GLI EXTRACOMUNITARI PRODUCONO RICCHEZZA E PAGANO ANCHE LE TASSE
NON RUBANO LAVORO A NESSUNO E RAPPRESENTANO UNA IMPORTANTE FETTA DELL’ECONOMIA
Chiediamo scusa ai leghisti, ma la notizia purtroppo è questa: “Oltre 2 milioni di contribuenti nati all’estero nel 2010 hanno pagato 6,2 miliardi di euro di imposta netta. In termini percentuale, gli stranieri rappresentano il 6,8 per cento del totale dei contribuenti italiani e l’ammontare totale delle tasse che pagano costituisce il 4,1 per cento dell’ imposta netta pagata complessivamente in Italia. Se, rispetto al 2009, i contribuenti stranieri sono diminuiti dell’1 per cento, l’ammontare dell’imposta da loro pagata è invece aumentata del 4,3 per cento”.
Parole e numeri della Fondazionene Moressa che analizza i temi dell’economia applicati all’immigrazione.
Cifre e percentuali che dicono una cosa sola: il tessuto sociale di chi ha scelto il nostro Paese per vivere e lavorare è più sano di quello indigeno, perchè – in tempi difficili – gli extracomunitari sono riusciti ad aumentare il loro gettito fiscale mentre noi italiani stiamo calando vistosamente nella performance.
La maggioranza dei contribuenti stranieri si concentra in Lombardia (21,1 per cento), in Veneto (11,9 per cento) e in Emilia Romagna (11,1 per cento).
E assicura un bel po’ di soldini: la Lombardia è quella che presenta il gettito più alto (oltre 1,6 miliardi di euro), seguita dal Lazio (746 milioni) e dal Veneto (644 milioni). Ma chi sono questi pagatori di tasse?
I rumeni risultano i primi sia come soggetti che pagano l’imposta netta, sia per l’ammontare totale: il 18 per cento di tutti i contribuenti nati all’estero proviene dalla Romania, e sono loro a garantire il 10,3 per cento di tutta l’Irpef pagata dagli stranieri. I secondi in termini di provenienza sono gli albanesi, seguiti dai marocchini.
Sono dati che confermano quanto già autorevolmente dimostrato qualche giorno fa da Francesco D’Amuri, ricercatore di Bankitalia, e Giovanni Peri, dell’University of California.
I due studiosi hanno calcolato che tra il 1996 e il 2010 i lavoratori stranieri entrati nei 15 principali Paesi dell’Europa Occidentale sono quasi raddoppiati (passando così dall’8 per cento della forza lavoro nel 1996 al 14 per cento nel 2010).
E, per una volta, la vecchia Europa ha superato l’America, visto che negli Stati Uniti i lavoratori nati all’estero erano il 6 per cento nel 1998 e sono diventati il 12,9 per cento nel 2010.
Conseguenze positive del fenomeno: secondo Bankitalia gli italiani sono stati spinti verso occupazioni più qualificate guadagnandoci perfino un qualcosina in più, lo 0,7 di stipnedio aumentato in busta paga.
Certo altri paesi Ue hanno ottenuto vantaggi più seri per i propri lavoratori: più il mercato è flessibile e meritocratico, più la competenza sale e viene premiata in solido. Gli immigrati sono quindi una cartina di tornasole per l’efficienza del sistema, oltre che un pezzo già insostituibile del nostro avvizzito monte fiscale.
Chiara Paolin
(da “il Fatto Quotidiano”)
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