CHI E’ BUZZI, L’OMICIDA PASSATO DALLA GRAZIA ALLA MAFIA CAPITALE
LA STORIA DEL RE DELLE COOP INIZIA CON 34 COLTELLATE CON CUI AMMAZZO’ UN COMPLICE… LA LAUREA IN CELLA, LA REDENZIONE, L’ASCESA
I capelli erano più ricci, molto folti. Il volto dietro le braccia con le manette strette ai polsi.
Il bancario truffatore, ch’era impiegato nel centro di Roma, aveva appena confessato: il complice Giovanni Gargano, un pregiudicato ventenne, lo ricattava.
E così l’aveva ammazzato con 34 coltellate.
Era il 26 giugno 1980. L’assassino si chiamava Salvatore Buzzi, 25 anni, fidanzato con una brasiliana, sfruttata per un alibi caduto presto.
È lo stesso Salvatore Buzzi che oggi è agli arresti, di nuovo, per l’inchiesta “Mafia Capitale”. Era “un figlio di papà ” sostiene il Messaggero dell’epoca, che viveva con i genitori e la sorella minore in via Prospero Colonna, non lontano dalla Magliana, la periferia in mano a una banda.
Il posto da impiegato, forse, non gli permetteva di comprarsi un’automobile da 12 milioni di lire e di prendersi un appartamento con la fidanzata.
Arrotondava con assegni che rubava in banca e incassava tramite il socio.
Salta il trucchetto degli assegni a vuoto
Il giochetto, però, s’inceppò, i due litigarono e una sera, in zona Aurelia, il chiarimento finì male: “Gargano minacciava di rivelare tutto ai miei superiori. E dopo una discussione, ha cercato di accoltellarmi. Io l’ho disarmato per difendermi e poi ho perso la testa”.
Condannato per omicidio doloso a un quarto di secolo, Buzzi va in galera, ci resta senza uscire mai per quasi 11 anni, libertà vigilata sino al ’92, quando riceve la grazia da Oscar Luigi Scalfaro, nel 1994.
Questa è la sua storia criminale, ma in prigione, tra Rebibbia e Regina Coeli, sembra cambiare vita.
Si fa notare nel 1983 quando si laurea in Lettere e per la primavolta una commissione universitaria oltrepassa i cancelli di Rebibbia per proclamare un dottore.
Il 29 giugno dell’84, la svolta. A quattro anni esatti dall’omicidio, Buzzi organizza un convegno nel penitenziario di Roma dedicato al reinserimento dei detenuti.
Qualche giorno prima, il 25 giugno, avevano messo in scena l’Antigone di Sofocle dove presenziano il capo dello Stato di allora, Francesco Cossiga e personalità come Pietro Ingrao. Antigone ispirerà un’associazione che si occupa di giustizia e carcere e la vicenda di Buzzi diventa esemplare a sinistra (Il manifesto ne scriverà più di tutti).
Al convegno si ritrovano socialisti come Giuliano Vassalli, liberali come Aldo Bozzi, democristiani come Giovanni Galloni, comunisti come Luciano Violante.
C’è l’allora sindaco di Roma, Ugo Vetere, il vicepresidente della Provincia, Angiolo Marroni, padre di Umberto, il dem che Buzzi, leggendo le intercettazioni dell’inchiesta “mafia capitale”, voleva primo cittadino al Campidoglio.
Miriam Mafai gli dedica un pezzo su Repubblica. Il 29 giugno diventa il nome di una delle cooperative di Buzzi, il suo progetto diviene realtà con la legge del 1991 sulle cooperative sociali che permette di assegnare gli appalti senza bandi pubblici.
I rapporti costruiti con la sinistra romana si traducono in lavoro vero: dapprima nella cura dei giardini, della raccolta rifiuti per poi crescere a dismisura. Con l’avvento della giunta Rutelli avviene il primo salto. Gli amici e i compagni di sempre salgono alla guida di Roma e la amica cooperativa di detenuti va aiutata
La nascita della cooperativa sull’onda di Antigone
Buzzi e i suoi si ingrandiscono e forse, un po’ alla volta, iniziano a toccare interessi e questioni sempre più scabrose.
È ancora estate, stavolta il 22 luglio 2002. Al cimitero monumentale del Verano si segnalano devastazioni di cinque giardinieri contro le tombe ebraiche.
Al Campidoglio siede Walter Veltroni, il capo di gabinetto è Luca Odevaine, arrestato martedì scorso. Gli investigatori ascoltano i soci di “29 giugno”, la cooperativa a cui l’Ama aveva affidato la gestione del Verano.
Buzzi dice di aver subito minacce e di aver denunciato l’accaduto al direttore del camposanto, perchè voleva sconfiggere “la mafia del cimitero”.
Un legame che allora non dice, ma che oggi, scoperchiato il sistema Buzzi-Carminati, può destare dei sospetti.
Nel corso del tempo, il potere di Buzzi è germinato a sinistra, gli appalti si sono moltiplicati con le giunte di quell’indirizzo politico.
Quando in Campidoglio arriva Gianni Alemanno, nel 2008, l’ipotesi che si fa strada è di azzerare i rapporti tra il Comune e le cooperative legate alla sinistra.
L’ex sindaco, oggi indagato, pensa di aprire spazi per i “suoi”. Ecco, allora, che Buzzi si rivolge a Massimo Carminati.
Vince Gianni Alemanno, è tempo di migrare
Il “triangolo”, il legame a tre, emerge dalle intercettazioni.
Il presidente della “29 giugno” rimane stupito quando l’ex Nar gli dice di andare al Campidoglio e di aspettare Antonio Lucarelli, il responsabile della segreteria di Alemanno.
Buzzi ne parla con un amico: “Allora praticamente bisognava parlà col suo capo segreteria, quello che ha ammazzato dall’inizio, un Padre Eterno… allora chiamiamo Massimo e faccio ‘guarda che qui c’ho difficoltà a farmi fa i trecentomilaeuro ‘me fa ‘me richiami’ visto c’ha il telefono… su quel telefono parla solo lui, me fa dice ‘va in Campidoglio, alle tre, che scende Lucarelli e viene a parlare con te’ ho fatto ‘a Massimo ma io nemmeno salgo su, no.. quello scende giù!? ‘ ‘vai alle tre lì tranquillo’, aò alle tre meno cinque scende, dice ‘ho parlato con Massimo, tutto a posto domani vai.. ‘ aò tutto a posto veramente! C’hanno paura de lui, c’hanno paura che cazzo devono fare qua”.
Carminati si dimostra una potenza di fuoco e Buzzi conserva, anzi aumenta i suoi affari.
E così, da lì in poi, si possono ascoltare, sempre intercettati, dialoghi come quello con Alessandro Montani rappresentante legale de “Il Granellino di senapa”, nonchè delegato di Confcooperative, l’organizzazione “bianca” già rutelliana e poi pronta a legarsi ad Alemanno. Sarà Montani (che non è indagato) a chiedere, confidenzialmente, a Buzzi notizie sulla possibilità di recuperare un “milione e mezzo” dalle piste ciclabili.
La vita di Buzzi è un’altra, le fotografie con futuri ministri (Poletti), la sedia al gran gala di finanziamento democratico, il mese scorso all’Eur con Matteo Renzi, ospite del partito romano. Non sferra coltellate, ma s’inabissa nel cancro di Roma capitale.
Salvatore Cannavò e Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano“)
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