FONDI RUSSI, ALL’INCONTRO CON SAVOINI ERA PRESENTE YLIA YAKUNIN, MANAGER VICINO A UN NOTO AVVOCATO MOSCOVITA NEL CUI STUDIO LA SERA PRIMA CI SAREBBE STATO L’INCONTRO TRA SALVINI E IL VICEPREMIER DIMITRY KOZAC CON DELEGA ALL’ENERGIA
SAVOINI NON E’ INDAGATO PER “ATTO DOVUTO” MA PER UN REATO PRECISO: CORRUZIONE INTERNAZIONALE… E I MAGISTRATI HANNO MATERIALE “SEGRETATO”, LE SORPRESE NON SONO FINITE
Può darsi che “nè un rublo, nè un litro di vodka” siano mai arrivati alla Lega o a Matteo Salvini, ma il fatto che la Procura di Milano da tempo si muova sottotraccia con un’inchiesta che prevede il reato di corruzione internazionale proprio a partire dalla vicenda dei rapporti intrattenuti dal suo uomo di fiducia Gianluca Savoini con alcuni manager russi, forse richiede qualcosa in più di una semplice battuta di smentita. Anche perchè Savoini risulta indagato e non per un semplice «atto dovuto» come sostengono gli uomini del vicepremier ma per un’indagine con un reato preciso cui potrebbe presto aggiungersi quello di finanziamento illecito.
Secondo il sito americano BuzzFeed, che non spiega come ha avuto l’audio e da chi sia stato registrato, nel dialogo registrato si cerca un accordo per far arrivare fino a 65 milioni di dollari alla Lega.
Problema di Savoini, fanno sapere nell’entourgae di Salvini; sarà lui a «dover spiegare e chiarire», dicono scaricando l’ex giornalista della Padania e presidente dell’associazione Lombardia-Russia, (sede sul retro dell’edificio di via Bellerio, quartier generale della Lega) che appena il 4 luglio scorso sedeva al tavolo degli invitati ufficiali per l’arrivo di Putin a Roma.
Per i tre pm che indagano sul caso, ovvero l’aggiunto Fabio de Pasquale e i sostituti Sergio Spadaro e Gaetano Ruta, specializzati nelle inchieste Eni, questa storia è in realtà ben più complessa.
I fatti sono ormai noti: una riunione avvenuta nella hall dell’hotel Metropol di Mosca tra Savoini, un non meglio precisato avvocato italiano di nome Luca, un altro italiano di nome Francesco e tre russi tra i quali, oltre al traduttore, spicca un certo Ylia Andreevic Yakunin, manager molto vicino a un avvocato mosocovita che la sera prima avrebbe ospitato nel suo studio Matteo Salvini e il vicepremier russo delegato agli affari energetici Dimitry Kozak.
La combriccola, come scrisse all’epoca il settimanale e come rivelano adesso gli audio di quell’incontro, avrebbe concordato una commessa per una fornitura di gasolio all’Italia pari a 1, 5 miliardi di dollari con una percentuale di ri-storno sul prezzo d’acquisto, definita “sconto”, tra il 6 e il 10 per cento: 4 per cento per la Lega, il resto per i russi. Il tutto con versamenti mensili estero su estero, grazie, sembra di capire dalla registrazione, anche al coinvolgimento di Banca Intesa Russia, che vede sedere nel suo consiglio d’amministrazione, Andrea Mascetti, fedelissimo di Salvini.
Chi dovrebbe farsi carico di questo acquisto e delle relative tangenti destinate a quanto pare ai funzionari della compagnia petrolifera di stato russa Rosneft? Secondo le chiacchiere da bar, e il misterioso avvocato presente all’incontro, una possibile società potrebbe essere l’Eni. Che però ha già smentito.
Non si sa dunque se questa operazione alla fine sia stata portata a termine e da chi.
Di sicuro, a corroborare l’inchiesta milanese ci sono diverse intercettazioni, foto e alcuni interrogatori svolti con assoluto riserbo. Le sorprese potrebbero dunque non essere finite, con riflessi spiacevoli nei rapporti con gli Stati Uniti e sulle nomine a Bruxelles.
(da “La Stampa”)
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