CINQUE ANNI DOPO LA CRICCA DI BALDUCCI NON E’ CAMBIATO NULLA: APPALTI TRUCCATI, AFFIDAMENTI PILOTATI E MAZZETTE
RICATTI E TANTI POLITICI INDAGATI… LE CARTE SU LUPI
Cinque anni dopo la storia si ripete. Forse è meglio dire che non si è mai interrotta. Cinque anni fa, più o meno in questi tempi, il Ros dei carabinieri e la procura di Firenze misero le mani sulla cricca del G8, su Balducci, De Santis, Della Giovampaola, Rinaldi, Anemone e tutti gli affari del “sistema gelatinoso” che per anni, dalla cabina di regia della struttura Grandi eventi della presidenza del Consiglio dei ministri ha sottratto al Paese miliardi e miliardi in corruzione e malaffare al Paese.
Ieri mattina gli stessi magistrati fiorentini, Luca Turco, Giulio Monferini e Giuseppina Mione sulla base delle indagini svolte dagli stessi uomini del Ros dei carabinieri, hanno firmato l’atto secondo della stessa storia.
Cambiano i protagonisti. Salgono sulla ribalta nomi che in quell’indagine erano rimasti sullo sfondo, come il superdirigente del ministero delle Infrastrutture Ercole Incalza.
Forse sono un po’ meno sfacciati i metodi.
Il risultato è lo stesso: corruzione, appalti truccati, affidamenti pilotati, il mercato degli appalti pubblici falsato da mazzette, pressioni, ricatti.
E il solito giro di “altre utilità ”: orologi, abiti, viaggi, posti di lavoro, incarichi.
Non pervenuti, al momento almeno, i benefit in forma di massaggi e cene eleganti. Presente, invece, anche oggi il prelato, il monsignore di turno con spiccato senso degli affari.
Quanta politica tra gli indagati.
Quattro gli arrestati: il super-dirigente del Ministero dei Lavori Pubblici (ora consulente esterno) Ercole Incalza, il suo collaboratore Sandro Pacella e gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo.
Sono tutti accusati di corruzione, induzione indebita, turbata libertà delle gare pubbliche e altri delitti contro la pubblica amministrazione.
Il gip ha rifiutato un quinto arresto (l’imprenditore Massimo Fiorini).
Ma sono una cinquantina gli indagati, ex sottosegretari, ex parlamentari ed ex amministratori locali.
C’è Rocco Girlanda, ex sottosegretario ai trasporti ed braccio destro di Denis Verdini; Antonio Bargone, anche lui ex sottosegretario ai Trasporti ai tempi dei governi Prodi e D’Alema e poi presidente della autostrada Sat; l’ex sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia (pdl) poi nel cda di Terna; Vito Bonsignore, ex presidente del gruppo Ppe; l’ex senatore azzurro Fedele Sanciu.
Non sono indagati ma nelle intercettazioni spuntano spesso i nomi del ministro Maurizio Lupi, del figlio Luca in quanto beneficiario di un posto di lavoro, un Rolex da diecimila euro e qualche abito di sartoria.
E di Riccardo Nencini, viceministro alle Infrastrutture con delega ai lavori pubblici. Sopra tutto e tutti c’è Ettore Incalza: li controlla, li contatta e ottiene il via libera per affidamenti, perizie, direzioni lavori e appalti. In cambio la sua società , la Green Field System, ottiene consulenze e direzioni lavori.
Il ruolo di Incalza.
Sopravvissuto a sette governi (l’unico che lo allontana è Di Pietro) e una dozzina di inchieste, Ercole Incalza, nonostante la pensione, continua a guidare, come consulente esterno, la struttura tecnica di missione della cosiddette Grandi Opere, organismo del ministero delle Infrastrutture che, ripreso il potere che gli aveva sottratto Balducci con una struttura concorrente, decide la sorte di miliardi di fondi pubblici, segue la progettazione e l’approvazione delle grandi opere.
II nome di Incalza è spuntato nell’inchiesta G8, nelle intercettazioni sul Mose e sull’Expo, è indagato per la Tav di Firenze (associazione a delinquere finalizzata a corruzione e abuso).
A luglio 2014 i Cinque stelle avevano fatto un’interrogazione alla Camera.
Il ministro Lupi aveva difeso fino alla morte l’integrità e le capacità professionali di Incalza. Intanto il figlio lavorava già per una sua società .
Il cuore dell’inchiesta.
Il gip Angelo Pezzuti affronta in 268 pagine e 19 capitoli tutte le singole accuse mettendo insieme intercettazioni, testimonianze e accertamenti bancari.
E individua proprio nella legge il principale alleato dell’oggetto dell’inchiesta: nel 2001, per snellire i tempi di realizzazione delle opere pubbliche, il governo decise che il general contractor era anche il direttore dei lavori.
L’inchiesta prende il nome “Sistema” dalla Green Field System srl, società affidataria di numerosi dietro la quale ci sarebbero lo steso Incalza e il costruttore Stefano Perotti.
