“E’ IL PAESE DELLE FRANE”: INTERVISTA A ERASMO D’ANGELIS, EX COORDINATORE DI ITALIA SICURA
“VIVIAMO IN UN QUADRO DI RISCHIO TOTALE, SIAMO I PIU’ FRAGILI D’EUROPA, PAGHIAMO IL PREZZO DI UNO SVILUPPO URBANISTICO SCELLERATO. LA POLITICA SI SVEGLI”
“Viviamo in un quadro di rischio totale. Siamo il Paese con più frane e più piogge in Ue. Siamo i più fragili e i più esposti d’Europa, anche per colpa di uno sviluppo urbanistico scellerato che ha innescato nel territorio migliaia di trappole. E la politica che fa? Parla di sicurezza solo agitando la fantasmagorica minaccia dei migranti. La mappatura della pericolosità da frane o alluvioni è drammatica. Liguria e Calabria sono le Regioni più fragili, ma Roma è la Capitale del rischio idrogeologico”.
Erasmo D’Angelis era coordinatore di Italia Sicura, la struttura di missione voluta nel 2014 dal governo Renzi e spazzata via all’inizio dell’Era Conte. Oggi è a capo dell’Autorità di Bacino dell’Italia centrale, da dove monitora con preoccupazione le condizioni di un territorio che ci sta letteralmente franando sotto i piedi
Da nord a sud straripano i fiumi, a Savona è crollato un pezzo di viadotto, una donna è morta nell’Alessandrino travolta dal fiume Bormida. Cosa ci rende così fragili, così esposti?
“Abbiamo un territorio molto particolare: la penisola italiana è per 2/3 colline e montagne circondate dal mare, con 7.646 corsi d’acqua. Abbiamo il record europeo di corsi d’acqua e il record europeo di piogge. Sono aspetti che tendiamo a dimenticare o a rimuovere, ma sull’Italia cadono 302 miliardi di metri cubi di piogge ogni anno. In Europa un dato così non ce l’hanno neanche l’Inghilterra o la Germania. Ovviamente ci sono alcune aree che sono più a rischio: la Liguria e la Calabria sono le Regioni più a rischio d’Italia”.
Qual è la gravità del rischio idrogeologico in Italia? Perchè ci ritroviamo nei guai molto più dei nostri vicini europei
“Geologicamente la nostra penisola è l’ultima nata in Europa, si è formata 5-600 milioni di anni fa come ultimo territorio europeo. Questo vuol dire che ci sono terreni argillosi, sabbiosi, poco rocciosi e con le piogge c’è un dilavamento verso valle che è impressionante. Non a caso, sulle 750mila frane censite in tutto il continente europeo, 620.808 sono in Italia: praticamente quasi tutte, con 2.436 frane monitorate h24 dalla Protezione civile. Noi siamo questo Paese qui. Prendiamo atto che circa l’8-9% del territorio urbanizzato italiano è interessato da aree in frana, con quasi 7mila Comuni che hanno delle località nei confini che sono interessate alle frane. L’altro aspetto sono le alluvioni: abbiamo circa 10 milioni di italiani condizionati da aree che possono allagarsi. Questo è il quadro del rischio. Un quadro di rischio totale”.
Quali sono le colpe di uno sviluppo urbanistico sconsiderato?
“Siamo forse l’unico Paese al mondo che negli ultimi 50-60 anni ha avuto uno sviluppo urbanistico impressionante. Fino al 1950, il costruito occupava il 2,3% del territorio. Nel giro di qualche decennio — un flash per la nostra storia di 2mila anni – quel 2,3% è diventato il 7,5%: si è moltiplicato per tre. Le città devono espandersi, e va bene. Ma non su aree franose e alluvionali; non su ex paludi, montagne e colline; non dentro i fiumi. Sono tutte aree in cui abbiamo innescato migliaia di trappole. I tre condoni hanno sanato e graziato tanta edilizia abusiva costruita proprio dentro le golene dei fiumi. Pensiamo a Roma: Ostia e Fiumicino hanno il 75% delle loro costruzioni addirittura sulla foce del Tevere, sono situazioni molto pericolose”.
Come si comporta la politica di fronte a questo “quadro di rischio totale”, come lo definisce lei?
“Mi sorprende e mi fa rabbia il fatto che tutto il dibattito sulla sicurezza degli italiani sia incentrato sul fantomatico pericolo dei migranti o sulla sicurezza nelle strade, quando invece la principale fonte di insicurezza per gli italiani dipende proprio dalla mancanza di interventi sul territorio. Il diritto alla protezione deve essere portato nella serie A della politica, cosa che attualmente non avviene. Oggi vedo solo grandi emozioni e grandi rimozioni. In queste ore siamo tutti molto preoccupati da quello che vediamo, l’ennesimo viadotto crollato, eccetera. Ma in genere passano due-tre giorni e ce lo dimentichiamo. La mappatura della pericolosità da frane o alluvioni è drammatica”.
Quali erano i pregi di Italia Sicura e del Dipartimento Casa Italia? E quali sono le responsabilità del governo Conte I nell’averli smantellati?
