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COSA PREVEDE IL CONTRATTO TRA M5S E LEGA DOPO L’ ULTIMA RETROMARCIA: I SOLDI NECESSARI SI TROVANO FACENDO PIU’ DEFICIT

STRAVOLTO IL COMITATO DI CONCILIAZIONE, SCOMPAIONO L’USCITA DALL’EURO E LA CANCELLAZIONE DI 250 MILIARDI DI DEBITO… FORNERO, FLAT TAX E REDDITO CITTADINANZA SENZA CITARE LE COPERTURE… STATO DI POLIZIA E SOLITE CAZZATE RAZZISTE SULL’IMMIGRAZIONE

La prima bozza era deflagrata sul tavolo della trattativa fra Lega e M5S.
Due giorni dopo, il Contratto per il governo del cambiamento cambia versione.
Tre su tutte: il Comitato di conciliazione parallelo al Consiglio dei ministri, le modalità  di uscita dall’euro, la richiesta di cancellazione di 250 miliardi di debito pubblico.
Non c’è più nulla di tutto questo. Un libro dei sogni secondo alcuni. Un vademecum che dovrebbe accompagnare M5S e Lega per i prossimi cinque anni di legislatura per ridurre drasticamente le tasse, rivedere il welfare e le pensioni, ridurre il peso dell’immigrazione, proteggere i confini nazionale, riscrivere il rapporto con l’Europa.
Cambia il Comitato di conciliazione, non si sa più come è composto
Il rischio di un organo politico in grado di affiancare e comandare sul Consiglio dei ministri ha consigliato alcuni accorgimenti, per non finire nel cestino delle incostituzionalità .
Scompare dal testo la composizione del Comitato di conciliazione, rimandata “all’accordo fra le parti”. Nella prima bozza il Comitato era composto da presidente del Consiglio, leader e capigruppo delle due forze politiche, oltre al ministro competente per questione.
Scompare inoltre la sospensione per almeno 10 giorni delle azioni sui temi controversi. Via anche la delibera a maggioranza qualificata dei due terzi.
Cosa resta? La funzione di dirimere le controversie resta, come quella di suggerire soluzioni. Viene meno però la centralità  dell’organo nella fase deliberante e allentata la morsa di un’intesa di largo respiro per sbrigliare gli affari più ostici e divisivi.
Euro, torna l’amore. Ridiscutere i trattati Ue
L’altra bomba da disinnescare erano i rapporti con l’Unione Europea. Sono stati al centro della discussione fra Matteo Salvini e Luigi Di Maio fino all’ultimo. Alla fine è prevalsa la linea di quest’ultimo: scompare ogni riferimento all’uscita dall’euro, che aveva fatto allarmare i mercati finanziari e sobbalzare le cancellerie di mezza Europa e certamente anche il Quirinale.
Eliminato ogni riferimento alla “sovranità  monetaria”, a procedura di uscita dalla moneta unica e a referendum consultivi.
Si parla dello “spirito di ritornare all’impostazione pre-Maastricht in cui gli Stati Ue erano mossi da un genuino intento di pace, fratellanza, cooperazione e solidarietà ” e si muove da esso per chiedere di “rivedere, insieme ai partner europei, l’impianto della governance economica europea (politica monetaria, Patto di Stabilità  e crescita, Fiscal compact, Mes, etc) attualmente basato sul predominio del mercato e sul rispetto di vincoli stringenti dal punto di vista economico e sociale”.
Nel nuovo testo non si mette in discussione quindi l’irreversibilità  dell’euro e la politica monetaria unica; si punta inoltre l’accento sulla necessità  di riforme condivise, da attuare insieme ai partner europei.
L’ultima bozza include tre novità : la richiesta più netta di superare gli effetti della direttiva Bolkenstein, l’opposizione ai trattati di libero commercio, e l’affermazione per cui l’Italia, in quanto confine esterno d’Europa, “va adeguatamente protetto anche per garantire e tutelare il supremo principio della libera circolazione delle persone e delle merci”.
Si torna a spendere in deficit. L’idea dei due debiti pubblici
Dove si trovano le coperture per finanziare il mastodontico programma economico che va dal reddito di cittadinanza alla flat tax, passando per l’abolizione della Fornero? Semplice, facendo più deficit.
Nel contratto c’è scritto chiaro e tondo, pur specificando che il ricorso alle spese senza coperture debba essere “appropriato”.
