CHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO DI MARONI PER I FAVORI ALLE “COLLABORATRICI” A CUI ERA “LEGATO AFFETTIVAMENTE”
IN CASO DI CONDANNA PER IL GOVERNATORE SCATTEREBBE LA SOSPENSIONE PER LA LEGGE SEVERINO
Il pm di Milano Eugenio Fusco ha chiesto il rinvio a giudizio di Roberto Maroni. I guai per il governatore lombardo nascono con l’indagine dei contratti Expo e l’accusa di “turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente” e “induzione indebita” per presunte pressioni per far ottenere un lavoro e un viaggio a Tokyo a due sue ex collaboratrici.
Fissata l’udienza preliminare al 30 settembre, si potrebbe aprire un nuove scenario: nel caso di condanna (anche solo di primo grado) Maroni sarebbe costretto a lasciare la poltrona secondo la legge Severino che prevede la sospensione.
E di conseguenza abbandonare la guida della Regione Lombardia prima del 2018, fine ordinaria della legislatura federale.
L’ex segretario della Lega Nord è accusato di una presunta raccomandazione che avrebbe portato Maria Grazia Paturzo, che collaborava con Maroni quando era ministro dell’Interno, ad ottenere un contratto come “temporary manager” nella società che gestisce l’esposizione universale di Rho.
I due come scrive il pm nell’atto di chiusura indagini, sarebbero stati “legati da una relazione affettiva” e ciò emergerebbe da un verbale e da alcuni sms.
Una relazione nata ai tempi del Viminale e del governo Berlusconi e che ha portato alle due collaboratrici (l’altra è Mara Carluccio) una sfilza di incarichi, poltrone e consulenze come ricostruito da “l’Espresso”.
I guai nascono, secondo gli investigatori, perchè Maroni non avrebbe potuto inserire la professionista nel suo staff al Pirellone e, dunque, avrebbe concordato per lei con il capo di Expo Giuseppe Sala (solo teste nell’inchiesta) un contratto di sei mesi da 5mila euro e scaduto lo scorso ottobre.
C’è anche dell’altro.
Nel viaggio del 2 giugno 2014 verso l’estremo oriente per promuovere la kermesse di Milano, secondo la ricostruzione della magistratura, l’ex ministro avrebbe voluto che Paturzo fosse inserita nella delegazione della Regione ma che fosse spesata da Expo, perchè il Pirellone non poteva coprire i costi.
Da qui le sue presunte “pressioni” sul direttore di Expo Christian Malangone, attraverso il capo della sua segreteria Giacomo Ciriello.
Il direttore, dal canto suo, avrebbe promesso di “intervenire” sui vertici Expo per il pagamento di biglietti aerei business class e per il soggiorno di lusso in un albergo per un totale di oltre 6mila euro di spese.
Il 27 maggio 2014, in particolare, Ciriello e Malangone si sarebbero incontrati e quest’ultimo, stando agli atti, avrebbe spiegato di dover chiedere l’ok a Sala, che diede parere contrario.
Il 28 maggio, si legge nell’imputazione, Malangone ricevette un sms da Ciriello: «Christian il Pres ci tiene acchè la delegazione per Tokyo comprenda anche la società Expo (attraverso la dott.sa Paturzo)», ed è completato da una domanda che nell’imputazione risulta saltata: «Puoi parlarne con Sala o autorizzarne la missione?».
Malangone avrebbe attivato gli uffici di Expo per l’acquisto dei biglietti e la prenotazione dell’albergo.
Poi ancora un sms a Ciriello: «Di’ alla Paturzo di mandare mail ad Arditti», capo della comunicazione di Expo, per l’autorizzazione.
Cosa che puntualmente lei avrebbe fatto.
A questo punto tutto sarebbe andato in porto, perchè Malangone comunicò a Ciriello: «Ok, capo allineato».
Prima della partenza il colpo di scena: Ciriello avrebbe chiamato Malangone per chiedergli di “sospendere” i voli, anche se i biglietti erano già stati emessi.
Per gli inquirenti Paturzo non partì perchè Maroni decise così per mettere a tacere alcuni contrasti all’interno del suo team di collaboratori ed forse evitare un focolaio di polemiche.
Così la missione a Tokyo venne guidata dal vicepresidente Mario Mantovani.
L’inchiesta è virata sulle spese del viaggio nell’ambito del “World Expo Tour”, una serie di missioni internazionali per attirare folle di turisti pronti a visitare Milano e “accendere i territori” . Partito a gennaio 2014 ha fatto tappa a Barcellona, Bruxelles, Parigi, Berlino, Dublino, Berna, Tokyo, Roma, Londra, Washington, Montreal, Shanghai, Dubai, Vienna, Varsavia, Bucarest, Istanbul, Tel Aviv, New York.
Volo, soggiorno di poche ore in cui il governo “federale” incontra la comunità economica e le ambasciate, si stringono le mani e si riparte.
Tra i sei indagati, che hanno ricevuto il rinvio a giudizio firmato dal pm Eugenio Fusco, c’è anche Expo 2015 spa, coinvolta in base alle legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, oltre al direttore generale della stessa società Christian Malangone, e Andrea Gibelli, segretario generale del Pirellone e da poco nominato presidente di Ferrovie Nord Milano.
LE ALTRE GRANE
C’è però un altro filone d’inchiesta per un’altra persona vicina al governatore. Si tratta di Mara Carluccio di Eupolis, l’ente di Regione Lombardia per la ricerca, la statistica e la formazione.
In questo caso l’accusa è aver turbato la gara per favorire l’assegnazione di un contratto da 29.500 cucito su misura per la ex collaboratrice ai tempi del Viminale.
Eupolis è una delle controllate dell’universo di Regione Lombardia create su misura dall’ex governatore Roberto Formigoni nei 18 anni del suo regno.
Cosa c’entra un istituto di ricerca, statistica e formazione a controllo regionale con un evento che ha come obiettivo attirare milioni di visitatori nel sito a due passi da Milano?
Apparentemente nulla ma l’ex presidente è stato un grande protagonista delle scelte in chiave Expo (il 20 per cento è proprio del Pirellone) e tutte le società regionali hanno avuto una parte di appalti.
Per la Carluccio un bando ad hoc, secondo l’accusa, anche grazie all’intervento di Gibelli e dell’allora direttore della controllata Alberto Brugnoli, che ha già patteggiato.
Ogni desiderio delle donne del cerchio magico maroniano era un ordine.
Questo è l’sms spedito da Carluccio a Brugnoli prima dell’assunzione: «Gentile dottor Brugnoli, ho parlato con il mio commercialista che, per evitare di pagare troppe tasse, mi ha consigliato di prevedere una retribuzione che non superi 29.500 euro».
Detto-fatto: in pochi giorni cifra stabilita e firma dell’incarico di consulenza alla signora.
Michele Sasso
(da “L’Espresso”)
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