COPPIE OMOGENITORIALI, LA CORTE COSTITUZIONALE: “SI’ AL RICONOSCIMENTO DEI FIGLI ALLA NASCITA PER ENTRAMBE LE MAMME
LA CONSULTA DA’ RAGIONE ALLE COPPIE DI DONNE CHE HANNO AVUTO FIGLI IN ITALIA CON LA FECONDAZONE ASSISTITA FATTA ALL’ESTERO
La Corte Costituzionale ha di fatto legalizzato il riconoscimento alla nascita dei figli delle coppie lesbiche. Con una sentenza, storica, la numero 68 della Consulta i bambini nati grazie alla fecondazione eterologa, fatta nei Paesi in cui è legale, potranno avere due madri. I giudici costituzionali superano i divieti imposti dal governo e inflitti tramite una circolare del ministero dell’Interno, come nel caso di Padova, in cui solo una delle due madri era stata riconosciuta come genitore del bambino. Le relative questioni di legittimità costituzionale erano state sollevate dal Tribunale di Lucca.
Non permettere due madri «lede gli interessi del minore»
La Corte – dopo aver precisato che la questione non riguarda le condizioni che legittimano l’accesso alla PMA in Italia – ha ritenuto che impedire al nato in Italia di ottenere fin dalla nascita lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che ha prestato il suo consenso alla pratica fecondativa all’estero insieme alla madre biologica non è nel miglior interesse del minore ed è una violazione: precisamente quella dell’articolo 2 della Costituzione, per la lesione dell’identità personale del nato e del suo diritto a vedersi riconosciuto sin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile; dell’articolo 3 della Costituzione, per la irragionevolezza dell’attuale disciplina che non trova giustificazione in assenza di un controinteresse di rango costituzionale; dell’articolo 30 della Costituzione, perché lede i diritti del minore a vedersi riconosciuti, sin dalla nascita e nei confronti di entrambi i genitori, i diritti connessi alla responsabilità genitoriale e ai conseguenti obblighi nei confronti dei figli.
Se si accede alla pma ci sono degli impegni presi da entrambi i genitori
L’incostituzionalità si fonda su due principi. Il primo è la responsabilità che deriva dall’impegno comune che una coppia si assume nel momento in cui decide di ricorrere alla PMA per generare un figlio, impegno dal quale, una volta assunto, nessuno dei due genitori, e in particolare la cosiddetta madre intenzionale, può sottrarsi. Il secondo tocca la centralità dell’interesse del minore e che vanta dei diritti non solo davanti alla madre biologica, ma anche a quella intenzionale. Il bambino ha «diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni» e ha il «diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale».
(da agenzie)
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