Lega e M5S però non si fermano qui: chiederanno alla Ue anche di scorporare la spesa per investimenti pubblici dal deficit corrente di bilancio: un escamotage contabile per spendere senza dover preoccuparsi di dove prendere i soldi.
Due misure che — c’è da scommettere — non piaceranno a Bruxelles e alle altre capitali europee.
Così come piacerà  poco a Francoforte un altro dei cavalli di battaglia del leghista Borghi: chiedere alla Bce di “sterilizzare” contabilmente i titoli di stato comprati finora dalla Bce per evitare che i tassi italiani schizzassero alle stelle.
Anche se c’è da dire che quanto meno rispetto alla prima bozza la formulazione è più prudente: non si parla di cancellazione vera e propria dei titoli di Stato, ma solo contabile ed è stato tolto qualsiasi riferimento a cifre precise.
In ogni caso, ci troviamo di fronte a una misura infattibile, che verrà  rigettata senza dubbio dall’istituto guidato da Mario Draghi.
Due aliquote per la flat tax. Condono e carcere vero per gli evasori: un ossimoro
La Lega vede vinta la sua battaglia: la flat tax sarà  l’architrave delle riforme messe in cantiere dai gialloverdi, anche se le aliquote fisse saranno due: al 15 e al 20 per cento sia per persone fisiche che imprese.
Neanche una riga invece per le necessarie coperture, stimate in una sessantina di miliardi da diversi istituti economici.
Leghisti e pentastellati hanno comunque un approccio abbastanza diverso sul concetto di evasione fiscale, si sa.
Tanto che nel contratto ci sono due misure abbastanza divergenti fra loro. Da una parte la ricerca della “pace fiscale” tanto cara a Salvini, con un condono “saldo e stralcio” delle cartelle Equitalia, dall’altra il classico proclama “manette agli evasori”, cifra dei 5 stelle, tradotto con un perentorio “inasprimento dell’esistente quadro sanzionatorio, amministrativo e penale, per assicurare il carcere vero per i grandi evasori”.
Tornano i voucher e stop alla legge Fornero
Salvini e Di Maio sembra che si siano accorti che “la cancellazione dei voucher ha creato non pochi disagi ai tanti settori per i quali questo mezzo di pagamento rappresenta uno strumento indispensabile”.
E quindi ne promettono una reintroduzione anche se con un nome diverso: “Bisogna introdurre un apposito strumento, agile ma chiaro e semplice, che non si presti ad abusi per la gestione dei rapporti di lavoro accessorio”.
Per quanto riguarda la legge Fornero, invece, si stanziano solo 5 miliardi “per agevolare l’uscita dal mercato del lavoro delle categorie ad oggi escluse”.
In particolare, la ricetta utilizzata è quella presente nel programma elettorale pentastellato. “Daremo fin da subito la possibilità  di uscire dal lavoro quando la somma dell’età  e degli anni di contributi del lavoratore è almeno pari a 100, con l’obiettivo di consentire il raggiungimento dell’età  pensionabile con 41 anni di anzianità  contributiva, tenuto altresì conto dei lavoratori impegnati in mansioni usuranti”. Si stanzia però solo un terzo della cifra necessaria…
Reddito ma anche pensione di cittadinanza
Sul reddito di cittadinanza l’impronta è chiaramente a 5 stelle. Qui si addensano quei pochi numeri presenti nel contratto. Si parla di 780 euro mensili, per i quali è previsto uno stanziamento di 17 miliardi annui.
La cosa interessante è che nell’ultima versione del contratto è stata aggiunta anche la “pensione di cittadinanza”. In particolare, si legge nel contratto, “la nostra proposta è rappresentata da un’integrazione per un pensionato che ha un assegno inferiore ai 780 euro mensili, secondo i medesimi parametri previsti per il reddito di cittadinanza”.
Dove si trovano i soldi? Non si sa.
Un patto contro i voltagabbana in Parlamento, niente sgambetti
Lega e M5S si giurano “leale cooperazione” sul Contratto di governo, ma eliminano nell’ultima versione del documento la parte che vincolava le forze politiche sia nel Consiglio dei ministri, sia in Parlamento. Compare invece un impegno reciproco a garantire la compattezza dei gruppi al momento delle votazioni sui provvedimenti che fanno parte del programma: una sorta di patto contro i voltagabbana. Vietati gli sgambetti in Aula invece, su provvedimenti non ricompresi nel contratto, ma ritenuti “fondamentali” da uno dei due partiti.
Nel testo si legge: “Impegno a non mettere in minoranza l’altra parte in questioni che per essa sono di fondamentale importanza”. Gli accordi hanno una durata di 5 anni, per tutta la XVIII legislatura, con una verifica fissata nel mezzo del cammino. Altro accordo sancito nero su bianco è il patto di non belligeranza fra Lega e M5S nelle competizioni elettorali nazionali e locali.
Fedeltà  alla Nato, via le sanzioni alla Russia: un colpo al cerchio, uno alla botte
Poche limature nell’ultima versione del contratto sulla politica estera. Le linee guida restano la fedeltà  alla Nato e una politica di amicizia verso la Russia. Gli Usa restano “alleato privilegiato”, ma la Lega ottiene da M5S l’impegno a una “apertura alla Russia”, a partire dal “ritiro immediato delle sanzioni”.
Spending review delle spese militari, vendere le caserme
Nessuna modifica in materia di Difesa, con un “più efficace impiego” del personale delle forze armate, l’impegno alla “tutela dell’industria italiana”, in particolare “progettazione e costruzione di navi” (Fincantieri) “aeromobili e sistemistica high tech” (Leonardo Finmeccanica), la previsione di “nuove assunzioni nelle forze dell’ordine”. Lega e M5S prevedono una rivalutazione della presenza dei militari italiani in missione all’estero. Anche in questa ottica, nel nuovo testo si aggiunge l’impegno a una spending review per “razionalizzare lo spreco di risorse nelle spese militari anche con riferimento alla riforma del patrimonio immobiliare dismesso”.
Tagli delle pensioni d’oro e ricalcolo dei vitalizi
Ricalcolo delle pensioni sulla base del sistema contributivo per tutti i parlamentari, i consiglieri regionali e tutti i dipendenti degli organi costituzionali “anche per il passato”. Quanto alle pensioni d’oro, viene previsto un taglio di quelle superiori ai 5mila euro “non giustificate dai contributi versati”. Stretta sulle auto blu e sulle scorte.
Codice etico, via i massoni
Rivista in corso d’opera la parte sui soggetti che possono entrare a far parte del governo. Sono esclusi coloro che hanno riportato condanne penali, anche non definitive, per i reati dolori di cui alla Legge Severino, per i reati di riciclaggio, autoriciclaggio e falso in bilancio; i soggetti sotto processo per reati gravi, come mafia o corruzione; gli appartenenti alla massoneria e coloro che si trovino in conflitto di interessi. Vengono richieste “tempestive informazioni” da parte di coloro che siano a conoscenza di indagini o procedimenti penali a proprio carico.
Conflitto di interessi e giustizia
Non cambia molto nel fluire delle bozze. Il programma gialloverde ripropone le parole d’ordine portate avanti dai 5 stelle in questi ultimi anni. Cosa si intende per conflitto d’interessi? Ecco la risposta nero su bianco: “Riteniamo che debba qualificarsi come possibile conflitto di interessi l’interferenza tra un interesse pubblico e un altro interesse, pubblico o privato, che possa influenzare l’esercizio obiettivo, indipendente e imparziale, di una funzione pubblica, non solo quando questo possa portare a un vantaggio economico a chi esercita la funzione pubblica e sia in condizione di un possibile conflitto di interessi, ma anche in assenza di un vantaggio immediatamente qualificabile come monetario”. È sicuramente questa, come già  scritto, la parte più riconducibile a Silvio Berlusconi, sia pur formulata in modo generico.
Anche il secondo passaggio marca l’impronta “populista” dell’alleanza, rimanendo comunque nel vago: “Intendiamo inoltre estendere la disciplina a incarichi non governativi ossia a tutti quei soggetti che, pur non ricoprendo ruoli governativi, hanno potere e capacità  di influenzare decisioni politiche o che riguardano la gestione della cosa pubblica, come ad esempio i sindaci delle grandi città  o i dirigenti delle società  partecipate dallo Stato”.
Legittima difesa, più carceri, certezza della pena.
Anche sul tema giustizia i temi non sono stati modificati rispetto alla prima bozza. Ecco i punti qualificanti: 1) riforma della prescrizione; 2) il potenziamento della legislazione anti-corruzione da realizzare “aumentando le pene per i reati contro la pubblica amministrazione”, introducendo il “Daspo per i corrotti e corruttori”, l’introduzione “dell’agente sotto copertura” e “dell’agente provocatore”; 3) il “potenziamento” delle intercettazioni. Più in generale, “per garantire il principio di certezza della pena è essenziale abrogare tutti i provvedimenti emanati nel corso della precedente legislatura, tesi unicamente a conseguire effetti deflattivi in termini processuali e carcerari a totale discapito della sicurezza della collettività “. Insomma, per avere maggiore giustizia ci vuole l’inasprimento delle pene, più carcere, meno misure alternative. E più tribunali, mettendo mano alla legge Severino che chiuse quelli piccoli.
Immigrazione: passa la linea dura
Sulla questione dell’immigrazione, il cavallo di battaglia di Salvini, nella prima bozza c’erano state le maggiori divergenze, tanto da evidenziare in giallo quasi l’intero capitolo. Nella versione attuale il giallo è scomparso ed è stato accolto quasi tutto. Insomma, una vittoria per il leader leghista che vuole per il suo partito il ministero dell’Interno.
Il preambolo recita: “La questione migratoria attuale risulta insostenibile per l’Italia, visti i costi da sopportare e il business connesso, alimentato da fondi pubblici nazionali spesso gestiti con poca trasparenza e permeabili alle infiltrazioni della criminalità  organizzata”.
E ancora: “Il fallimento dell’attuale sistema di gestione dei flussi migratori rischia di mettere in discussione gli stessi accordi di Schengen”.
Ci si impegna affinchè “l’Italia svolga un ruolo determinante (nella prima bozza era “più decisivo”) ai tavoli dei negoziati europei” in particolare “per superare il regolamento di Dublino, attraverso il ricollocamento obbligatorio e automatico dei richiedenti asilo tra gli Stati membri dell’Ue”.
Ai migranti sono dedicate due pagine del programma dove si invoca il superamento del Regolamento di Dublino che impone al Paese di prima accoglienza di farsi carico dei richiedenti asilo, l’accelerazione dell’iter di verifica dello status di rifugiato, la revisione dell’attuale sistema di affidamento a privati dei centri.
Occorre poi creare almeno un Centro di permanenza per il rimpatrio in ogni regione. Cosa peraltro prevista dal decreto Minniti dello scorso anno: ma ad ora sono soltanto 5 attivi (Torino, Roma, Bari, Brindisi, Caltanissetta), per poche centinaia di posti rispetto ai complessivi 1.600 previsti a regime.
Altre strutture sono state individuate (da Iglesias a Bologna, da Potenza a Santa Maria Capua Vetere), ma non avviate. Due Regioni, Toscana e Veneto, hanno detto no ai Cpr. “Indifferibile e prioritaria” viene definita una “seria ed efficace politica dei rimpatri”, visto i “500 mila migranti irregolari presenti sul nostro territorio”.
Politica che passa anche dall’allungamento dei tempi di permanenza nei Cpr dagli attuali 90 giorni a 18 mesi, come ai tempi di Roberto Maroni ministro dell’Interno.
Il capitolo immigrazione tocca poi il tema dell’Islam indicando la necessità  di istituire un registro dei ministri di culto e la tracciabilità  dei finanziamenti per la costruzione delle moschee.
Per Salvini e Di Maio occorre disporre di strumenti adeguati per consentire il controllo e la chiusura immediata di tutte le associazioni islamiche radicali nonchè di moschee e di luoghi di culto, comunque denominati, che risultino irregolari”, ma scompare l’obbligo di prediche in italiano.
Per M5S e Lega, inoltre, bisogna consentire al maggior numero possibile di detenuti stranieri (sono 20mila) di scontare la propria condanna nel Paese d’origine attraverso l’attivazione di accordi bilaterali con gli Stati di provenienza.
Una strada in realtà  già  battuta con alterni risultati, perchè non sempre i Paesi collaborano pienamente. Solo sotto il ministero Orlando, sono stati siglati o perfezionati accordi per il trasferimento detenuti con Albania, Nigeria, Marocco, Senegal.
Chiusura dei campi rom
Un paragrafo è infine dedicato ai campi nomadi, divenuti un “grave problema sociale”. Bisogna arrivare, nell’intento di M5S e Lega, alla chiusura di tutti i campi irregolari “in attuazione delle direttive comunitarie”, ed obbligare i minori alla frequenza scolastica “pena l’allontanamento dalla famiglia o perdita della responsabilità  potestà  genitoriale”.
