SUL CONFINE DEI DISPETTI DOVE LITIGANO ITALIA E SVIZZERA
VALICHI CHIUSI A SINGHIOZZO E ROMA CONVOCA L’AMBASCIATORE…. “VENITE A TOGLIERE LAVORO A CHI VIVE NEI CANTONI”
È un crescendo di dispetti e di ripicche. La Svizzera chiude dalle 23 alle 5 tre piccoli valichi di frontiera con l’Italia. La Farnesina convoca l’ambasciatore svizzero, l’equivalente diplomatico di uno schiaffo.
Ma anche l’Italia sbarra di notte, da sempre, una dogana, quella di Maslianico. Quindi, propone Nicholas Marioli, consigliere a Lugano per la Lega dei Ticinesi, partito di maggioranza relativa nel Cantone, Berna protesti con l’ambasciatore italiano. «Vogliono chiudere tutti i valichi con l’Italia? Perfetto. Poi però quest’estate Norman Gobbi, Lorenzo Quadri e Roberta Pantani (tre politici leghisti tosti, ndr) vanno al mare a Biasca», ribatte Luca Gaffuri, consigliere regionale e segretario della Commissione per i rapporti fra Lombardia e Confederazione elvetica.
È un continuo.
C’è la vignetta del Mattino della domenica, settimanale molto vicino alla Lega dei Ticinesi, che raffigura gli italiani come la Banda Bassotti.
Ci sono le cento contravvenzioni in tre ore elevate giovedì a Ponte Tresa della Polizia cantonale ai danni dei frontalieri che andavano al lavoro, «Multe senza pietà », accusa La Prealpina in prima pagina.
Ci sono le polemiche sugli italiani che vengono a togliere il lavoro agli indigeni.
C’è la Gendarmeria che fa sapere che nel ’16 le «riammissioni semplificate» (leggi: i migranti rispediti di là ) dalla Svizzera all’Italia sono state 20 mila, quelle dall’Italia alla Svizzera tre, come dire: gli italiani fanno passare tutti.
Infine, e qui i danni sono potenzialmente molto più seri, c’è la legge appena approvata in Ticino che vieta alle imprese straniere di concorrere ad appalti di valore inferiore a 8,7 milioni di franchi, in pratica il 90%.
Una mazzata per le aziende italiane che lavorano dall’altra parte della frontiera.
Non è un bel momento per i rapporti italo-svizzeri. Anche se forse bisogna distinguere.
Perchè l’impressione è che il governo federale abbia una politica e quello cantonale un’altra.
«Una volta – spiega Eros Sebastiani, presidente dell’Associazione frontalieri Ticino – i frontalieri erano 30 mila, adesso sono 65 mila. E, visto che qualche problema di disoccupazione in Ticino c’è, è molto comodo per i politici locali dire che la colpa è di quello brutto e nero. Ecco, adesso i brutti e neri sono gli italiani. Noi frontalieri abbiamo sempre cercato di mediare, ma è sempre più difficile».
Attualmente in Ticino per gli italiani non tira una buona aria: «Una volta vedevano la targa e ti chiedevano: uè, cuma stett? Adesso pensano e, talvolta, dicono pure: ah, sei tu che rubi il lavoro a mio figlio. A forza di parlare alla pancia della gente e non alla sua testa si rischiano guai seri».
In effetti, in tutto questo batti e ribatti è difficile trovare una via di mezzo.
«Si sa che la Lega Nord è sempre genuflessa davanti a quella dei Ticinesi – attacca Gaffuri -. Il punto è che a Berna hanno capito che il mondo è cambiato, a Bellinzona no. Ma i territori di confine sono sempre stati dei vasi comunicanti e tali devono restare».
Sarà . Però riemergono ataviche diffidenze, vecchi pregiudizi, antichi luoghi comuni. Viene in mente Pane e cioccolata, l’emigrante Nino Manfredi che per integrarsi si tinge perfino di biondo.
Salvo tradirsi al bar, quando esulta perchè l’Italia ha fatto gol alla Svizzera.
Alberto Mattioli
(da “La Stampa”)
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