FORZA ITALIA SPACCATA FA VACILLARE IL PATTO
RENZI IN EUROPA VISTO CON DIFFIDENZA, SLITTA IL JOBS ACT, TARDANO I DECRETI ATTUATIVI, SILVIO PENSA AI SUOI PROCESSI
Il bilancio dei primi giorni di presidenza italiana dell’Europa non è dei più entusiasmanti.
Matteo Renzi si è dovuto rendere conto che le divisioni tra rigore e flessibilità rispondono a criteri non tanto di partito ma geografici.
La diffidenza verso il nostro Paese e in generale il Sud del continente non è stata scalfita dalla vittoria del Pd alle elezioni del 25 maggio: dobbiamo ancora conquistarci la piena credibilità sul piano finanziario.
Per paradosso, quel successo elettorale, giustamente rivendicato dal premier, fa apparire più controversi i risultati ottenuti finora a Bruxelles.
La pressione di Palazzo Chigi sul Parlamento perchè voti in fretta le riforme istituzionali viene spiegata, almeno formalmente, con l’esigenza di ottenere maggior credito.
Per presentarsi con un risultato tangibile al cospetto dell’Ue, il governo ha messo in calendario per la settimana prossima la discussione dei provvedimenti che devono ridisegnare il Senato.
Ma, quasi di rimbalzo, è slittato il famoso «Jobs Act»: quello che dovrebbe ridare fiato al mercato del lavoro, e che pure l’Europa aspetta.
Si tratta di un’inversione delle priorità che i settori di FI schierati all’opposizione sottolineano in polemica con Renzi e indirettamente con lo stesso Silvio Berlusconi. Ma l’affanno è più generalizzato.
La questione dei decreti attuativi che rallentano l’applicazione delle leggi conferma la difficoltà di tenere il passo alla velocità promessa.
Evidentemente l’esecutivo ha calcolato con una eccessiva dose di ottimismo non solo le resistenze politiche ma i tempi parlamentari. Le prime rimangono, e le minacce di voto anticipato che Renzi e alcuni ministri ribadiscono con una certa frequenza magari possono piegarle; d’altronde, i numeri parlano a favore dell’esecutivo.
E regge il patto con Berlusconi: il ritorno rapido di Beppe Grillo agli insulti sottolinea la tenuta dell’intesa tra Pd e FI.
Un M5S lacerato dai sospetti accusa i due partiti di avere votato insieme contro l’ipotesi di dimezzare il numero dei deputati.
E semina sospetti sul suo Luigi Di Maio, il vicepresidente della Camera che ha abbracciato il dialogo con Palazzo Chigi.
Il problema, tuttavia, potrebbe diventare Forza Italia.
Il monolite berlusconiano rischia di polverizzarsi. Le liti tra le donne del «cerchio magico» di Palazzo Grazioli, la residenza romana dell’ex premier, e il partito, sono un sintomo superficiale ma significativo.
Colpisce soprattutto, però, il fatto che Berlusconi abbia rinviato più volte la riunione congiunta con tutti i parlamentari, dopo che la prima si era conclusa senza accordi. L’impressione è che volesse evitare una spaccatura interna sull’atteggiamento verso Renzi.
Ma pare che alla fine la situazione si stia sbloccando: Berlusconi vuole fissare l’incontro con tutti i suoi eletti martedì prossimo, alla vigilia del voto in Aula.
«È un momento di grande responsabilità per tutti», avverte il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, rivolta al manipolo dei dissidenti che parlano di forzature e comportamenti incostituzionali del governo.
Palazzo Chigi vorrebbe l’approvazione della riforma prima della sentenza d’appello del processo contro Berlusconi sulla minorenne marocchina Ruby, prevista per il 18 luglio: una scadenza che angoscia il capo di FI, e che si teme possa ripercuotersi sulle riforme.
Ma in questo caso non sarà facile rispettare l’imperativo della velocità .
Massimo Franco
(da “il Corriere della Sera“)
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