Il “modus operandi” è fondato, scrive il gip, sui “reciproci rapporti di interesse illecito” tra gli indagati.
Le società consortili aggiudicatarie degli appalti delle Grandi Opere sarebbero state indotte da Ercole Incalza – capo della struttura di missione competente sulle Grandi Opere – a conferire all’imprenditore Stefano Perotti, o a professionisti e società a lui riconducibili, incarichi di progettazione e direzione di lavori “garantendo di fatto il superamento degli ostacoli burocratico-amministrativi”.
In cambio Perotti avrebbe assicurato l’affidamento di incarichi di consulenza o tecnici a soggetti indicati dallo stesso Incalza, destinatario di incarichi “lautamente retribuiti” conferiti dalla Green Field System srl, società affidataria di direzioni lavori.
A Francesco Cavallo, sempre secondo l’accusa, veniva riconosciuto da parte di Perotti, tramite società a lui riferibili, una retribuzione mensile di circa 7.000 euro “come compenso per la sua illecita mediazione”.
Perotti, responsabile della società Ingegneria Spm e “figura centrale dell’indagine”, sono stati affidati da diverse società incarichi di direzione lavori per la realizzazione di numerose “Grandi Opere”, ferroviarie e autostradali.
Tra queste figurano l’Alta velocità Milano-Verona, il nodo Tav di Firenze per il sotto attraversamento della città ; l’alta velocità Firenze Bologna, la Genova-Milano, il Terzo Valico di Giovi, l’autostrada Civitavecchia-Orte-Mestre, l’autostrada Reggiolo Rolo-Ferrara, l’autostrada Eas Ejdyer-Emssad in Libia, il nuovo terminal del porto di Olbia.
Perotti avrebbe anche “influito” illecitamente sull’aggiudicazione dei lavori di realizzazione del cosiddetto Palazzo Italia Expo 2015.
La commessa del valore di oltre 25 milioni di euro sarebbe stata pilotata grazie agli stretti rapporti tra Perotti e l’allora manager di Expo 2015 spa Antonio Acerbo, finito ai domiciliari in ottobre. In generale l’inchiesta documenta le relazioni instaurate da Perotti con funzionari delle stazioni appaltanti interessate alle opere in questione, “indotti — si legge nell’ordinanza – ad inserire specifiche clausole nei bandi finalizzate a determinarne l’aggiudicazione”.
Il valore degli appalti affidati a Perotti si aggira sui 25 miliardi (anche la Metro C di Roma). I costi sono lievitati anche del 40 per cento.
“Ercole, Ercolino”.
Ognuno dei 19 capitoli dell’ordinanza ricostruisce l’affidamento di un appalto e la rete di favori e pressioni. Ed è arricchito e supportato da intercettazioni telefoniche. Illuminante per capire il ruolo e il potere di Incalza sono le parole di Giovanni Gaspari, alto dirigente delle Ferrovie dello Stato e consigliere presso il ministero delle Infrastrutture. “Ercolino…è lui che decide i nomi…fa il bello e il cattivo tempo ormai là dentro…è il dominus totale” dice il 25 novembre del 2013.
Dall’altra parte del telefono c’è Giulio Burchi, allora presidente di Italferr Spa e indagato nell’inchiesta di Firenze sulle Grandi Opere. “Come emerge dalle indagini – si legge nell’ordinanza – Incalza dirige con attenzione ogni grande opera, controllandone l’evoluzione in ogni passaggio formale: è lui che predispone le bozze della legge obiettivo, e’ lui che, di anno in anno, individua le grandi opere da finanziare e sceglie quali bloccare e quali mandare avanti, da lui gli appaltatori non possono prescindere”.
E senza il suo intervento, dice Gaspari a Burchi, “al 100% non si muove una foglia, fa sempre tutto lui”.
Il bando di gara per l’incarico di collaborazione temporanea al ministero, poi vinto da Incalza, Gaspari sostiene che quel bando “naturalmente si adatta solo ad Ercolino”. Tra i requisiti c’è che l’incaricato deve aver fatto il capo della struttura tecnica di missione per 10 anni.
“Cioè — osserva Gaspari – solo Incalza. Vabbè…non l’hanno capito che la gente si sta scocciando di tutte queste porcate e prima o poi farà casino”.
La “chiesa” di Perotti.
Alla fine di una lunga trattativa per sbloccare uno dei lavori, Perotti commenta: “Finalmente la chiesa è tornata al centro del villaggio”.
Il gip spiega che si tratta di un proverbio francese che sta a significare “rimettere le cose al loro posto”.
Preoccupati per la legge Madia.
Gli investigatori mettono in evidenza il legame tra Sandro Pacella ed Ercole Incalza dove il primo “funge da segretario, mediatore e consulente del secondo”.
Sono indispensabili l’uno all’altro. Ed entrambi si preoccupano molto a giugno 2014 quando il decreto madia sulla Pubblica amministrazione stabilisce che non è più possibile restare nella pubblica amministrazione, neppure con incarichi di consulenza, dopo la pensione.
