DOPO DUE ANNI DI GOVERNO, FRATELLI D’ITALIA STA IMPLODENDO – DA “GENNY, ULTIMO SCHIAVO DI POMPEI’’ A GIULI, PIFFERO DELL’INFOSFERA GLOBALE”, LO ZOCCOLO DURO DEL PARTITO SI STA RIBELLANDO ALLE SCELTE DI GIORGIA MELONI
MENTRE LA BASE DI FDI DA’ SOLO UNA SETTIMANA DI VITA MINISTERIALE AL GIULI-RIDENS E IL REIETTO LOLLOBRIGIDA SI FA LA SUA CORRENTE, LA MELONI È SEMPRE PIÙ NERVOSA IN ATTESA DEL VERDETTO DI DOMANI: UNA DESTRA SCONFITTA IN LIGURIA POTREBBE DAR VITA A UN’ONDA LUNGA E PERICOLOSA
Dopo due anni di governo, pur senza una sinistra capace di fare il suo lavoro di opposizione, Fratelli d’Italia sta implodendo.
Giorno dopo giorno, da Sangiuliano a Giuli, lo zoccolo duro del partito si sta ribellando a Giorgia Meloni e al suo camaleontismo: dall’Atlantismo democristiano a livello internazionale alla scelta di ‘’uno fuori dal partito su un uomo senza tessera, quindi non controllabile, che per giunta nomina un capo di gabinetto Lgbt” (Annalisa Terranova a “Repubblica”).
La paciosa vice direttrice e firma storica del “Secolo d’Italia” dipinge perfettamente lo stato di insofferenza di un partito che dal 4 per cento si è ritrovato a fare il grande balzo fino al 27, prima forza politica d’Italia: “Giuli paga il fatto di non essere un uomo di partito, ma uno che risponde solo alle sorelle Meloni”. Alla domanda di Concetto Vecchio: “L’insofferenza è di Fazzolari?”, la Terranova non ha problemi a rispondere: “No. È della base”.
E lo zoccolo duro dei Fratelli d’Italia che si considera la vera destra che dopo decenni di emarginazione tra grotte e via della Scrofa non si capacita di vedere al vertice del ministero della Cultura un tipino che in modalità Julius Evola straparla di ‘’infosfera globale” e che scrive saggi dal titolo “Gramsci è vivo”.
Un tipino, oggi invellutato e con panciotto, che nel 2007 licenziò per i tipi di Einaudi un libello, “Il passo delle oche”, che faceva a pezzi la destra post fascista in doppiopetto, da Almirante a Fini per finire alla Meloni, rea di essersi attovagliata al potere del “Sistema”.
Eppure qualche anima pia, dopo il no di Pietrangelo Buttafuoco, consigliò invano alla Ducetta di sostituire lo schiavo d’amore Sangiuliano con un intellettuale fuori dal cerchio magico, ma assolutamente non prevenuto nei confronti del governo, che si chiama Giovanni Orsina.
Oggi, al di là di ciò che dicono Arianna e Merlino all’insegna del “troncare e sopire”, la chiacchiera che gira nella base dei fratellini da’ solo una settimana di vita ministeriale al Giuli-ridens.
Intanto, sta nascendo una nuova corrente all’interno del partito ad opera del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, l’ex “Stallone di Subiaco” buttato fuori casa, in maniera impietosa e sbrigativa attraverso un’intervista al “Foglio”, dalla moglie Arianna Meloni.
E mentre una nervosissima Meloni si sente sempre più sotto assalto dei poteri degli apparati dello Stato, quell’interminabile Deep State che va dalla Corte dei Conti alla Consulta passando per il Quirinale, oggi e domani sono aperte le urne per eleggere il nuovo presidente della Regione Liguria.
I sondaggi dei giorni scorsi danno alla pari i due contendenti Orlando e Bucci ma se lunedì sera il conteggio sarà favorevole al “campo largo” della sinistra per la premier del Colle Oppio cominciano i dolori e salteranno gli otoliti, dato che Bucci l’ha voluto lei contro Ilaria Cavo, candidato spinto dell’ex governatore Giovanni Toti, d’accordo con la Lega di Salvini.
Infatti la lista civica di Toti (“Vince Liguria”), che non è da sottovalutare, voterà sì Bucci ma i nomi dei consiglieri appartengono a Toti e Salvini, l’unico che sul palco di Genova nel discorso a conclusione della campagna elettorale venerdì scorso ha citato e difeso Toti, affiancato dal gelo di Meloni e Tajani.
Una destra sconfitta in terra ligure metterebbe in moto un’onda lunga che trascinerebbe il voto in bilico della sinistra in Umbria e rafforzerebbe quello in Emilia Romagna, prossime regioni che nelle prossime settimane saranno chiamate al voto.
(da Dagoreport)
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