COSI’ LA ROCCAFORTE IVRY SPINGE MELENCHON: “LA SUA RABBIA E’ QUELLA DI TANTI”
ALLE PORTE DI PARIGI I COMUNISTI GUIDANO IL COMUNE DAL 1925… GLI ALLOGGI SOCIALI SONO AFFIDATI AL 39% DELLA POPOLAZIONE, COLONIE ESTIVE, MENSA SCOLASTICA A 0,39 EURO
Le riprese dell’epoca rimandano l’immagine di una Zil, l’auto della nomenclatura sovietica, che avanza a stento tra la folla.
Ne scese Jurij Gagarin in persona, l’eroe dello spazio. In quel lontano luglio 1964 venne direttamente da Mosca qui, a Ivry-sur-Seine, banlieue rossa di Parigi, a inaugurare un complesso di case popolari con il suo nome.
Esiste ancora oggi il « Gagarine », subito dietro il Municipio, mastodonte di mattoncini rossi.
Sui muri, in questi giorni di campagna, i manifesti con la faccia di un candidato: Jean-Luc Mèlenchon, lui solo.
In una strada vicina, cammina Thierry James, 60 anni, postino in pensione. Lunghi capelli grigi sulle spalle, assicura che a Ivry, 60mila abitanti, a sud della capitale, si vive bene. Perchè, «tutto sommato, i comunisti fanno ancora un buon lavoro».
Sullo sfondo altre case popolari, degli anni Settanta, l’utopia di una coppia (allora anche nella vita), gli architetti Renèe Gailhoustet e Jean Renaudie, che vollero dare a tutti gli appartamenti un terrazzo.
Oggi ci crescono pini e glicini, ma il cemento è sempre quello: glaciale, arido, sovietico. Philippe Bouyssou, il sindaco comunista (qui lo sono ininterrottamente dal 1925), al potere senza neppure l’ombra di un socialista, riesce ad assicurare alloggi sociali al 39% della popolazione, colonie estive per i ragazzi, pasto alla mensa scolastica a 39 centesimi per le famiglie meno abbienti, cinema sovvenzionato a 4,5 euro per tutti.
Thierry è soddisfatto. Ma lui, a parte che alle comunali, ha votato «quasi sempre socialista, anche per Franà§ois Hollande. Mi ha deluso tantissimo. Questa volta avevo deciso di non partecipare: come la mia compagna, i miei amici. Poi tutti abbiamo assistito alla rimonta di Jean-Luc, che in fondo è un ex socialista pure lui. Del suo programma apprezzavo la volontà di tassare i ricchi e rivalutare gli stipendi più bassi. La prospettiva di uscire dall’euro se non riesce a negoziare nuove regole per l’Ue, mi sembra ancora un’assurdità . Ma tanto non lo farà mai. E ora che può passare al ballottaggio, lo voterò con tutta la mia cerchia».
La strada scende oltre la ferrovia, verso il quartiere del porto, sulla Senna. «Lì c’erano tante fabbriche — racconta David Gouard, politologo, specialista di Ivry «la rouge » —. La deindustrializzazione iniziò già negli anni Sessanta: una crisi forte. Ma dagli anni Novanta hanno riconvertito gli ex stabilimenti in sedi di grandi imprese e centri di logistica».
Nuovi posti di lavoro: anche così i comunisti, scomparsi altrove, si sono salvati. «Negli ultimi dieci anni, attratti da prezzi immobiliari più bassi e servizi pubblici buoni, sono arrivati anche i giovani bobo».
I «bourgeois bohème» : un po’ borghesi, un po’ fricchettoni. Come Sophie Capron, 32 anni. «Sono di Parigi, dei bei quartieri — racconta —. Ho sempre votato a destra, Nicolas Sarkozy compreso, perchè a casa mia si votava così».
Ha lavorato per una società di prenotazioni aeree «che a un certo momento è stata venduta a fondi d’investimento stranieri. Hanno iniziato a pretendere sempre più utili. E a licenziare: hanno buttato fuori anche me. Sono andata in depressione. Mi ha salvato Jean-Luc, il giorno in cui ho letto il suo programma».
Stretta in un cappotto bianco, distribuisce volantini con la faccia del leader della France insoumise, il suo nuovo movimento politico «trasversale», nato nel febbraio 2016.
La Francia indomita. Mathilde Panot, 28 anni, si è laureata alla prestigiosa Sciences Po, «ma poi ho lavorato in associazioni di assistenza sociale nei quartieri più poveri». È la candidata di France insoumise a Ivry.
Difende il suo Jean-Luc. «La prospettiva di uscire dall’euro o dalla Ue è un piano B rispetto alla rinegoziazione dei trattati: se non ce l’hai, non sei credibile sul piano A». Aggressivo Mèlenchon? Intransigente? «La sua rabbia è quella di tanta gente in Francia».
Leonardo Martinelli
(da “La Stampa”)
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