa per il vicesindaco Polidori: la polizia locale infatti è pronta a sanzionarlo per non aver rispettato le norme comunali per la gestione dei rifiuti urbani.
Il leghista infatti ha gettato gli indumenti, un piumino e una bottiglia di plastica di Mesej senza contare che i materiali tessili integri debbano essere gettati negli appositi cassonetti gialli o portati nelle aree di raccolta dedicate, mentre la plastica ha il suo contenitore.
Polidori potrebbe dover pagare 450 euro considerando che la violazione del regolamento prevede una multa che va da 50 a 300 euro, ma se i vestiti non sono chiusi dentro un sacco la sanzione va da 25 a 150 euro.
La mossa del vicesindaco di postare la foto del cassonetto sui social, rende ancora più evidente la violazione del regolamento, cosa spesso difficile da attribuire al vero responsabile.
(da “il Corriere della Sera”)
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Gennaio 3rd, 2019 Riccardo Fucile
DUE CLOCHARD MORTI DAL FREDDO IN POCHI GIORNI MA LA COSCIENZA CIVILE DELLA CAPITALE E’ CANCELLATA DA PANCHINE ANTIBIVACCO E STRUTTURE RESPINGENTI PER ALLONTARE CHI CERCA UN PO’ DI RIPARO NELLA NOTTE
Alle 22 di ieri sera il Campidoglio ha finalmento aperto l’ingresso delle Ferrovie Laziali in via Giolitti per dare ricovero ai senza tetto intirizziti dal freddo. Totale: 20 posti a fronte di 10mila persone almeno che vivono in strada.
Vivono dove possono, sopravvivono soprattutto, a volte muoiono nell’indifferenza generale come è successo a Stanislao, clochard polacco trovato senza vita a Tor Marancia, ucciso dall’ondata di gelo.
Il calo delle temperature era stato ampiamente previsto dai metereologi. Eppure la Giunta Raggi ha atteso la notte per intervenire. Una sala aperta, 20 brandine. Chi c’è c’è
Dopo Papa Francesco anche la Comunità di Sant’Egidio ha lanciato l’ennesimo appello: a Roma servono coperte, sacchi a pelo, volontari per dare aiuto a questo esercito di disperati che cerca come può di resistere al gelo. Interviene la Chiesa, intervengono le comunità cattoliche e la politica tace.
Anzi, se possibile intralcia. Come se la povertà fosse polvere da nascondere sotto il tappeto
Alla stazione Ostiense da tempo sono stati piazzati degli spuntoni di acciaio sulle panchine: cilindri anti bivacco li chiamano. Impossibile sdraiarsi.
Idem in via Giovanni da Procida, quartiere Bologna, II Municipio. Qui sulle vecchie panchine in legno sono state sistemate delle sbarre di ferro “contro il degrado”. Sbarre volute, pretese dai cittadini. Una guerra agli ultimi, ai più fragili tra i plausi e gli applausi di una città che è diventata sempre più respingente, cattiva, feroce
A viale Marconi, l’ingresso laterale di una banca sotto un portico, è stato costellato da gradoni in acciaio per evitare che i più bisognosi possano trovare riparo.
Eppure a 150 metri da questa mostruosità “architettonica” c’è un banchetto pieno di fiori. Era di Davide, clochard ucciso da un malore in strada qualche giorno fa. Vendeva a 50 centesimi i libri che la gente del quartiere gli regalava. Era diventato, a suo modo, un presidio culturale.
Sempre sorridente, parlava inglese e francese. Amava l’arte, il cinema, la musica. D’estate viveva in tenda vicino al fiume e d’inverno in qualche posto riparato con un minimo d’accoglienza. C’è chi lo piange, ora. Chi porta un garofano o una rosa Perchè non tutto è perduto a Roma.
Perchè c’è ancora una coscienza civile che non si piega alla barbarie.
(da Globalist)
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Gennaio 3rd, 2019 Riccardo Fucile
AVEVA 50ANNI, DORMIVA SU UNA PANCHINA A TOR MARANCIA… NELLA STESSA ZONA ALTRE 600 PERSONE RISCHIANO DI FINIRE IN STRADA GRAZIE ALLA “CURA” RAGGI
Morire da clochard. Aveva 50 anni, polacco. Lo hanno trovato riverso, livido per il gelo in piazza
Lotto, una gigantesca rotatoria che non è mai diventata neppure un giardinetto.
