CONTE: “MAI PIU’ BIBBIANO, ASPETTIAMO L’INTERROGATORIO DI RICCI”
“UN AVVISO DI GARANZIA NON E’ UNA CONDANNA”
L’avvocato che non vuole cadere nel burrone chiede tempo, ma predica garantismo. E resta in attesa, di fronte al bivio dove non può sbagliare strada. Per sciogliere la riserva sull’appoggio a Matteo Ricci, Giuseppe Conte aspetterà il 30 luglio, cioè l’interrogatorio dell’ex sindaco di Pesaro, come aveva anticipato il Fatto ieri. L’ex premier vuole capire anche se la procura abbia carte coperte in mano. Ma mentre ieri in riunione spiegava ai vari coordinatori locali delle Marche come e per quali motivi il Movimento aspetterà ancora, Conte ha anche ribadito quanto aveva già in buona sostanza detto agli eletti lombardi domenica scorsa, prima che Giuseppe Sala si auto-assolvesse nel suo discorso a Palazzo Marino. Ovvero che il suo M5S non è più quello di un tempo. “Non siamo forcaioli” aveva assicurato sei giorni fa. Però ieri a eletti e rappresentanti delle Marche, raggrumati assieme alla vicepresidente e responsabile Enti locali Paola Taverna, Conte ha detto di più: “Un avviso di garanzia non è una condanna: una forza politica matura e responsabile come il
Movimento deve valutare caso per caso se il singolo ha dimostrato onestà o disonestà”. Aggiungendo una frase che è una scomunica su una vicenda paradigmatica del M5S che fu: “Non voglio più trovarmi di fronte a situazioni come quella di Bibbiano”.
Molto più che una presa di distanza dal Luigi Di Maio che nell’estate 2019 definì il Pd “il partito di Bibbiano”, con riferimento all’inchiesta sulla gestione dei minori in affido, una vicenda dolorosissima che poche settimane fa si è conclusa con undici assoluzioni e tre condanne con pena sospesa. Conte marca la differenza. Ma ai suoi che aspettano indicazioni, ricorda che il Movimento in questa storia, con un candidato del campo progressista indagato per corruzione contraria ai doveri d’ufficio, si gioca molta della sua identità. “Serve prudenza” ripete più volte.
Detto ancora meglio, “etica pubblica, trasparenza e legalità sono i nostri valori fondanti e non negoziabili”. Da quelli non si può prescindere, insiste, quindi la decisione finale dovrà rispettare quei paletti. Riassumendo, Conte cerca di non dare ai suoi un orientamento preciso. Anzi, chiede al coordinatore regionale e deputato Giorgio Fede e a tutti gli altri rappresentanti locali di raccogliere gli umori e le idee della base e di riportarglieli. Non vuole uno scollamento tra Roma e il territorio. Invoca calma e
lucidità, in riunione e nelle chiacchierate interne. Sa che la strada è stretta. E non vuole esporsi. Per questo in mattinata diserta il convegno a Roma dove si discuteva di una proposta di legge “per la piena e buona occupazione”, in particolare “di giovani e donne”. C’erano Schlein e i due rossoverdi, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Lui, che non si vede a Montecitorio da quando è deflagrato il caso Ricci, ha preferito schivare le domande dei cronisti ed evitare l’occhio delle telecamere su ogni scambio di sguardi o di sussurri tra lui e Schlein, che ieri proprio al convegno in una sala della Camera ha blindato l’ex sindaco: “È il nostro candidato”. Conte spera di dirlo nei prossimi giorni. Ma per farlo attende che da qui al 30 non escano altre notizie urticanti sulla vicenda giudiziaria. Soprattutto, si augura che l’eurodeputato esca bene dal confronto con gli inquirenti. Però sa benissimo che uno strappo nelle Marche avrebbe conseguenze politiche difficilmente calcolabili. Certo, ai suoi ripete da giorni che “la questione Ricci e la Campania sono partite che non vanno confuse”. Smentisce che in caso di mancato appoggio all’ex sindaco dal Nazareno possa arrivare lo stop alla candidatura di Roberto Fico, come rivalsa.
Ma tutti sanno che un passo di lato nelle Marche darebbe fiato e pretesti a quel bel pezzo del Pd che tifa contro l’intesa strutturale con il M5S, aumentando nello stesso tempo il potere contrattuale
di Vincenzo De Luca, che non a caso ieri è tornato a sparare contro dem e 5Stelle. “Il quadro rischia di non tenere, può saltare tutto” avvertono da giorni da Alleanza Verdi e Sinistra, e più di qualche dem. Non è un caso che Conte stia ormai decisamente virando verso l’accordo con il Pd in Toscana, accettando di deglutire la candidatura dell’uscente Eugenio Giani, che non era l’opzione preferita neppure per Elly Schlein. Ma le Regionali sono una partita dove i progressisti non possono farsi male. Perché certi treni non ripassano.
(da ilfattoquotidiano.it)
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