FIDUCIA AL GOVERNO SULLA MANOVRA, LETTA E ALFANO SUPERANO LA VERIFICA, MA E’ BUFERA SU SACCOMANNI
COPERTURE, SCONTRO IN MAGGIORANZA
Il Senato ha approvato ieri notte con il voto di fiducia la legge di Stabilità . 171 i voti a favore (quattro in più rispetto a quelli certi a sostegno del governo Letta), 135 i contrari.
È stato il battesimo per la nuova maggioranza con Forza Italia all’opposizione. Ora la legge passa alla Camera dove potrà essere ritoccata
Quella di ieri è stata una giornata tesissima a Palazzo Madama. Vigilia del voto sulla decadenza del senatore Silvio Berlusconi più che il giorno della legge di Stabilità .
È alle tre di notte, tra lunedì e martedì, che, dopo quasi un mese di lavoro, i membri della Commissione Bilancio gettano la spugna: in circa quattro ore sono riusciti ad esaminare e approvare solo quattro emendamenti delle poche decine presentate dai relatori.
Una fatica di Sisifo perchè nei fatti Forza Italia è già all’opposizione, per quanto formalmente lo annuncerà solo nel pomeriggio. Con la Lega, infatti, fa ostruzionismo su tutti gli emendamenti, senza distinzione.
Ormai è chiaro che l’obiettivo è allungare i tempi per cercare di far slittare il voto sulla decadenza. Tanto che i senatori del Movimento 5 Stelle, partito da sempre all’opposizione delle larghe intese, non partecipano all’ostruzionismo.
La legge di Stabilità — lo dirà netto nel tardo pomeriggio Angelino Alfano, l’ex delfino di Berlusconi — è solo un pretesto per i rinati forzisti. Appunto.
Così la Commissione Bilancio, in piena notte, approva il testo ma senza dare il mandato ai relatori (Giorgio Santini del Pd e Antonio D’Alì del Nuovo centro destra). Il che vuol dire che il testo passa all’esame dell’Aula ma senza le modifiche apportate durante al precedente discussione parlamentare.
Uno scenario assolutamente scontato ormai, come il ricorso al voto di fiducia da parte del governo su un maxiemendamento, il numero 1.900.
Lo annuncia in Aula il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, dopo uno scontro durissimo in particolare tra il presidente della Commissione Bilancio Antonio Azzollini (Ncd) e il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, con i toni di voce, anche di altri, che si sono progressivamente alzati.
Tutto accade nella sontuosa sala Pannini, riservata al governo a Palazzo Madama. Ci sono i due relatori, il vice ministro dell’Economia, Stefano Fassina, il sottosegretario all’Economia, Pierpaolo Baretta (Pd), Renato Schifani (Ncd) e lo stesso Franceschini. Azzollini attacca la Ragioneria perchè da quasi un’ora si attende la relazione tecnica e la “bollinatura” per poter presentare il maxiemendamento: «Sono funzionari che devono eseguire le indicazioni della politica, non creare problemi. Dov’è la relazione? Dobbiamo andare in Aula!», dice rivolto a Saccomanni che non replica, fermo, «come una sfinge», riferirà uno dei partecipanti
Ci vorranno quasi quattro ore, tra un rinvio e un altro, però, perchè il maxi emendamento possa arrivare finalmente in Aula “bollinato” dai tecnici della Ragioneria guidata da Daniele Franco, ex Banca d’Italia.
Con le tabelle incerte. Tanto che il ministro Franceschini, per frenare le critiche anche del centrosinistra, non esclude correzioni strada facendo.
Ma pure con coperture non del tutto chiarissime se lo stesso Azzollini assicura da una parte che c’è sì il rispetto dell’articolo 81 della Costituzione che impone la copertura finanziaria, ma dall’altra auspica un miglioramento della relazione durante la discussione parlamentare.
Tensioni che il presidente del Senato, Pietro Grasso, prova a spegnere: si vota la legge di Stabilità non la relazione della Ragioneria che in ogni caso è legittima.
Nello scontro Azzollini-Saccomanni emergono le vecchie ruggini del centrodestra nei confronti della struttura tecnica dell’Economia.
Anche in questo il neonato Ncd non vuole perdere terreno rispetto ai berlusconiani. Si è aperta nel campo del centrodestra la competizione. E la legge di Stabilità è diventato il primo terreno di sfida.
Per la conquista dell’identico bacino elettorale: i lavoratori autonomi, le piccole imprese artigianali, la piccola borghesia.
Così mentre il capogruppo del Ncd, Maurizio Sacconi, sostiene che è stata cancellata la patrimoniale sulla casa, Renato Brunetta di Fi dice il contrario.
Mentre il relatore D’Alì accusa forzisti e leghisti di abbandonare gli autotrasportatori accontentati con il rimborso delle accise dopo la minaccia di uno sciopero prenatalizio.
(da “La Repubblica“)
Leave a Reply