“Con l’operazione Italia Sicura del governo Renzi e poi con il Dipartimento Casa Italia – votato dal Parlamento ben due volte, prima con il governo Renzi e poi con Gentiloni – c’era l’idea di strutturare un Dipartimento a Palazzo Chigi che lavorasse con i tempi lunghi, senza una scadenza, al di là delle beghe della politica, al di là dei governi. Una struttura che si facesse carico di questi problemi, h24, tutti i giorni dell’anno. Il governo Conte I è tornato alle caselle di partenza, ossia ai ministeri. Eliminare Italia Sicura è stato il più grande errore del governo giallo-verde. Era una struttura tecnica. A parte il coordinatore e il direttore, tutto il resto era personale dei ministeri. Costava quasi nulla e ha prodotto risultati concreti. È grazie a Italia Sicura se oggi abbiamo un piano di opere da realizzare che prima non c’era: sono 1.026 opere e interventi che sono state consegnate a tutte le Regioni dalla Protezione civile e dalle Autorità di bacino. Hanno un costo presunto complessivo di quasi 31 miliardi di euro. Un lavoro di una quindicina di anni che è alla portata dell’Italia”.
Ma come la mettiamo con le risorse?
“L’unica cosa che non ci manca sono i soldi, sia per quanto riguarda il dissesto che la sismica. Partiamo dal dissesto: in questo momento nelle casse dello Stato (tra ministeri, Protezione civile, Agenzia di coesione e Regioni) ci sono quasi 12 miliardi di fondi pronti per essere spesi. I fondi ci sono. Mancano le progettazioni di opere, perchè se non ci sono opere progettate non si possono aprire i cantieri. Da una ventina d’anni lo Stato non progetta più: prima c’era un incentivo per i progettisti e i tecnici delle Regioni e dei Comuni, progettavano un’opera e avevano un incentivo sullo stipendio. Sparito quello, lo Stato ha smesso di progettare e non si è aperto un mercato delle progettazioni. I soldi invece sono un alibi”.
Anche sulla sismica?
“Tutte le indagini ci dicono che servono 100 miliardi di euro per mettere in sicurezza tutta l’edilizia pubblica e privata italiana. Su 12 milioni di edifici italiani, ne abbiamo circa 4 milioni che non sono antisismici. Di fronte a questa cifra dei 100 miliardi, ci si ferma e si dice: e dove li prendiamo? Però fermiamoci a guardare quanto lo Stato sta spendendo per gli ultimi tre terremoti degli ultimi dieci anni… l’Aquila è costata 17,5 miliardi, l’Emilia quasi 12 miliardi, il Centro Italia 23,5 miliardi. Se si mettono insieme questi numeri, siamo a più di metà di quella cifra lì. Noi spendiamo per riparare, invece dobbiamo spendere per prevenire. Questo è il passaggio che dovremmo fare. Prevenzione seria, strutturata, ogni giorno dell’anno”.
Quanto incidono i cambiamenti climatici sul rischio permanente a cui siamo esposti?
“I cambiamenti climatici c’entrano tanto. Gli effetti dei cambiamenti climatici sono già oggi molto visibili. Lo vediamo dall’aumento di piogge a carattere esplosivo. Le hanno chiamate bombe d’acqua, e sono in effetti esplosioni in aree sempre più ristrette e in pochissimo tempo. L’altra faccia della medaglia è la siccità : passate queste settimane molto piovose, probabilmente incontreremo mesi di siccità . Lungo le nostre coste abbiamo problemi molto seri con le infiltrazioni del mare nelle falde costiere, quindi si annaffia ma è acqua salata. C’è il tema dell’inaridimento di tanti territori, l’aumento del livello del mare nei confronti del quale bisognerà difendersi…”
Torniamo alla Liguria. Genova sta riuscendo a proteggersi, a imparare dalla sua storia?
“Oggi a Genova sono aperti 8 cantieri dentro la città per mezzo miliardo di euro. Sono aperti perchè c’erano i progetti pronti, perchè Comune, Regione e Stato stanno collaborando e stanno allargando le sezioni dei fiumi. Perchè oltre ad occupare terreno, noi italiano abbiamo fatto un altro errore drammatico, che è stato quello di tombare moltissimi fiumi sotto le città . In Italia ci sono 20mila km di fiumi tombati, Genova ne ha 52 km. A Genova si sta facendo un lavoro molto importante di allargamento delle sezioni sotterranee che trasportano questi fiumi. Genova è la città che in questo momento ha in corso i più importanti lavori di contrasto alle alluvioni, mezzo miliardo non esiste in nessun’altra città europea. È un esempio da seguire, come anche i lavori sull’Arno. Sono lavori iniziati nel 2015 e che si concluderanno nel 2023. Nel 2023 Genova sarà senz’altro più sicura”.
Sono lavori lunghi, costosi e spesso invisibili, ma che possono salvare centinaia di vite e intere comunità …
“Domenica scorsa Pisa è stata salvata da un’alluvione catastrofica perchè 5 milioni di metri cubi di acqua di piena dell’Arno alle porte di Pisa sono stati deviati in una cassa d’espansione e poi in uno scolmatore che li ha portati al mare senza farli passare dalla città . È stata la prima volta. Tanta acqua non è arrivata in città ma si è fermata a monte della città . Questo intervento dimostra quanto siano importanti queste opere”.
Lei oggi è a capo dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Centrale. Quali sono i rischi che per questa parte d’Italia? E per Roma Capitale?
“Noi ora metteremo a gara le opere per Roma, perchè anche Roma ha dei problemi abbastanza seri per quanto riguarda possibili piene del Tevere. Metteremo a gara un sistema di invasi a monte dell’Orvietano che possa salvare sia la piana di Orvieto fino a Orte che Roma Capitale. Roma è la capitale del rischio idrogeologico. Non esiste in Europa una città che abbia 250mila abitanti a rischio di alluvione e in parte anche di frane, essendo Roma un sistema di colli. Stiamo correndo contro il tempo per bloccare a monte della Capitale e dell’Orvietano — sul fiume Paglia e quegli affluenti che mandano acqua al Tevere — 40-50 milioni di metri cubi di acqua di piena”.
(da “Huffingtonpost”)
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