GIUSTIZIA: FINI SI SMARCA DA BERLUSCONI
“UN CONTO E’ LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE, UN ALTRO E’ CHE IL PM SIA SOTTOPOSTO AD ALTRI POTERI: LA MAGISTRATURA DEVE ESSERE INDIPENDENTE” HA DETTO IERI IL PRESIDENTE DELA CAMERA… E ALLA CENA IN SUO ONORE A ROMA, LO SPAGNOLO AZNAR PRENDE LE DISTANZE DA BERLUSCONI E INCORONA FINI
Un confronto sereno e civile tra le parti politiche: questo il senso del messaggio lanciato ieri dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, dal salone del libro di Francoforte: “La dialettica politica deve fondarsi su un solido ancoraggio culturale e morale, unico antidoto alla polemica astiosa, diseducativa e fine a se stessa”.
Fini ha poi insistito sulla necessità di riforme il più possibile condivise: “Quando una maggioranza dà corso a una riforma solo sulla base dei voti di cui dispone in Parlamento compie un’operazione legittima costituzionalmente, ma che può presentare inconvenienti di tipo politico”.
E sulla riforma della Giustizia che pare sia divenuta una priorità per Berlusconi, Fini stigmatizza che “un conto è la separazione delle carriere dei magistrati, un altro è se il pm sia sottoposto ad altri poteri se non a quello dell’ordine giudiziario”.
Al premier che si era lamentato della stampa estera che danneggia l’immagine del nostro Paese, Fini ribatte che “l’immagine dell’Italia non dipende solo dai media”.
Ritornando al progetto di riforma della giustizia ipotizzata dal governo, il presidente della Camera avverte che “è essenziale il rispetto della Costituzione, specie nella parte in cui afferma l’assoluta indipendenza della magistratura”.
Come è facile comprendere, un insieme di dichiarazioni che segnano nei fatti una presa di distanza nei confronti della strategia del premier, i cui giornali di riferimento ancor ieri criticavano il Capo dello Stato, come se si dovesse arrivare a una “resa dei conti” imminente.
Che nel Pdl vi sia sconcerto e palese dissenso verso alcune scelte di Berlusconi, lo si può evincere anche dalle dichiarazioni di Bocchino, secondo cui “il vagone della giustizia andrebbe messo in coda al processo riformatore” .
E i segnali sono arrivati anche in occasione della legge sull’omofobia ( che prevedeva aggravanti per le aggressioni agli omosessuali), in cui i deputati finiani hanno votato contro la maggioranza.
Lo stesso Fini nell’occasione aveva commentato che si trattava di “un brutto segnale al Paese”.
E Farefuturo, fondazione vicina al presidente della Camera, ha scritto: ” Che peccato, la legge sull’omofobia si sarebbe dovuta approvare all’unanimità : poteva essere una bella occasione per una legge condivisa e necessaria, invece è stata un’occasione sprecata, soprattutto per il centrodestra italiano”.
E ancora Fabio Granata, deputato vicino a Fini: “Il voto favorevole alla pregiudiziale sull’omofobia, alcune dichiarazioni contrarie a politiche di integrazione, testimoniano quanta strada vi sia ancora da fare per costruire un Pdl non appiattito culturalmente sulla Lega e su posizioni non in linea con le moderne destre europee”.
Una destra che dà la sensazione di non difendere le minoranze, neanche di fronte ad atti di violenza gratuita, come quelli verificatisi nelle scorse settimane contro omosessuali che non davano fastidio a nessuno.
Un clima che fa dire al filosofo di sinistra Gianni Vattimo che “era più tranquillo essere omosessuali nella Roma fascista degli anni ’40 piuttosto che in quella di oggi”.
Un’escalation dell’intolleranza che ha annoverato da gennaio ad oggi ben 60 episodi di aggressione, fino al lancio di molotov.
Fini e i suoi seguono una linea diversa, meno compromessa: al di là dell’apparente tregua, ormai sono evidenti le divergenze di vedute tra lui e il premier.
E Fini ha più amici in Europa di quanti ne possa forse contare Berlusconi.
La dimostrazione c’e’ stata qualche sera fa in Campidoglio, nel corso di una cena organizzata in onore di Josè Aznar dal ministro Ronchi.
Alla presenza del gotha dell’industria italiana (Enel, Lottomatica, Poste, Boing, Inps, General Electric), il leader spagnolo ha preso le distanze da Berlusconi, incoronando Fini come il successore designato, sostenendo che “di uomini politici così in Europa ce ne sono pochi ed è stimato da tutti, rappresenta il futuro dell’Italia”.
Al di là dei personalismi, sarebbe sciocco non rilevare che si confrontano due linee diverse e le puntualizzazioni di Fini non sono “frecciate” al premier, ma insofferenza verso una politica del ”fare” senza idee, appiattita tra interessi personali e giudiziari da un lato e i quotidiani “ricatti” della Lega cui Berlusconi non può sottrarsi, pena la necessità di staccare un biglietto di sola andata per la Repubblica Domenicana.
Ma una seria politica di destra sociale così non è possibile perseguirla: troppi interessi personali portano a troppi gravi errori politici.
Fini, in fondo, sta solo suonando il campanello di allarme, anche se “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”.
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