CONFERENZA DI PALERMO TRA SEDIE VUOTE E VIAGGI FANTASMA: CONTE SAREBBE ANDATO A BENGASI IN GRAN SEGRETO PER CONVINCERE HAFTAR A ESSERE PRESENTE
MA IL GENERALE DISERTERA’ IL VERTICE VOLUTO DAL GOVERNO ITALIANO CHE RIMEDIA UNA FIGURA BARBINA E RESTA CON IL CERINO IN MANO
“Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Così
s’interrogava, amleticamente, Nanni Moretti in Ecce Bombo”.
Trasportato dal cinema alla diplomazia, a porsi questa domanda e a darsi una risposta, opposta a quella a cui giunse il protagonista del film, è Khalifa Haftar.
Salvo ripensamenti dell’ultimo minuto, l’uomo forte della Cirenaica diserterà la Conferenza per la Libia, che inizierà domani sera in una Palermo super blindata.
A riferirlo sono fonti del Lna, l”Esercito nazionale libico, vicine al maresciallo.
Le stesse fonti precisano che la rinuncia legata fra l’altro alla “presenza di rappresentanti del Qatar e di un gruppo legato ad Al Qaeda, parti non gradite al maresciallo”.
Le notizie sulla possibile assenza di Haftar si rincorrono da diversi giorni, tra conferme e smentite. E in questa continua alternarsi di speranza e pessimismo, s’inserisce un giallo nel giallo: quello del “viaggio fantasma”.
Il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, è arrivato a Bengasi per convincere il maresciallo Khalifa Haftar a partecipare alla Conferenza di Palermo per la Libia”.
È quanto scrive il sito libico Al Marsad, che cita una fonte del Comando dell’Esercito nazionale libico secondo cui il premier italiano è atterrato a Bengasi dopo la notizia del forfait di Haftar alla conferenza.
Fonti di Palazzo Chigi smentiscono però la missione del premier in Libia. Al Marsad è lo stesso sito che aveva dato la notizia della rinuncia di Haftar a Palermo.
Ma da Bengasi s’insiste: un alto responsabile del Lna dichiara all’agenzia France Presse che il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte è stato oggi a Bengasi per incontrare il generale.
Conte, ha spiegato questo responsabile alla France Presse, è arrivato a Bengasi per discutere con Haftar “gli ultimi sviluppi della conferenza” del capoluogo siciliano.
La fonte, che ha richiesto l’anonimato, non ha voluto fornire ulteriori dettagli. Interpellato, sempre dall’Afp, l’entourage del generale non ha voluto nè confermare nè smentire questa notizia. Il che lascia ancora aperto uno spiraglio per la nostra diplomazia, impegnata h24 per evitare una defezione che peserebbe come un macigno sulla due giorni palermitana.
Un macigno ancor più possente di quello rappresentato dalla mancata presenza dei “pesi massimi” dello scenario internazionale (Trump, Putin, Macron, Merkel…).
La scommessa del governo gialloverde era quella di portare a Palermo i più importanti attori interni libici.
E tra questi, Khalifa Haftar è davvero un “peso massimo”. Includere: è la parola chiave che spiega la strategia adottata dal titolare della Farnesina, Enzo Moavero Milanesi, e sostenuta con convinzione dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Una strategia che l’assenza di Haftar minerebbe fortemente, perchè vanificherebbe l’obiettivo finale su cui Moavero e i suoi più stretti collaboratori hanno lavorato alacremente, soprattutto negli ultimi due mesi: giungere ad una dichiarazione congiunta delle parti libiche a sostegno della “road map” di pace delineata dall’inviato delle Nazioni Unite per la Libia, Ghassan Salamè.
Per portare il Paese nordafricano fuori da una crisi che dura dal 2011 — è la convinzione di Salamè, – serve una discussione aperta e solo dopo si deve votare.
“Bisogna dare ai principali gruppi libici l’opportunità di incontrarsi sul suolo libico, senza interferenze esterne, al fine di determinare un chiaro percorso per rompere l’attuale impasse, e rinforzato da un calendario chiaro. Molti vogliono andare avanti con questa Conferenza nazionale e sono d’accordo. La soluzione alla crisi libica “dovrebbe arrivare dai libici, per questo ho indetto una Conferenza nazionale per la fine di gennaio in cui siano rappresentate tutte le parti libiche”, ha insistito ieri l’inviato speciale dell’Onu, durante la sua visita nella città di Zintan, circa 160 chilometri a Sud-Ovest di Tripoli.
Salamè ha proposto di tenere una Conferenza nazionale libica riferendo due giorni fa al Consiglio di sicurezza Onu sulla situazione nel Paese del Nord Africa, aggiungendo che il processo elettorale dovrebbe poi partire nella primavera del 2019.
“Se le parti libiche trovano un accordo su un piano di azione dentro la Libia e senza alcuna presenza straniera io sono certo che il Consiglio di sicurezza adotterà queste proposte e le seguirà — ha aggiunto Salamè, citato dal Libyan Address Journal — è arrivato il momento che i libici si ritrovino e decidano cosa vogliono, e troveranno le Nazioni Unite al loro fianco”.
Questa, per la nostra diplomazia, è la strada da seguire. Quella dell’inclusione. Una strada che l’Italia vorrebbe consolidare con la Conferenza di Palermo. Una strada comunque impervia e che la defezione di Haftar renderebbe di fatto impraticabile. Ed è subito polemica a Roma.
“Se fossero vere queste indiscrezioni sarebbe molto grave – commenta il senatore Alessandro Alfieri, capogruppo del Pd in commissione Esteri a Palazzo Madama -. Come ho già chiesto nei giorni scorsi sarebbe bene che il governo chiarisca con urgenza la notizia: la mancata presenza di Haftar a Palermo sarebbe molto grave dal momento che verrebbe meno la partecipazione di uno dei principali protagonisti e renderebbe il summit inutile”.
“Siamo davvero curiosi di sapere chi sono nostri interlocutori in Libia”, incalza Erasmo Palazzotto di Liberi e Uguali sollecitando un chiarimento da parte del governo italiano.
Il vero ostacolo alla riuscita della conferenza di Palermo si conferma la frattura, apparentemente cronica, tra le varie anime della Libia: Tripoli, Tobruk, le milizie, le tribù.
Il premier Serraj guiderà la delegazione del Consiglio presidenziale, Aguila Saleh quella del parlamento di Tobruk. Khaled al Meshri sarà a capo del team dell’Alto Consiglio di Stato.
La città Stato di Misurata sarà rappresentata da Ahmed Maitig, che non ha ricevuto un invito personale ma seguirà i lavori come vice primo ministro del governo di Tripoli. Una presenza eterogenea che presuppone, esigenze, istanze e richieste diverse, a volte opposte se non inconciliabili, sul piano economico, della sicurezza e politico. E che richiede risposte convincenti.
Tanto più che, stando ai “boatos” della vigilia, la partecipazione delle delegazioni libiche sarebbe legata più alla possibilità di partecipare alla spartizione dei fondi promessi dall’Onu che a un reale riconoscimento della leadership italiana.
Un rischio avvertito da Moavero, che ha spinto il capo della diplomazia italiana a incontrare in due riprese, una a Bengasi l’altra a Roma, Haftar
Ma l’ottimismo del titolare della Farnesina rischia di essere clamorosamente smentito se Haftar diserterà Palermo. E allora sì che si dovrebbe parlare di fallimento. E non solo di una conferenza.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply