COSÌ HANNO FATTO SCAPPARE LAVITOLA, L’AMICO DI BERLUSCONI
LO SCOOP DI “PANORAMA” E LA FUGA DI NOTIZIE… APERTO UN FASCICOLO PER FAVOREGGIAMENTO
Non fu una “semplice” fuga di notizie.
Sullo “scoop” di Panorama, che annunciò l’indagine napoletana sul ricatto a Silvio Berlusconi, è stato aperto un fascicolo per “favoreggiamento”.
Il punto messo a segno dal settimanale, l’esclusiva pubblicata l’ultima settimana di agosto, è soltanto un lato della medaglia: il suo rovescio corrisponde al danno causato all’inchiesta dei pm Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock, coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Greco.
Oltre i lettori di Panorama, edito dalla Mondadori e quindi di proprietà del premier, che secondo l’accusa era sotto estorsione, dell’inchiesta in corso hanno saputo anche i ricattatori Gianpi Tarantini e Valter Lavitola.
Lo scoop di Panorama, però, annunciava un fatto essenziale: sulla scrivania della gip Amelia Primavera c’era una richiesta avanzata dai pm.
La “talpa” che ha passato le notizie al periodico Mondadori, quindi, ha agevolato – questa è l’ipotesi sulla quale lavorano i pm – anche gli indagati.
Lavitola è infatti latitante, ha evitato un arresto in carcere, e non è possibile sapere se, dal giorno della pubblicazione in poi, gli indagati hanno fatto sparire materiale utile alle indagini.
Con lo “scoop” è svanito anche l’effetto sorpresa per Gianpi Tarantini, sua moglie Angela Devenuto, e la stessa vittima del ricatto: Silvio Berlusconi.
Tutti hanno avuto il tempo di elaborare una strategia difensiva, prima degli arresti, sia sotto il profilo giudiziario, sia sotto quello politico, visto che per Berlusconi, considerato dalla procura una vittima, si tratta dell’ennesima situazione imbarazzante dinanzi all’opinione pubblica.
Il premier, dopo la pubblicazione della notizia, divulgata dal “suo” settimanale, ha avuto modo di dichiarare, in tempo reale e prima degli arresti, che i soldi versati a Lavitola, e destinati a Tarantini, erano il frutto della sua generosità per una famiglia in difficoltà .
Lo stesso Tarantini, prima di essere arrestato, ha avuto il tempo di scrivere un “memoriale”, di ragionare sul da farsi con i suoi difensori, di preparare quindi una tesi difensiva che – nella sostanza – conferma la tesi del premier.
E soprattutto: Lavitola ha avuto il tempo per rendersi irreperibile.
È proprio questo il punto più inquietante per l’inchiesta.
Se lo avessero arrestato, e se avesse deciso di parlare, cosa avrebbe potuto raccontare, sulla ricattabilità del premier, l’ex direttore de l’Avanti!?
Il sospetto degli inquirenti, ora dopo ora, si rafforza: se ricatto a Berlusconi c’è stato – e in procura ne restano convinti – il principale protagonista dell’operazione è proprio lui: Valter Lavitola.
Individuare la “talpa” che ha passato le informazioni a Panorama, quindi indirettamente agli indagati, diventa essenziale per comprendere fino a che punto arrivano le (eventuali) coperture dell’uomo che lega, almeno sotto il profilo investigativo, la ricattabilità del premier con le trame della P4.
Lavitola è infatti l’uomo che, viaggiando su voli di Stato, parte per il Sudamerica, atterra a Santa Lucia, e scova la presunta mail che, nell’ottobre 2010, avrebbe potuto mettere in ginocchio il più duro rivale del premier, Gianfranco Fini, sostenendo che la casa monegasca ereditata da An era finita nelle mani di Giancarlo Tulliani, fratello della sua compagna.
Quali vantaggi ha ricevuto, se ne ha ricevuti, da questo “omaggio” servito a Berlusconi, considerato anche l’elevato costo dell’operazione, inimmaginabile per un quotidiano minuscolo come l’Avanti!?
E ancora quale ruolo ebbero, se lo ebbero, i servizi segreti?
La domanda diventa essenziale se si considera un altro dato: pochi mesi dopo quello “scoop”, Lavitola viene intercettato con un altro latitante, il carabiniere Enrico La Monica, accusato dai pm napoletani di essere una parte della P4: il suo ruolo era quello di carpire notizie riservate e passarle alla “loggia” per danneggiare le indagini, favorire gli indagati, e alimentare una spirale di ricatti.
È Lavitola, si scopre nelle indagini sulla P4, che alletta i carabiniere La Monica con l’offerta di un incarico nei servizi segreti.
Lo stesso Lavitola, parlando con la moglie di Gianpi, dice che il fatto non è dimostrabile, ma, vantandosene le dice che è possibile.
Basterebbe questa considerazione a spiegare come, e quanto, Lavitola avrebbe da spiegare ai magistrati, illuminando i passaggi oscuri che costellano l’inchiesta sul ricatto al premier, da un lato, e quella sulla P4, dall’altro.
Ma Lavitola è all’estero, è latitante – anche se qualcuno sotiene di averlo visto a Procida, a fine agosto, come ha rivelato Dagospia – ed è stato informato dallo “scoop” di Panorama, di una misura che lo riguardava, richiesta dai pm, che giaceva sulla scrivania della gip.
C’è un altro fatto certo, almeno a giudicare dalle intercettazioni, e cioè che Lavitola temeva fortemente le dichiarazioni di Luigi Bisignani, considerato il principale esponente della P4 e che, sempre parlando con Gianpi, sostiene di avere un “accesso diretto” a certe “cose” che, per la Digos, potrebbero essere “banche dati” o “archivi riservati”.
Antonio Massari
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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