Sicurezza: più soldi alle forze dell’ordine
Anche nel capitolo “Sicurezza, legalità  e forze dell’ordine”, quasi tutto evidenziato in giallo nella prima bozza e quindi oggetto di contrasto tra le due forze politiche, passa la linea leghista.
Quindi maggiori fondi per le forze dell’ordine e maggiori equipaggiamenti per contrastare gli attacchi terroristici. Nel contratto viene dedicato un punto alle occupazione abusive, dove viene indicata la necessità  di velocizzare le procedure di sgombero attraverso l’azione ferma e tempestiva qualora non sussistano le condizioni di necessità  certificate.
llva, Alitalia e Torino-Lione: tre nodi che non vengono al pettine.
Su tre paragrafi rilevanti, il contratto di Governo resta nel vago.
Per quel che riguarda l’Ilva di Taranto, tutto resta immutato come nella prima versione: chiusura delle fonti inquinanti e bonifiche, e riconversione economica basata su energie rinnovabili.
Al tempo stesso si conferma l’intento di salvaguardare i 14mila dipendenti (più quelli dell’indotto) ma non viene specificato come, a fronte della chiusura dei forni.
Il timore che si vada verso la chiusura, come peraltro ha auspicato un deputato M5S pugliese nelle ultime ore dopo la morte di un giovane mentre lavorava nell’impianto siderurgico, resta concreto.
Rispetto alla prima bozza è stato introdotto il capitolo Alitalia: per il vettore attualmente commissariato e sul mercato, si legge che non va solo salvato ma “rilanciato nell’ambito di un piano strategico nazionale dei trasporti che non può prescindere dalla presenza di un vettore nazionale competitivo”.
Formula vaga che non dipana le ombre sul futuro di Alitalia e sulla trattativa con Lufthansa e altri. Il commissario Gubitosi intanto ha chiesto al Governo in pectore di “fare presto”. Infine, quanto alla Tav Torino-Lione, nell’ultima versione ci sono modifiche rispetto alle bozze circolate nei giorni scorsi: non c’è più la “sospensione” dei lavori, ma resta l’impegno a “ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”.
Agricoltura: riforme per Pac, Agea e Sian. Lotta in Ue per i “fermi pesca”
Resta la richiesta all’Ue di riforma della Politica agricola comune. E resta la volontà  di modificare l’Agenzia nazionale per le erogazioni in agricoltura e il Sistema informativo di servizi del comparto. Rispetto alla prima bozza fa capolino la pesca: anche qui, lotta a Bruxelles per riconsiderare “vincoli e direttive” come “i fermi pesca” quando “non sono basati su criteri oggettivi”.
Un “classico” sulla Rai: stop alla lottizzazione
Rispetto alla prima versione del contratto, viene introdotto un paragrafo sul servizio pubblico. “Più trasparenza, eliminazione della lottizzazione politica e promozione della meritocrazia”, si legge nel contratto.
Vaccini sì, ma non si escludono i bambini
Nel capitolo dedicato alla Salute, resta lo stop al rapporto “arcaico” tra politici e dirigenti sanitari con riforma dei criteri di selezione e nomia dei direttori. Potenziamento dei Lea attraverso il recupero delle risorse tagliate negli anni precedenti. E garanzia per le coperture vaccinali ma con la chiosa che “va affrontata la tematica del giusto equilibrio tra il diritto all’istruzione e il diritto alla salute, tutelando i bambini che potrebbero essere a rischio esclusione sociale”.
Via alcuni paletti della Buona Scuola, più vigilanza del Governo sullo Sport
Confermato lo “smantellamento” di alcuni pilastri della Buona scuola: via la “chiamata diretta” dei dirigenti scolastici, riforma delle modalità  di trasferimento dei docenti e revisione dell’alternanza scuola-lavoro. Lotta al precariato e aumento del monte ore dedicato alle attività  motorie. Nel capitolo Sport resta il principio di una vigilanza più serrata del Governo sul Coni, con revisione delle sue competenze e maggiore attenzione e compartecipazione alle modalità  di spesa e assegnazione delle risorse.
Sulla Cultura restano i (tanti) principi e le (poche) misure
Nulla di nuovo rispetto alla prima bozza: viene elencata una lunga serie di principi tanto condivisibili quanto vaghi. Unica misura annunciata è la riforma del Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS) per modificare le modalità  dei finanziamenti “che rimetta al centro la qualità  dei progetti artistici”.

(da “Huffingtonpost”)

This entry was posted on giovedì, Maggio 17th, 2018 at 22:23 and is filed under governo. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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