EVASIONE FISCALE, LA CORTE DEI CONTI SVELA IL BLUFF DIETRO I “RISULTATI MIGLIORI DELLA STORIA” VANTATI DA MELONI
PIU’ ENTRATE SOLO DAI CONTROLLI AUTOMATIZZATI SU ERRORI NEI VERSAMENTI, MA IN REALTA’ GLI ACCERTAMENTI VERI SONO MOLTO MENO
I “risultati migliori della storia” nella lotta all’evasione rivendicati ancora poche settimane fa da Giorgia Meloni non dipendono da una concreta azione di contrasto al nero da parte dell’Agenzia delle Entrate. Che, anzi, continua a non avere le forze per condurre un numero di controlli in grado di rendere poco consigliabile frodare il fisco. A svelare il bluff è la Corte dei Conti, che in uno dei tomi della relazione sul rendiconto generale dello Stato 2024 mette ancora una volta nudo la debolezza del sistema che dovrebbe tutelare le entrate pubbliche.
Partiamo dalle cifre riportate nelle casse dello Stato. Lo scorso anno sono ammontate a 26,3 miliardi di cui 22,8 di “recupero ordinario da attività di controllo”, ricordano i magistrati contabili. La fetta più grossa, 12,6 miliardi, è costituita dai versamenti fatti in seguito ad atti emessi dall’Agenzia. Ma si tratta quasi solo (“se ne rileva l’assoluta prevalenza”, si legge) di soldi ottenuti grazie alla liquidazione automatizzata, cioè controlli informatici sui dati dichiarati, senza alcuna attività istruttoria. Introiti che di conseguenza, chiarisce la Corte, “non derivano da una concreta azione di contrasto dell’evasione sostanziale, ma si ricollegano ad errori o omissioni nei versamenti conseguenti alle dichiarazioni presentate”. È un risvolto dell’enorme fenomeno dei contribuenti che dopo aver dichiarato il dovuto si guardano bene dal pagare. Si tratta, come evidente, di entrate tutt’altro che stabili. Esattamente come i 5,7 miliardi di incassi da cartelle di pagamento che contribuiscono ai 22,8 complessivi: 4,3 miliardi derivano a loro volta da controlli automatizzati e, anticipa la relazione, “tenuto conto del progressivo aggiornamento delle annualità da controllare è prevedibile una graduale flessione dei ruoli da emettere e, quindi, degli introiti conseguibili”.
Archiviati i festeggiamenti della maggioranza per un “record” che potrebbe avere vita breve, il quadro resta sconfortante. Le Entrate sono ancora sotto organico perché, nonostante il blocco del turnover sia superato, le nuove assunzioni non tengono il passo con gli oltre 1.000 pensionamenti annui. Lo scorso anno hanno realizzato 189.578 accertamenti ordinari contro gli oltre
260mila del pre pandemia: volumi “modesti, tenuto conto dell’ampiezza e numerosità dei fenomeni evasivi”, commenta la Corte. Ben il 9,5%, peraltro, ha fatto registrare esito negativo o è stato annullato in autotutela. Anche la maggiore imposta accertata è ben sotto i livelli pre Covid: 14,7 miliardi contro quasi 18. Le tabelle sulla percentuale di controlli condotti sulle diverse attività economiche, poi, non richiedono commenti: la frequenza media nel 2024 è stata dell’1,4%. Il fisco, per fare qualche esempio, nonostante gli atti tassi di inaffidabilità di quelle categorie ha bussato a 3 ristoranti e bar ogni 100, all’1,4% degli hotel e b&b e al 2,2% delle società di trasporto e magazzinaggio.
Viste le scarse risorse umane, potrebbe venire in aiuto la tecnologia attraverso il sempre invocato incrocio delle banche dati che – dopo anni di tira e molla con il Garante privacy – ora possono essere utilizzate per una “sistematica analisi del rischio” mirata a stimolare l’adempimento spontaneo e selezionare casi sospetti su cui concentrare l’attenzione. Ma in concreto “persistono ritardi e difficoltà”, nota la relazione. I contenuti delle fatture elettroniche emesse e le movimentazioni dei conti tuttora non vengono sfruttati. L’Agenzia da tre anni ha a disposizione il software di analisi dei dati Ve.r.a. (Verifica Risparmio Accumulato) che assiste gli uffici nella messa a punto di elenchi di contribuenti con “forte incoerenza tra redditi/ricavi dichiarati e movimentazioni finanziarie”. Sull’effettivo utilizzo però è buio fitto e “gli effettivi risultati conseguiti, soprattutto in termini di concreta proficuità dell’attività”, andranno “attentamente monitorati”. Quanto alle
indagini finanziarie sul singolo contribuente sottoposto a controllo fiscale, lo scorso anno ne sono state autorizzate 4.555: una goccia nel mare, ma comunque in aumento del 60% rispetto al 2023. Peccato che alla fine siano stati incassati solo 5 milioni: il 61% in meno.
Del resto le performance della riscossione italiana sono tra le peggiori al mondo. Poco importa se nel 2024 il riscosso complessivo a mezzo ruolo è salito a 15,9 miliardi (+8%): negli ultimi 24 anni l’erario è riuscito a farsi versare solo 201 miliardi su 1.399 dovuti, il 14%. L’abnorme “magazzino” dei crediti non recuperati continua a lievitare nonostante rottamazioni e paci fiscali, che comunque raccolgono puntualmente un gettito molto inferiore al previsto perché i contribuenti a un certo punto smettono di pagare le rate: “Va rilevato come 11,2 miliardi delle rate scadute nel 2023 e 2024”, annota la Corte, “non sono state versate”, e che – ancora peggio – “probabilmente una quota cospicua delle adesioni è finalizzata a ritardare la riscossione coattiva”. L’amministrazione appare particolarmente inefficace nell’esigere gli importi più corposi: tra 2020 e 2024 oltre il 60% dei carichi affidati ha superato i 100mila euro, ma il 60% del riscosso è arrivato da chi aveva debiti ben più piccoli.
La rateazione, che la politica tende a presentare come panacea per favorire la regolarizzazione da parte di chi dichiara e non versa, ha riguardato anche lo scorso anno importi per oltre 9 miliardi e secondo i magistrati contabili ha ormai trasformato l’Agente della riscossione in un “ente di concessione di credito in assenza di garanzie e senza alcuna valutazione preventiva in merito alla solvibilità del debitore”. Per affrontare davvero il
problema ed evitare che in futuro – a valle dello smaltimento dei vecchi ruoli con le modalità che verranno decise da una commissione di esperti guidata da Roberto Benedetti – si proceda a colpi di discarico automatico delle quote non riscosse a distanza di cinque anni, occorrerebbe dotare AdER di poteri più incisivi e rafforzare gli strumenti che si sono dimostrati validi. Come i pignoramenti di beni mobili, che tendono ad essere molto efficaci. In generale se ne fanno pochi: nel 2024 sono stati poco più di 11mila. A sorpresa, invece, quelli di “crediti finanziari” compresi stipendi e pensioni sono saliti a 414mila dai 92mila dell’anno prima, con un incasso di 1,3 miliardi. Nel silenzio di Lega e Forza Italia, che a fine 2023 avevano dichiarato irricevibile una norma ad hoc per facilitarli.
(da ilfattoquotidiano.it)
Leave a Reply