“CON FALCONE E BORSELLINO VIVI NON SAREBBE MAI DIVENTATO PREMIER”: ESCE “INDAGINE SUL VENTENNIO” BERLUSCONIANO
IL NUOVO LIBRO DI ENRICO DEAGLIO: L’INTERVISTA ALL’AUTORE
Enrico Deaglio è un giornalista italiano di lungo corso.
Nella sua carriera ha raccontato alcuni dei passaggi più importanti della storia italiana recente. E’ stato cronista, direttore di settimanali, autore e ideatore di trasmissioni televisive, documentarista e scrittore di libri di successo.
Nonostante ora si definisca un “anziano, prevenuto e amareggiato” non ha perso il vizio del buon giornalista: indagare la realtà .
Nel suo ultimo libro “Indagine sul ventennio” (Feltrinelli, pp215, 15 euro) ha deciso di accendere i riflettori su qualcosa che lui stesso definisce come “un pasticciaccio brutto”: il ventennio di Silvio Berlusconi.
Analisi e racconti corredati da interviste inedite a politici (Prodi), giornalisti (Lerner), scrittori (Saviano e Sofri), psicologi (Recalcati), giovani studenti.
Deaglio torna, lui che fu tra i primi a farlo nel ’94 con Besame Mucho.
Diario di una anno abbastanza crudele, a occuparsi dell’ex Cav.
Nell’anno in cui l’epopea di Silvio fa venti: dalla discesa in campo (gennaio 1994) alla vicenda della condanna definitiva per frode fiscale e la conseguente decadenza dal Senato (fine 2013).
Un ventennio raccontato attraverso fatti e personaggi, di alcuni di questi l’autore ne ripercorre le gesta in una graffiante appendice, protagonisti di queste due decadi. Deaglio aggiunge all’analisi di ciò che è stato (ed è conosciuto) un elemento nuovo. Nell’ultimo capitolo del libro infatti pubblica alcuni estratti di un riservatissimo rapporto sui risultati investigativi dell’operazione Oceano.
Rapporto che la Direzione investigativa antimafia, pochi mesi prima del voto del marzo ’94, fece arrivare sulle scrivanie di quattro procure italiane.
Un testo di 70 pagine in cui si esaminava lo stato delle indagini sulle stragi del 1992 e del 1993. Proprio le bombe e i morti, secondo la Dia, furono un formidabile volano per la ripresa di quella “strategia del colpo di stato” che aveva come obiettivo lo spostamento a destra dell’assetto politico italiano dopo Tangentopoli.
Deaglio, lei pubblica in anteprima nel libro un rapporto della Dia sull’operazione Oceano. Perchè quelle 70 pagine sono così importanti
Perchè quel documento ci racconta come la Mafia all’inizio degli anni ’90 avesse rapporti non solo con la politica ma anche con il mondo finanziario. Adesso può sembrare normale ma detto 20 anni fa, quando di finanza poco o nulla si sapeva, rappresentava un fattore di novità forte. Legami e affari che la malavita organizzata già a quei tempi intrecciava con i grandi gruppi imprenditoriali del paese. Nel rapporto è scritto chiaro: ‘quel nodo bilaterale (mafia, politica) prevalente potrebbe diventare trivalente così da coprire per intero quella realtà che, in gran parte nascosta attraversa i vari settori della vita del nostro paese’.
Negli estratti non vengono fatti nomi però. Lei pensa che potessero essere coinvolti personaggi di peso dell’imprenditoria italiana
Credo di si. Bisogna specificare che quello che pubblico io è il rapporto di un’indagine molto più complessa nella quale probabilmente alcuni nomi vengono fuori. Certo è che a inizio ’94 alcune procure avevano posto più di un focus sui grandi gruppi imprenditoriali italiani. Era inizio ’94 Berlusconi in fretta e furia organizzò un partito, si candidò e vinse le elezioni garantendosi l’immunità e riparandosi da ogni possibile pericolo. Mi faccia però aggiungere un elemento.
Prego
Se Falcone e Borsellino nel ’94 fossero stati ancora vivi Berlusconi non sarebbe mai diventato Presidente del Consiglio e il ventennio non sarebbe mai cominciato.
Perchè ne è così sicuro?
Perchè Falcone indagava sui colletti bianchi di Milano e Borsellino prima di altri aveva capito quanto stretti fossero i legami tra la Mafia, gli imprenditori del nord e il mondo della finanza.
Negli ultimi vent’anni però Berlusconi ha vinto 4 volte le elezioni, ha governato per più di tremila giorni e ora continua, seppur tra mille difficoltà , a essere un protagonista della politica italiana. Dentro Forza Italia non si vede nessuno in grado di prenderne il posto, Renzi fa accordi con lui sulle riforme, Napolitano lo riceve in quanto leader di una forza politica. E’ proprio sicuro si sia chiusa un’epoca?
Si credo di sì, lui ormai è vecchio. Sono venuti meno i presupposti che lo portano avanti. E’ certo vero che gli resta un potere contrattuale ma questo solo per la pavidità di chi lo circonda. Lui è finito ma i disastri che ha fatto ce li ritroveremo per molto tempo.
Nel libro lei non è tenero neanche nei confronti di chi in queste due decadi è stato all’opposizione dell’ex Cav. Chiama in causa gli ex Pci: Occhetto, D’Alema, Veltroni, Fassino. Che colpe ebbero?
La prima e la più importante di non denunciare subito il pericolo democratico che rappresentava Forza Italia. Scelsero di trattare e di scendere a patti, vedi la Bicamerale di D’Alema nel 1996. Non fecero mai opposizione vera, illusero un elettorato che credeva potesse esserci in loro una reale alternativa a Berlusconi.
A proposito di sinistra, di Renzi che pensa? E’ d’accordo con chi crede sia un Berlusconi sotto altre spoglie?
No, non penso. Tra di loro ci sono molte differenze. Renzi è un politico, spregiudicato ma è un politico cresciuto facendo politica. E’ possibile che in qualche modo il berlusconismo abbia contaminato il suo modo di farla — penso alla questione della leadership e del partito padronale – ma da qua a definirlo un altro Berlusconi ne passa eccome.
Nel libro c’è spazio anche per Grillo, racconta di quando il leader M5s “scaldava i comizi” di Alfredo Biondi. Pensa che anche lui sia un figlio del berlusconismo?
Assolutamente si. Grillo è un uomo di destra, con pessime idee, con un modo di fare politica tipicamente berlusconiano. Ha fondato un partito autoritario con l’idea che ci sia uno solo uomo al comando che prende decisioni per tutti. Quella che lui chiama democrazia su internet è solo finzione.
In Indagine sul ventennio lei si pone una domanda: “Come ha potuto un paese civile, ricco, con una stampa libera, istituzioni antiche, accettare Berlusconi?” Vuole provare a rispondere
Prima del 94 eravamo convinti che la vittoria sul fascismo avrebbe funzionato da anticorpo a nuovi autoritarismi, credevamo nella forza della nostra — seppur giovane – democrazia. C’eravamo solo illusi perchè con l’arrivo di Berlusconi le basi su cui poggiavamo le nostre certezze si dimostrarono davvero molto fragili.
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