DECRETO PIANTEDOSI=DIVIETO DI SCIOPERO
CONVIENE DI PIU’ FARE UNA RAPINA A MANO ARMATA CHE PARTECIPARE A UNA OCCUPAZIONE, SI RISCHIA DI MENO
Ebbene sì, lo confesso. Nella lunga attività di sindacalista mi è capitato, nell’ambito di una delle vertenze più difficili che ho gestito, di recarmi con i lavoratori a occupare la stazione ferroviaria di Forlì. Non me ne vantai allora, come non me ne vanto adesso, dopo tanti anni (anzi decenni). Ma non mi sono mai pentito di quell’azione.
Alcune settimane prima, quei lavoratori esasperati per molti buoni motivi, avevano occupato, su loro iniziativa, i binari per quattro ore. Quella volta, con la mia presenza, riuscii a farli rientrare in azienda dopo poco più di mezz’ora.
In altre occasioni mi trovai in mezzo all’occupazione di un’autostrada; o a partecipare a un picchetto, poi sgombrato dai carabinieri. Ma ho sempre ritenuto preciso dovere di un dirigente sindacale, ancorché di indole pacifica e legalitaria, non lasciare soli i lavoratori in una situazione di estrema difficoltà.
Purtroppo queste iniziative, nella durezza del conflitto sociale, sono effettuate con una frequenza pressoché quotidiana. E non sono soltanto i lavoratori che promuovono forme estreme di protesta (in fondo a danno di altre persone che non c’entrano nulla), ma anche cittadini magari in agitazione per motivi discutibili (come quando intere comunità bloccavano le strade di accesso per impedire l’arrivo di migranti destinati al loro territorio).
E che dire del blocco dei Tir provenienti dall’estero organizzato, con la partecipazione dell’allora titolare delle Risorse agricole, dalle associazioni di coltivatori?
O il latte dei pastori sardi sparso per le strade? O ancora chi non ricorda le gloriose proteste leghiste contro l’Europa maligna delle quote latte? Queste forme di lotta costituiscono fattispecie di reati, ma il più delle volte non vengono perseguiti in nome di una tolleranza, non sempre giustificata, del disagio sociale. Ma tant’è.
Il decreto Piantedosi si applica a tutti questi profili di illegalità.
I casi che si sono finora presentati hanno riguardato meeting, organizzati mediante un “passaparola” clandestino, realizzato attraverso il web e soprattutto attraverso i social network, che si sono tenuti in aree di proprietà pubblica o privata invase illecitamente dai partecipanti”.
Se leggiamo bene la norma (che deve avere necessariamente un contenuto di carattere generale) ci accorgiamo che il presunto contrasto dei c.d. rave party ‘’selvaggi’’ potrebbe diventare uno specchio per allodole. Ma chi lo ha suggerito a Matteo Piantedosi e al governo – osservati speciali di temuto autoritarismo – di varare una norma inutile e pericolosa.
Inutile perché la crisi di Modena Nord si è risolta senza dover applicare un decreto che non era ancora in vigore. Inutile, perché, sul piano dell’immagine, le autorità erano state in grado di risolvere un problema, senza che nessuno si facesse male. Pericolosa, per come è formulata, la norma – che peraltro prevede pene esagerate – perché può essere usata per reprimere forme comuni di protesta sociale.
È appena il caso di ricordare che le pene previste sono più pesanti (per quanto riguarda soprattutto la pena minima) di quelle stabilite per reati – tanto per fare qualche esempio – come l’omicidio colposo (da 6 mesi a 5 anni), le lesioni gravissime (da 3 mesi a 2 anni), la truffa aggravata (da 1 a 5 anni), il furto in abitazione e lo scippo (da 1 a 6 anni), la rapina a mano armata (da 4 a 10 anni)
Leggiamo, allora, il testo che peraltro tipizza un nuovo specifico reato di cui fornisce la definizione: “L’invasione per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica’’. Potremmo fare un elenco interminabile dei comportamenti e delle iniziative che vengono unificate come unica fattispecie di reato nel decreto Piantedosi.
Invadere un’autostrada o una stazione ferroviaria (beni di proprietà pubblica) non costituisce un raduno pericoloso per l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica o la salute pubblica?
E che dire dell’occupazione abusiva di un immobile pubblico – come l’ex sede dell’Inpdap in via Gerusalemme a Roma – dove addirittura si recò un alto prelato a riattaccare la corrente elettrica, che era stata chiusa perché non si pagavano le bollette?
O dell’invasione del porto di Trieste per protesta contro il green pass?
In taluni di questi casi sono state aperte delle indagini e avviati dei processi, a prova che le regole esistono già. In conclusione: il governo dica chiaramente se intende dare un giro di vite su tutte le illegalità tollerate, con la previsione di pene severe per gli organizzatori e i partecipanti. Ma il ministro non trovi il pretesto dei rave party (che, sia ben inteso, non possono essere tollerati); guai però a gettare il bambino (i diritti di libertà) con l’acqua sporca.
(da agenzie)
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