FINI E “L’ONORE AL MERITO” PER STORACE: QUANDO SI E’ CONDANNATI A SOLI SEI MESI CON LA CONDIZIONALE NON E’ CHE SI DIVENTA EROI RINUNCIANDO ALLA PRESCRIZIONE
IL CASO DEL VILIPENDIO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E LA CORSA ALLE CONGRATULAZIONI
La Destra italiana per un giorno ha messo da parte il caso Marò (proprio quando sarebbe stato necessario un approfondimento, alla luce delle trattative in corso) e la polemica sull’abolizione del reato di immigrazione clandestina che la vede ovviamente schierata contro i rappresentanti della “legalità ” (dai magistrati alle forze dell’ordine) e appiattiti sulla demagogia da osteria di Salvini, per dedicarsi alle note di congratulazioni a Francesco Storace che ha rinunciato in appello alla prescrizione nel processo che lo vede imputato di vilipendio al capo dello Stato e per il quale è stato condannato in primo grado a soli 6 mesi con la condizionale.
IL REATO
I delitti di vilipendio politico erano già noti al Codice Zanardelli del 1889. Il Codice Rocco (1930) li mantenne come delitti contro la personalità dello Stato, entro il sistema penale dello Stato fascista.
Nonostante le pressioni di una dottrina giuridica generalmente abrogazionista, la Corte costituzionale rigettò la questione di legittimità dell’art. 290, chiarendo che il bene del prestigio delle istituzioni non solo meritava tutela, ma aveva rilievo costituzionale. In questo modo i reati di vilipendio trovavano la loro giustificazione anche nel nuovo regime democratico.
IL FATTO
I fatti risalgono al 2007, quando il presidente Napolitano aveva condannato con parole di grande indignazione una “goliardata” de La destra, l’allora nuovo partito del senatore Storace, fuoriuscito da Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini: spedire alla 98enne senatrice a vita Rita Levi Montalcini delle stampelle, per “sostenerla fisicamente” e come simbolo del fatto che quella maggioranza, a sostegno del secondo governo Prodi, si reggeva “solo con le stampelle dei senatori a vita”.
“Mancare di rispetto, tentare di intimidire la professoressa Rita Levi Montalcini, che ha fatto tanto onore all’Italia, è semplicemente indegno” aveva tuonato Napolitano in difesa della senatrice premio Nobel, che aveva già provveduto a difendersi da sola con una lettera a Repubblica.
Ed ecco le parole che hanno portato Storace alla sbarra per vilipendio.
“Non so se devo temere l’arrivo dei corazzieri a difesa di Villa Arzilla, ma una cosa è certa: Giorgio Napolitano non ha alcun titolo per distribuire patenti etiche. Per disdicevole storia personale, per palese e nepotistica condizione familiare, per evidente faziosità istituzionale. E’ indegno di una carica usurpata a maggioranza”.
Risulta evidente che gli estremi per contestare il reato vi erano tutti.
Ha invece ragione Storace sul fatto che lo stesso non sia stato contestato ad altri che hanno usato termini anche più volgari ( vedi il cinquestelle Sorial).
Storace successivamente chiese un incontro con Napolitano e si scusò per le frasi pronunciate: dopo un “chiarimento” di tre ore, il presidente accettò le scuse e dichiarò che per lui il caso era da considerarsi chiuso.
Nel frattempo il ministro della Giustizia di allora, Clemente Mastella, ritenne di doversi ugualmente procedere contro Storace per il reato di vilipendio, valutazione di sua competenza.
E da qui per oltre sette anni, tra sospensioni varie e polemiche, si è arrivati , per un reato che prevede la condanna fino a 5 anni di reclusione, a una sentenza di primo grado piuttosto mite: sei mesi con la condizionale, applicando varie attenuanti.
Due giorni fa l’appello che avrebbe dovuto sancire la prescrizione per i termini ormai scaduti e la rinuncia alla stessa da parte dell’imputato, con aggiornamento della corte al 1 giugno.
I COMMENTI
Scrive Gianfranco Fini su “Liberadestra” sotto il titolo “Onore al merito”: “Storace ha dato un bell’esempio di cosa voglia dire essere di destra in materia di legalità : aver fiducia, nonostante tutto, nella giustizia. Se si sbaglia si paga e se si è onesti, in questo caso intellettualmente, si chiede che ciò venga sancito in tribunale, affinchè tutti lo sappiano. Confidare nella prescrizione del reato per farla franca non è certo politicamente così censurabile come salvarsi grazie ad una legge ad personam. Anche per questo spiace che quasi nessuno a destra, aldilà della attuale collocazione, abbia sottolineato come la scelta di Storace sia stata bella e significativa.”
Stesso concetto espresso da Menia: “Il coraggio di affrontare il giudizio è un qualcosa che appartiene al bagaglio della destra alta e pulita, che rifugge la scorciatoia della prescrizione”. “Il concetto di libertà di espressione – aggiunge Menia – va tutelato da ogni forma di prevaricazione, cosi’ come accaduto in questo caso”.
Spicca il silenzio della Meloni, non pervenuta causa cattivi rapporti in corso.
Storace replica lamentandosi del “silenzio del centrodestra” e parla di “dignità che non si ammanetta», di “libertà di opinione e privilegi di casta in gioco”, di “condanna perchè ho osato dire a quel Capo dello Stato (nemmeno tutto) quello che penso”.
IL NOSTRO COMMENTO
Viene spontanea una riflessione: ma Storace non si era scusato? O è tutta una farsa?
Perchè i casi sono due (per un uomo di destra, come direbbero Fini e Menia).
O resti sulle tue posizioni, non vai a a scusarti con Napolitano e ti fai processare, col rischio di finire realmente in carcere, senza fare tanti appelli alla libertà di espressione, visto che eri ben consapevole dell’esistenza del reato contestato.
O, dopo che hai chiesto scusa (ammettendo quindi di aver fatto una cazzata), mantieni una posizione coerente e non fai la vittima: non ti hanno condannato alla fucilazione, ma a 6 mesi con la condizionale.
Tutti capiscono che rinunciare alla prescrizione in questo caso sia più facile che se la condanna fosse stata a 5 anni senza condizionale, suvvia.
E’ il nulla sul nulla.
La “destra alta e pulita” cui fa cenno Fini probabilmente si sarebbe vista meglio in altre circostanze, magari non votando leggi ad personam come hanno fatto in tanti a destra in tempi passati o non accettando alleanze spurie per mero calcolo politico.
L’onore e il merito sono due valori importanti: meritano un palcoscenico di livello, non il teatrino della politica, meglio non abusarne.
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