CORTE DI STRASBURGO: “SULL’ERGASTOLO L’ITALIA VIOLA I DIRITTI UMANI”
VA MODIFICATA LA NORMA CHE NON CONCEDE BENEFICI DI PENA A CHI NON COLLABORA CON LA GIUSTIZIA
La Corte di Strasburgo chiede all’Italia di riformare la norma che impedisce a terroristi e mafiosi di usufruire di misure alternative alle detenzione e permessi premio se non collaborano con la giustizia La legge sull’ergastolo ostativo dovrà essere cambiata. Lo ha stabilito la Corte di Strasburgo, rifiutando la richiesta di un nuovo giudizio avanzata dal Governo italiano dopo la condanna – che adesso diventa definitiva – emessa il 13 giugno scorso.
Al vaglio della Cedu un articolo della legge sull’ordinamento penitenziario, il 4 bis.
La norma, dall’inizio degli anni 90, stabilisce che i detenuti all’ergastolo che hanno commesso reati particolarmente gravi – non solo di mafia e terrorismo, ma anche quelli che riguardano, per fare solo alcuni esempi, la tratta di esseri umani, la riduzione in schiavitù, la violenza sessuale di gruppo e alcuni delitti – non possono usufruire beneficiare delle misure alternative alla detenzione, di permessi premio o dell’assegnazione al lavoro fuori dalle mura del carcere, a meno che non collaborino con la giustizia.
Si tratta, dunque, di un regime particolarmente duro rispetto a quello scontato da altri detenuti, messo a punto per rescindere nella maniera più drastica possibile il legame tra chi ha commesso crimini efferati – di stampo mafioso e terroristico in particolare – e il contesto territoriale in cui viveva e delinqueva. E per incentivare la collaborazione dei boss con la giustizia.
Per il tribunale di prima istanza della Cedu, che si era espresso il 16 giugno, queste disposizioni sono contrarie alla Convenzione dei diritti dell’uomo, perchè violano il diritto del condannato a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti.
Per molti esperti del settore, però, nel giudizio non si teneva conto della specificità della situazione italiana e della lunga lotta che le istituzioni hanno dovuto, e devono, combattere contro la criminalità organizzata.
Al momento i detenuti al’ergastolo, senza possibilità di uscire dalle sbarre, sono 957. Cosa cambierà ? Nessun automatismo consentirà loro di uscire prima dal carcere, potranno però chiedere al tribunale di sorveglianza di allontanarsi dalla struttura qualche ora, per incontrare i familiari o per lavorare, oppure gli arresti domiciliari.
Il giudice prima di decidere dovrà vagliare le informative delle varie Direzioni distrettuali antimafia o dei loro vertici nazionali.
Qui, però, si potrebbe porre un problema. “Non sempre i tribunali di sorveglianza hanno la possibilità di conoscere a fondo le storie criminali dei singoli soggetti”, ha sostenuto Pietro Grasso al Corriere della Sera.
Un’altra conseguenza del verdetto della Corte è che i mafiosi potranno chiedere allo Stato i danni per ingiusta detenzione.
Dalla politica ad autorevoli esponenti della magistratura, è quasi unanime il coro in difesa di questa disposizione necessaria – si spiega già da giorni da più parti – per un efficace contrasto alla criminalità organizzata.
“Solo il carcere spaventa i mafiosi”, ha detto il pm antimafia Nino Di Matteo in un’intervista al Fatto Quotidiano. La sua non è stata la sola voce a levarsi. Pietro Grasso, dalle colonne del Corriere della Sera, ha ricordato che l’alleggerimento del regime del carcere duro era una delle richieste fatte da Totò Riina allo Stato per porre fine alle stragi
La politica fa la voce grossa contro questa decisione. Il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, lancia una dura accusa: “Oggi poteva essere un giorno bellissimo ma l’Ansa ha battuto una notizia che intristisce chi crede che le mafie vadano combattute con determinazione. La Cedu ha deciso di andare allo scontro con l’Italia: è espressione del Consiglio d’Europa che riunisce 47 Nazioni sovrane. Nell’immediato l’ergastolo ostativo non viene derubricato ma questa sentenza permetterà a tanti altri ergastolani di poter adire le vie legali ottenendo prevedibilmente ragione. Non c’è solo la questione di risarcimenti milionari che potranno chiedere: c’è soprattutto l’offesa che è stata fatta a generazioni di siciliani, italiani, magistrati, uomini delle forze dell’ordine che per difendere lo Stato sono stati sterminati in attentati schifosi. Questi giuristi non comprendono la virulenza di questi soggetti. Lo Stato combatte contro il tritolo lanciando margherite”.
Esprime disaccordo anche Bonafede: “Non condividiamo nella maniera più assoluta questa decisione della Cedu, ne prendiamo atto e faremo valere in tutte le sedi le ragioni del governo italiano e di una scelta che lo Stato ha fatto tanti anni fa: una persona può accedere ai benefici a condizione che collabori con la giustizia”.
A favore dell’abolizione dell’ergastolo ostativo poche voci fuori dal coro. Gian Domenico Caiazza, presidente dei penalisti italiani, lo ha definito incostituzionale. Lo stesso aveva fatto Gherardo Colombo, ex magistrato di Mani Pulite, sul Corriere della Sera. E sulla costituzionalità della misura dovrà esprimersi a breve la Consulta. Il giudizio è previsto il 22 ottobre. In quell’occasione la Corte dovrà decidere se il “fine pena mai” è compatibile o no con la Costituzione che dispone il reinserimento sociale dei detenuti. Di ognuno di loro, al di là della sofferenza causata alle vittime e ai loro familiari. E, soprattutto, indipendentemente dal reato commesso, per quanto grave questo sia.
(da “Huffingtonpost”)
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