ERDOGAN MANDERA’ I TAGLIAGOLA JIHADISTI A SOSTEGNO DI SERRAJ
PUO’ L’ITALIA CONTINUARE A ESSERE ALLEATA IN LIBIA CON I CRIMINALI FILO-TURCHI CHE HANNO STERMINATO I CURDI?
Dopo averli utilizzati per schiacciare la resistenza dei curdi siriani nel Rojava, affidando loro i lavori più sporchi — razzie, pulizia etnica, esecuzioni sommarie — ora il “sultano” di Ankara ha deciso di replicare in Libia, in quella che è ormai una guerra di tutti.
Non appena il Parlamento riaprirà , ha detto Erdogan, il decreto sull’invio di uomini in Libia verrà messo in agenda: ottenuta l’autorizzazione, l’8 o il 9 gennaio si potrebbe già aprire la strada al dispiegamento.
E tra le forze che Ankara intende dispiegare sul suolo libico ci sono battaglioni del cosiddetto Esercito nazionale siriano, un insieme di milizie, anche di origine qaedista, supportate e finanziate dalla Turchia.
Ankara sarebbe già in contatto con diversi gruppi di ribelli siriani per il dispiegamento e le Brigate Suqour al-Sham avrebbero già accettato ‘l’invito’ tanto che alcune unità avrebbero raggiunto la Turchia in attesa del dispiegamento in Libia.
A queste indiscrezioni si aggiungono quelle di una fonte turca, secondo cui la Divisione Sultan Murat, gruppo armato di turcomanni siriani, arriverà in Libia insieme ad altre forze.
Stando alle rivelazioni di Middle East Eye, il gruppo ribelle Faylaq al-Sham dovrebbe essere al comando. “Le forze di Tripoli hanno inviato armi e munizioni per aiutare i ribelli siriani nel 2011. Hanno persino inviato loro comandanti ad aiutarli – ha detto la fonte siriana – Faylaq al-Sham ha ricambiato il favore nel 2013 con l’invio di ufficiali con compiti di consulenza a favore delle forze di Tripoli contro le forze di Bengasi”.
Ieri in dichiarazioni al sito di notizie Erm News, il direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani – ong con sede in Gran Bretagna legata agli attivisti delle opposizioni siriane – già accusava la Turchia di aver “inviato combattenti dalla Siria alla Libia a sostegno alle forze di Fayez al-Sarraj”
“Non è la prima volta, ma questa volta i combattenti sono di nazionalità siriana”, diceva Rami Abdel Rahman, aggiungendo che si tratta di ribelli che hanno “partecipato all’offensiva contro i curdi” nel nord della Siria. A ottobre, sottolineava ancora ieri il direttore dell’Osservatorio a Erm News, la Turchia ha invece inviato “jihadisti stranieri” dalla Siria in Libia.
Le Forze armate turche sono pronte a un possibile impegno in Libia a sostegno del governo di Tripoli contro le forze del generale Khalifa Haftar, come richiesto dal presidente Erdogan.
L’esercito è “pronto a svolgere qualsiasi compito in patria e all’estero”, ha dichiarato la sua portavoce Nadide Sebnem Aktop, durante la conferenza stampa di fine anno. Anche gruppi di ribelli siriani filo-turchi saranno impiegati in Libia a sostegno del Governo di accordo nazionale (Gna) di al-Sarraj contro le forze del generale Haftar. Lo ha detto un alto funzionario del governo di Tripoli.
Per essere ancora più chiari: si sta parlando di miliziani che hanno postato il video di una giovane combattente curda stuprata e vilipesa, il tutto mostrato sui social. Sarebbero costoro i nuovi alleati di un Governo, quello guidato da Fayez al-Sarraj, che l’Italia continua a sostenere, sia pure non come Sarraj vorrebbe?
Di fronte a questo scenario, il Governo italiano, e le forze politiche che lo sostengono, non possono cavarsela con il solito mantra “non esistono soluzioni militari” alla crisi libica.
Il punto ora è un altro: è giustificabile continuare a sostenere un Governo libico che pur di non essere schiacciato dalle forze pro-Haftar si affida a carnefici, stupratori, miliziani qaedisti e dell’Isis?
Da giorni il confronto tra i due schieramenti in cui è spaccata la Libia – alimentati da combattenti forniti dai rispettivi alleati – non fa che avvicinarsi pericolosamente al punto di non ritorno. E ora le date di cui parla Erdogan diventano come un ultimatum per la diplomazia, che deve accelerare i tempi.
La Turchia è pronta a sostenere Sarraj, che ha anche chiesto aiuto militare all’Europa — Italia compresa -, vincolata all’embargo. E anche il Qatar è un altro alleato del governo di Tripoli.
Dall’altra parte, Haftar può contare sull’appoggio dei mercenari russi della Wagner (giù impiegati in Siria e nel Donbass), oltre ad Egitto ed Emirati Arabi Uniti.
In più, nei giorni scorsi, il Guardian ha anche scritto di miliziani sudanesi in arrivo per combattere al suo fianco, per recuperare risorse e denaro (anche col traffico di esseri umani) e tornare poi a combattere nel loro Paese.
“Una donna somala ha dato alla luce un bambino e un libico ha preso il neonato e lo ha gettato ad un cane che lo ha mangiato”. È l’ultima, terribile testimonianza sugli orrori nei campi di detenzione per migranti in Libia.
A raccontarlo sono due sopravvissuti ad un naufragio accaduto in novembre nel Mediterraneo centrale. I due giovani sono stati salvati dalla nave Alan Kurdi dell’Ong tedesca Sea-Eye.
Due giorni fa, l’organizzazione umanitaria ha diffuso un video in cui i due ragazzi, con il volto oscurato per proteggere la loro identità , rivelano come una delle guardie del centro abbia commesso il gesto disumano. “Sì, il cane ha mangiato il bambino”, conferma uno dei due davanti all’incredula volontaria a bordo della Alan Kurdi.
Le esperienze dei migranti nei campi di detenzione in Libia sono terribili e ricordano, ancora una volta, la violenza vissuta da quanti cercano di raggiungere l’Europa.
Un altro dei sopravvissuti ha raccontato di essere stato torturato e costretto a chiamare i parenti perchè inviassero denaro ai suoi aguzzini.
Abbiamo considerato a lungo se diffondere o meno questo rapporto — si legge in una nota dell’Ong tedesca — dopo un’attenta riflessione abbiamo deciso che queste storie devono essere ascoltate”. “I rapporti su commercio di schiavi, gravi torture, violenze sessuali — prosegue Sea-Eye — ma anche condizioni mediche e alimentari totalmente inadeguate non hanno portato a nessun cambiamento della politica europea sulle migrazioni”.
“Ecco perchè abbiamo deciso di pubblicare questa relazione, perchè la situazione nei campi libici è parte della brutale realtà della sicurezza delle frontiere europee”. E Sea-Eye lancia un appello al governo tedesco e a tutti i Paesi dell’Unione europea: “Chiediamo di porre fine all’inumana politica di rimandare in Libia chi viene salvato in mare e di adottare misure orientate al rispetto dei diritti umani”. “Le persone particolarmente vulnerabili come famiglie, donne in gravidanza e bambini — conclude l’organizzazione umanitaria — devono essere evacuate e non consegnate ai criminali”.
Come può essere la Libia considerata un luogo sicuro se gli stessi libici mettono le loro famiglie in mare a rischio della vita in modo da lasciare il Paese così in fretta?”, afferma Gorden Isler, presidente di Sea-Eye.
E le cose sono destinate a peggiorare con l’arrivo dei tagliagole di Erdogan.
(da Globalist)
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