EFFETTO TRUMP: I MERCATI FINANZIARI CONSIDERANO IL DEBITO PUBBLICO DEGLI USA UN ASSET SEMPRE PIÙ RISCHIOSO
LE SPECIALI POLIZZE ASSICURATIVE CHE SERVONO AGLI INVESTITORI PER COPRIRSI DAL RISCHIO DI DEFAULT DEGLI USA, SONO PASSATI IN TRE MESI DA 18 A 54 PUNTI BASE, LIVELLI PARAGONABILI A QUELLI DI PAESI CON RATING MOLTO PIÙ BASSI COME LA GRECIA (57) O L’ITALIA (53)
Gli Stati Uniti «non andranno mai in default». Detta così, sembra una banalità. Un’ovvietà. Perché nessuno pensa che gli Usa possano fare una fine del genere.
Ma quando a pronunciare queste parole è il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Scott Bessent, parlando del tetto del debito che ogni anno è uno scoglio importante, sembra quasi suonare come una «excusatio non petita».
Perché è vero che un default degli Stati Uniti è pura fantascienza, ma è anche vero che sui mercati il debito americano è percepito come qualcosa che scotta sempre più.
Lo dimostrano i credit default swap (Cds), speciali polizze assicurative che servono agli investitori per coprirsi proprio dal rischio di crack di qualunque Paese o azienda al mondo: i Cds deg
Stati Uniti costano infatti 54 punti base, livelli cioè paragonabili a quelli di Paesi con rating molto più bassi come la Grecia (57) o l’Italia (53). Roma, anzi, è percepita lievemente meno rischiosa degli Usa.
I Cds funzionano come le polizze assicurative. Se un investitore ha titoli di Stato Usa e vuole assicurarsi contro il rischio di default degli Stati Uniti, paga un premio assicurativo a un altro investitore e qualora gli Usa (ma questo vale per qualunque Paese del mondo) andassero davvero in default, verrebbe risarcito.
Il premio ovviamente varia a seconda della rischiosità percepita dal mercato: per assicurarsi contro il default della Germania bastano 13 punti base (cioè si paga lo 0,13% dell’importo che si vuole assicurare), mentre per assicurarsi contro l’insolvenza dell’Italia si pagano 53 punti base. Cioè lo 0,53%.
E qui viene l’anomalia: per assicurarsi contro il default degli Stati Uniti (che hanno rating altissimi, un gradino sotto il massimo di Tripla A) si paga ormai un premio analogo a quello che serve per coprirsi contro il rischio di insolvenza di Paesi con rating ben più bassi come l’Italia o la Grecia. Sia chiaro: questo non è un allarme. Cinquanta punti base sono comunque pochi.
Paesi davvero a rischio hanno Cds che superano abbondantemente i mille punti base. Ma se si pensa che i Cds della Germania quotano a 13, si capisce l’anomalia. Il mercato prezza un rischio Usa elevato rispetto al rating statunitense.
Rischio che è salito nell’era Trump, dato che i Cds a inizio anno quotavano 18 punti base più bassi. Performance inversa, invece, per l’Italia e per quasi tutti i Paesi europei, che da inizio anno hanno ridotto gli spread dei Cds.
Perché il mercato ha i nervi così scoperti sul debito pubblico Usa? Perché la politica di Trump crea incertezza, perché tanti analist
hanno iniziato a mettere in dubbio il dollaro come valuta di riserva globale, perché deficit e debito Usa sono elevati e in crescita, perché la conferma dei tagli fiscali voluta da Trump e ora al vaglio del Congresso pesa sui conti pubblici, perché tutti pensano che i dazi non potranno da soli finanziare i tagli alle tasse.
E il mercato è teso. È vero che anche i titoli di Stato Usa hanno rendimenti elevati, molto più di quelli italiani. Ma sui titoli di Stato giocano vari fattori, a partire dalle aspettative sull’inflazione e i tassi Fed. Sui Cds no: qui conta solo il rischio Paese percepito dal mercato. E vedere gli Usa percepiti come la Grecia, un certo effetto lo fa.
(da agenzie)
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