Un uomo senza vita, a un passo dalle altalene per i bambini.
In questo quartiere popolare un tempo quelli dell’Est, i senza fissa dimora, spesso manovali per due lire, trovavano rifugio nel parco di Tor Marancia, che si affaccia e confina con l’Appia Antica.
Avevano catapecchie di lamiera, di notte si vedevano piccoli falò. Così cucinavano, così si scaldavano. Poi furono sgomberati dall’allora sindaco Alemanno.
E sotto sgombero sono anche le 600 persone che abitano dal 2013 in via del Caravaggio, venti metri da piazza Lotto.
Vivono con l’incubo di essere sbattute in strada, per letto una panchina. Tanto che il presidente dell’VIII Municipio, Amedeo Ciaccheri nei giorni scorsi li ha voluti incontrare.
“Nonostante quello che pensa il Ministro dell’Interno in questo luogo come in altri luoghi del nostro territorio — ha detto – vive un’umanità in attesa di risposte, sul diritto all’abitare, sull’emergenza abitativa strutturale di questa città , su tante fragilità su cui un intervento di sgombero forzoso non può che far esplodere una questione sociale drammatica”.
I fragili, appunto. Quelli per cui la Giunta Raggi non ha ancora predisposto un piano freddo. La temperatura stanotte andrà sotto lo zero. E che accadrà a chi non ha un tetto? Resteranno aperte le stazioni della Metro, l’area della Protezione Civile nella ex Fiera di Roma? Non sappiamo, non si sa. Il grande boh.
Ci sarebbero su carta 235 posti. Fine. Chi ne è fuori, si accomodi pure all’aperto a rimirar le stelle.
I fragili, dicevamo. Quelli che a 50 metri da Piazza Lotto avrebbero trovato almeno uno spazio di condivisione, un piccolo centro culturale, un’area attrezzata per i bambini nell’ex scuola Mafai di cui è rimasto solo lo scheletro.
C’era una delibera con dei fondi del Comune a disposizione, c’era da firmare una petizione, partecipare dal basso con il progetto #Romadecide.
Abbiamo deciso, abbiamo firmato, compilato tutto, ma non è servito a niente. Dei 17 milioni stanziati per l’intera Capitale, sono rimasti per l’ex scuola di Tor Marancia solo 700mila euro, buoni giusto per buttar giù quello che è rimasto della struttura.
Una “rimodulazione” degli interventi sempre firmata dal Campidoglio alla faccia della democrazia partecipata.
Quando si parla di emergenza periferie, ogni slogan è buono. Soprattutto nella Capitale.
I selfie della sindaca a Tor Bella Monaca contro i murales simbolo della malavita, le ruspe con le telecamere, i Rom cacciati dal Camping Village unico esempio di campo nomadi funzionante in Europa, per arrivare alle ennesima trasformazione dei pentastellati in salsa leghista con i migranti allontanati dalla Stazione Tiburtina e i rifugiati scacciati da via Scorticabove.
Ma pensare, ripensare le periferie vuol dire pensare, ripensare con un progetto, un intero progetto dallo sguardo lungo questa città .
Vuol dire ascoltare i bisogni, ascoltare davvero, parlare, sentire. Fornire le comunità che le abitano degli strumenti minimi per viverle, vuol dire creare spazi di condivisione e moltiplicarli, vuol dire mettersi quotidianamente a disposizione, provare a mettere a disposizione come si può, meglio che si può, un percorso comune. E tra le molte, moltissime criticità c’è l’accoglienza ai fragili e il ricovero dei deboli. Questo è un tema complesso, sfaccettato, ma indispensabile per dirci comunità , dirci civili.
Ipotizzare, e poi mettere in pratica un progetto perfino laico senza demandare il problema alle parrocchie, a Sant’Egidio, alla Caritas, alla Chiesa, al cuore grande dei volontari.
Vuol dire fornire i municipi in emergenza di fondi per l’autogestione delle criticità . Vuol dire non far morire un uomo di freddo su una panchina.
(da Globalist)
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