Dice Pacella a Incalza: “ Stai lavorando, no? Che cazzo stai a fare, hai visto la norma che hanno fatto? Chi è in pensione non potrà più lavorare ottenendo incarichi dirigenziali o di consulenza per le pubbliche amministrazioni. Questi figli di mignotta stavano ad aspettare apposta perche cosi una volta approvato manco ti danno lo stipendio di quest’anno. Siamo sulla strada…”.
Incalza saprà lavorare. E saprà trovare il modo per restare come consulente.
Le altre utilità .
Sono quelle ricevute — o capitate — a Luca Lupi, il figlio del ministro che pure, come sottolinea il padre, “è laureato con 110 e lode al Politecnico di Milano e forse non avrebbe bisogno di tante raccomandazioni”.
In questo caso è meglio far parlare direttamente il gip.
“Effettivamente — scrive – Stefano Perotti ha procurato degli incarichi di lavoro a Luca Lupi”.
Il 21 ottobre 2014, uno degli indagati, Giulio Burchi, racconta al telefono al dirigente Anas, ing. Massimo Averardi, che Stefano Perotti ha assunto il figlio del ministro Maurizio Lupi.
“Ho visto Perotti l’altro giorno – dice Burchi al telefono – tu sai che lui e il ministro sono più che intimi perchè gli ha assunto anche il figlio, per star sicuro che non mancasse qualche incarico di direzione lavori, siccome ne ha soli 17, glieli hanno contati, ha assunto anche il figlio di Lupi”.
Il primo luglio, sempre Burchi a Averardi: “Ha vinto anche la gara, che ha fatto un ribasso pazzesco, ha vinto anche il nuovo palazzo dell’Eni a San Donato e c’ha quattro giovani ingegneri e sai uno come si chiama? Sai di cognome come si chiama? Un giovane ingegnere neolaureato, Lupi, ma guarda i casi della vita”.
Il gip spiega che “nell’ambito della commessa Eni, Perotti stipulerà un contratto con Giorgio Mor, affidandogli l’incarico di coordinatore del lavoro che, a sua volta, nominerà Luca Lupi” per 2 mila euro al mese.
Il ministro Lupi corregge e dice che sono “1.300”. Luca Lupi sarebbe destinatario anche di un Rolex dal valore di circa 10mila euro come regalo di laurea della famiglia Perotti.
Qualche cosina sarebbe scappata fuori anche per il babbo, ad esempio un vestito sartoriale, regalo, questa volta, di Franco Cavallo (uno dei quattro arrestati).
Abiti di sartoria anche per E.F. membro della segreteria del ministro. In qualche telefonata Perotti e Mor si preoccupano circa l’opportunità di aver assunto il figlio del ministro.
Il gip scrive che “la preoccupazione di Stefano Perotti e Giorgio Mor non è comprensibile al di fuori di uno scenario illecito.
Nulla può impedire a costoro di assumere le persone che vogliono” salvo che la collaborazione “possa essere immaginata quale corrispettivo di qualche utilità fornita da Maurizio Lupi per il tramite di Ettore Incalza”.
Incalza suggeritore di Ncd?.
II legame tra Ercole Incalza e Maurizio Lupi ed in generale con il Nuovo Centro Destra risulta evidente nel messaggio e nella telefonata che il primo ha con una tal Daniela che adopera un telefono intestato al Ministero delle Infrastrutture.
In queste telefonate Incalza afferma di “aver trascorso la notte a redigere il programma di governo che Ncd avrebbe dovuto presentare e di essere in attesa del benestare di Angelino Alfano e di Maurizio Lupi”.
Nell’ordinanza si segnala che “questa Daniela potrebbe essere la stessa persona che il 7 febbraio 2014 ha inviato un sms ad Ercole Incalza avvisandolo del ritorno di un tal Carlea “quello cattivo” che “ha detto che te la farà pagare a te e ad Aiello!!”.
Daniela suggerisce ad Ercole Incalza di allearsi con Aiello.
Illuminante dei rapporti tra Ercole Incalza e Maurizio Lupi è la telefonata del 17 febbraio 2014 in cui il ministro si lamenta di essere stato “abbandonato” e il super-dirigente lo contesta dicendo: “Ma se ti ho pure scritto il programma”.
Il 28 febbraio 2014, sempre al telefono, Lupi ricorda ad Incalza di aver nominato Nencini solo per la “tua sponsorizzazione” e lo prega di invitarlo a “non rompere i c…..”. In altre telefonate Incalza sottolinea come al ministero siano arrivati “due suoi amici socialisti: Umberto Del Basso De Caro e Riccardo Nencini”.
Nencini bolla queste parole come “millantato credito”. Anche perchè il 17 febbraio il governo Letta non era neppure caduto.
Il finanziere del viceministro Nencini. Nella segreteria del viceministro Riccardo Nencini lavora Massimo Romolini, ispettore della Guardia di finanza una volta in servizio presso la procura. Il 6 agosto 2014 lo chiama al telefono Sandro Pacella per avere informazioni circa “quella cosa in procura”.
Romolini lo rinvia al giorno dopo. Quando lo incontrerà in ufficio.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply