CONTE VA AVANTI: “ORA L’OBIETTIVO E’ RENDERE QUESTA MAGGIORANZA ANCORA PIU’ SOLIDA”
DIECI GIORNI DI TEMPO PER AMPLIARE IL PERIMETRO E SUPERARE QUOTA 161
“Il governo ottiene la fiducia anche al Senato. Ora l’obiettivo è rendere questa maggioranza ancora più solida”.
Chi aveva dubbi su come Giuseppe Conte avrebbe preso atto di aver avuto il via libera del Senato ma senza maggioranza assoluta alle undici e un quarto della sera ha la sua risposta. Il premier è intenzionato ad andare avanti, a non dimettersi, convinto di avere una, forse due settimane di tempo per trattare un perimetro di maggioranza che superi quota 161.
Nella votazione serale finisce con 156 sì, che nei conti di maggioranza sono 157, considerata l’assenza per Covid del 5 stelle Castiello.
Quattro sotto la cifra fatidica, ma anche due sopra l’asticella psicologica che si era dato il governo, fissata nei 155 voti.
Abbastanza per azzardare una navigazione a vista fin che si può, e fin che 5 stelle e Pd (per tacer del Quirinale) lo permetteranno. Conte ha incassato i sì del forzista Causin e della collega di partito Maria Rosaria Rossi, quello sul filo di lana di Nencini, arrivato all’ultimo insieme all’ex 5 stelle Ciampolillo, la cui ammissione al voto è stata oggetto di lunga analisi da parte della presidenza del Senato.
Segnali politici, li definiscono dalle parti della war room del capo del governo, che sa che non possono bastare ma che spera siano i primi passi di un percorso che possa confermarlo in sella.
Un esponente del governo a metà mattina conta il pallottoliere: “Siamo a 157 – dice profetico – poi siamo nelle mani di Conte”.
Il presidente del Consiglio lavora alla costruzione di un gruppo, almeno una decina di elementi, che possa sostituire Italia viva organicamente nella maggioranza. Sa che un ritorno a Renzi sarebbe cosa affatto sgradita a un buon pezzo sia del Pd sia dei 5 stelle, decisi in ultima istanza a non sacrificare la legislatura immolandosi per lui, e sa che un ritorno sulle geometrie giallorosse probabilmente significherebbe dire addio a Palazzo Chigi e lasciare spazio a un nuovo premier.
Per questo la speranza è che attorno a quei pochi “responsabili” provenienti dalle fila dell’opposizione si possa coagulare un’operazione più ampia.
Si guarda sempre nella stessa direzione, verso l’Udc, che continua a rimanere nel centrodestra ma con segnali di sbandamento (“Oggi voto no, domani mai dire mai”, il messaggio in bottiglia di Paola Binetti) e con il quale la trattativa è aperta, come confermano diverse fonti di maggioranza, al punto che si rincorrono le voci incontrollate di contatti fra lo stesso Conte e il segretario dello scudocrociato, Lorenzo Cesa.
Dice un esponente M5s dell’esecutivo che “l’ambizione di Conte è quella di creare le condizioni affinchè i tre dell’Udc si stacchino, e attorno a loro coagulino un gruppetto di sei o sette senatori con sensibilità vicine ai popolari europei. Se fai i conti torneremmo su quota 165/166, che è da dove si partiva con Renzi”.
Il sentiero è stretto, Conte lo sa, ma vede il bicchiere mezzo pieno, perchè è l’unico che poteva sperare di imboccare per cercare di allungare la partita, di guadagnare tempo nella trattativa, incassando il sì di un elemento chiave nelle mosse future della scacchiera, quello di Riccardo Nencini, senatore del Psi fino ad oggi nel gruppo di Italia viva.
Quando scada il gong è complicato a dirsi. Ma l’occhio attento del Colle e un robusto pezzo di maggioranza che non è disposto a concedere un credito illimitato al premier hanno già fatto partire il conto alla rovescia.
I primi passi saranno quello di riferire a Sergio Mattarella le proprie valutazioni, e di convocare un vertice di maggioranza, in cui esaminare la situazione. La crisi continua.
(da agenzie)
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