FUGA DAI PARTITI. I PIU’ FEDELI GLI ELETTORI CINQUESTELLE
L’ ANALISI DEL VOTO DELL’ISTITUTO CATTANEO: LA RIFORMA E’ STATA AFFOSSATA DAI MILLENNIALS
Un replay delle comunali della primavera scorsa. Nell’analisi del voto del 4 dicembre, il fronte del Sì soffre negli stessi settori sociali che avevano penalizzato il Pd di Renzi a giugno: le periferie, le aree non metropolitane e le fasce sociali più deboli.
Ancora peggio va dove, in particolare nel Mezzogiorno, il numero di giovani è percentualmente più elevato, e le loro condizioni economiche più difficili.
Il No di giovani e periferie
«Il problema del Pd nelle periferie, sia geografiche che “sociali”, era già emerso chiaramente nelle elezioni amministrative del 2016», spiega l’Istituto Cattaneo di Bologna, che registra la fatica del premier a raccogliere i consensi nel «ceto medio impoverito» dalla crisi.
Il Sì si salva solo nelle due regioni rosse per eccellenza, Emilia Romagna e Toscana più il Trentino Alto Adige, ma anche qui c’è una prevalenza nelle grandi città come Bologna (52,2%) e Firenze (56,6%), e un successo più tiepido in provincia.
Sì avanti di un soffio a Milano città (51,1%), mentre il No prevale in tutti gli altri grandi capoluoghi del Nord, da Torino (53,6%) a Venezia, Genova e Trieste (63,5%).
Al Sud va molto peggio per i sostenitori della riforma: da Napoli a Bari è una Waterloo, con il Sì intorno al 30%, e una punta negativa del 27% a Palermo.
A Roma il No è al 59%, in media con il dato nazionale. E si registra una coincidenza con le amministrative che hanno visto vittoriosa Virginia Raggi: il Sì vince di misura nei due quartieri benestanti, centro e Parioli, dove aveva prevalso il candidato del Pd Roberto Giachetti. Mentre il No dilaga nelle periferie.
Il trend che vede il Sì più in salute nelle zone economicamente più forti trova un’eccezione nel lombardo-veneto, dove il No prevale in tutte le province, con un picco negativo nella regione guidata da Luca Zaia al 62%.
Età e scolarizzazione
Il dato socio economico si intreccia in modo perfetto con quello anagrafico. Nella fascia tra i 18 e i 34 anni, secondo uno studio di Quorum per Sky Tg24, il No è all’81%, tra i 35 e i 54 anni al 67%, mentre il Sì prevale nella fascia oltre i 55 anni con il 53%.
Un dato certamente influenzato dall’alto numero di giovani che vota M5S, ma che coincide anche con l’elevato tasso di disoccupazione giovanile.
Un No dei Millenials, dunque, delle generazioni nate alla fine del secolo scorso e ora alle prese con la fine degli studi e le incerte prospettive professionali.
Un altro studio, realizzato da Tecnè per Canale 5, mostra invece una sostanziale omogeneità del voto tra i cittadini con diversi livelli di istruzione, con un picco dei No tra i laureati (66%), mentre tra i diplomati è al 58%, al 59,5% tra chi ha la licenza media e al 58,6% tra gli elettori che hanno la licenza elementare.
La fedeltà ai partiti
L’Istituto Cattaneo ha analizzato il tasso di fedeltà degli elettori di Pd, Fi e M5S (nel 2013) alle indicazioni dei rispettivi partiti sul referendum.
Per quanto riguarda i dem, si registra un tasso di disobbedienza che oscilla tra il 20% a Firenze fino al 40% di Napoli e Palermo e al record del 46% di Cagliari.
In sostanza, nelle aree geografiche più fedeli alla linea del Nazareno un elettore Pd su 5 ha tradito le indicazioni di Renzi, mentre nel Sud si arriva al 40% di «dissidenti».
Stesso trend per Forza Italia che registra (tra le città prese in esame dall’Istituto), un tasso di infedeltà (cioè di elettori Pdl del 2013 che hanno scelto il Sì) che oscilla tra il 20% di Parma, il 36,8% di Brescia, il 41% di Bologna e il 44% di Firenze.
Monolitico invece l’elettorato del M5S, con percentuali di No che superano il 90% con picchi a Napoli, Palermo e Padova.
Rispetto alla somma dei voti raccolti nel 2013 dai partiti che sostenevano il Sì e il No, il Cattaneo registra un allineamento quasi perfetto.
Il fronte del No va oltre i numeri dei partiti che lo sponsorizzavano in quasi tutto il Sud, nelle isole e nel Nord-est. Viceversa, nella «zona rossa» tra Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche, il Sì va meglio.
Secondo il Cattaneo, «la strategia di Renzi, volta a conquistare consensi alla riforma fra gli elettori di centro- destra e del M5S, non ha avuto successo».
Il caso Salerno
Particolarmente rilevante il dato della Campania, dove il Pd con Vincenzo De Luca aveva vinto seppur di misura le regionali nel 2015. Nonostante l’attivismo del governatore, in Campania il Sì è andato molto male.
Il dato generale registra un No al 68,5%. A Salerno, città da sempre fedele a De Luca (alle regionali l’ex sindaco sfiorò il 70%), per la prima volta da anni si registra una rivolta dell’elettorato: il Sì si ferma al 39,9%, un po’ meglio di Napoli (31,7%).
Un’affluenza politica
Secondo il Cattaneo, infine, il dato di partecipazione al voto del 4 dicembre rappresenta un’eccezione rispetto ai precedenti referendum, compresi quelli costituzionali del 2001 e del 2006. Rispetto al 2001, quando gli italiani furono chiamati a confermare la riforma del Titolo V, la partecipazione al voto è quasi raddoppiata: 65,5% contro il 34,1%, mentre il voto sulla riforma Berlusconi-Bossi del 2006 ha registrato una partecipazione del 52,4%.
Per il Cattaneo, quindi, l’affluenza del 2016 è simile a quella di un’elezione politica. Un voto pro o contro il governo che ha spinto in alto l’affluenza alle urne.
Andrea Carugati
(da “La Stampa”)
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