GAZA, LO STRAZIO DEI BAMBINI RIMASTI SENZA NESSUNO
I “FERITI PRIVI DI PARENTI” SONO CENTINAIA… SAVE THE CHIDREN: “SOFFERENZE INDICIBILI, CESSATE IL FUOCO”
Dalle macerie e le rovine della Striscia Gaza, dalla deriva umanitaria che sta travolgendo come uno tsunami di morte la popolazione palestinese, talvolta mancano le parole per definire un dramma. Wcnfs è il nuovo straziante acronimo dell’orrore: l’hanno coniato i medici del reparto di terapia intensiva dell’ospedale al Shifa di Gaza City e rapidamente è stato adottato dai pochi ospedali ancora operativi nella Striscia. Significa Wounded Child with No Surviving Family, “bambino ferito e nessun sopravvissuto in famiglia”. Lo racconta la dottoressa Tanya Haj Hassan di Medici senza frontiere, nella Striscia da oltre un decennio. I Wcnfs sono diventati così tanti, già centinaia ormai, da dover dar loro un’identificazione, un nome che spesso non è nemmeno il loro, ma quello che gli danno infermieri e medici per distinguerli dagli altri, e poi quel cartellino al braccio è destinato a segnare il destino di una vita
Sono oltre 4 mila i bambini uccisi e identificati finora, esclusi i 1.270 dichiarati dispersi, i loro corpi sono ancora intrappolati sotto le macerie. Buona parte dei 15 mila feriti nella Striscia ha meno di 12 anni. La situazione in generale degli ospedali ancora attivi a Gaza è drammatica, l’operatività è al minimo. È finito il carburante che fa andare i generatori, che alimentano respiratori, macchine per la dialisi, incubatrici e nelle sale operatorie da giorni si opera senza anestetici e con illuminazione di fortuna. È finito persino il filo da sutura, si usano rocchetti di seta da cucito per chiudere le ferite. Save the Children avverte che la salute mentale dei bambini a Gaza è stata spinta oltre il punto di rottura. Con gli attacchi aerei israeliani dell’ultimo mese che hanno colpito migliaia di spazi civili a Gaza, comprese scuole e ospedali che ospitano famiglie, la violenza, la paura, il dolore e l’incertezza stanno causando gravi danni mentali ai bimbi.
Il ministero della Sanità di Gaza riferisce che 444 famiglie hanno perso da due a cinque membri a causa dei bombardamenti nelle ultime quattro settimane, comprese 192 famiglie che hanno perso dieci o più membri, lasciando molti bambini senza sostegno familiare. Non esiste un luogo sicuro a Gaza, nessun senso di sicurezza e nessuna routine. I bambini sperimentano tutta una serie di segni e sintomi di trauma tra cui ansia, paura, preoccupazione per la loro sicurezza e quella dei loro cari, incubi e ricordi inquietanti, insonnia, repressione delle emozioni e allontanamento dai propri cari. Il trauma che dà origine a questi sintomi è continuo, implacabile e si aggrava giorno dopo giorno. Un membro dello staff di Save the Children a Gaza e padre di tre bambini sotto i dieci anni ha raccontato alla Bbc: “C’è molto dolore. Abbiamo paura: di ciò che porteranno le prossime ore, di ciò che porterà il domani. La morte è ovunque. I miei figli mi guardano negli occhi ogni giorno, cercano risposte. E io non ho risposte per loro”.
Da quando nel 2007 Hamas ha strappato all’Anp il controllo di Gaza e Israele ha imposto il blocco terrestre, aereo e marittimo, i bambini nella Striscia hanno subito gravi privazioni, cicli di violenza e restrizioni alla loro libertà. Sono pietre le parole di Jason Lee, direttore di Save the Children per i Territori palestinesi occupati: “In tempi di guerra le persone di solito cercano rifugio in luoghi sicuri. Non ci sono posti sicuri a Gaza in questo momento, e non c’è modo di raggiungere la sicurezza fuori. Con un senso di sicurezza, la costante presenza rassicurante della famiglia, una sorta di routine e un trattamento appropriato, i bambini possono riprendersi. Ma in tanti hanno già perso i familiari, alcuni hanno perso tutto e la violenza e gli sfollamenti sono implacabili. Stiamo esaurendo le parole per lanciare l’allarme in termini sufficientemente forti o per articolare la portata della sofferenza dei bambini. Ci dev’essere un cessate il fuoco”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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